Kubica e la passione per il bowling: quando nel 2008 mi stracciò in Giappone

Alle falde del Fuji, il mitico vulcano giapponese, il sapore della F1 ha tutto un suo modo di essere gustato. Soprattutto se guardi al passato e dopo tanti anni ci ricapiti per disputare una gara. Il nuovo tracciato del Fuji riprende forza e vigore nel 2007, quando la F1 obbliga gli organizzatori a ringiovanire e modernizzare il vecchio impianto. Il passato è vero non si cancella, soprattutto se si sono decise gare importanti come il campionato vinto da James Hunt nei confronti dello stoico e sfortunato Niki Lauda nel 1976. Ma in realtà il fascino della storia rimane sempre aggrappato al nome e se il tracciato è nuovo trasuda spesso il ricordo di gare mitiche. Anche nel 2008, l’ingresso in quel circuito garantiva le stesse sensazioni, a piloti e spettatori. Si prospettava una gara interessante, soprattutto perché a contendersi il titolo erano Massa e Hamilton. E, come spesso accade, tra i due litiganti il terzo gode. Quindi dopo un GP rocambolesco, con i commissari un po’ nel pallone per via di alcune decisioni non proprio coerenti prese nei confronti del brasiliano e dell’inglese. Vince Fernando Alonso, trascinandosi alle spalle Robert Kubica. Insomma, una gara da incorniciare e soprattutto molto insolita con continui capovolgimenti di fronte. Il Fuji non delude mai e anche in questo secondo appuntamento con la storia e con il presente ha raccontato una F1 d’altri tempi. Robert aveva in quella stagione già vinto una gara, in Canada, e per lui il campionato aveva regalato grandi soddisfazioni, anche se iniziavano a palesarsi alcune incongruenze che poi portarono nel 2010 il polacco a staccarsi da BMW Williams per approdare in Renault. Così per festeggiare il secondo posto, dato che eravamo nello stesso hotel a Tokyo e il GP successivo sarebbe stato in Cina, decidemmo di ricercare un modo per stare svegli, assorbire il fuso orario e divertirci un pochino. Quando mi incontrò verso circa l’una di notte, mi propose di andare a sfogare la sua passione per il bowling in un locale a mezzora di macchina. “C’è stato giovedì Barrichello e mi ha detto che è molto bello” furono le sue parole, senza sapere né indirizzo né posizione del centro sportivo. Così salimmo in taxi e provammo a spiegare al taxista che cercavamo il più vicino centro bowling. Non è sempre facile spiegare in Giappone, a Tokyo, ad un tassista un indirizzo, figuriamoci poi se l’indirizzo è un qualcosa a spanne. Ma in qualche modo ce la facemmo e almeno nella giusta direzione ci incamminammo. Dopo circa mezzora il tassista si fermò ad un semaforo in prossimità delle strisce pedonali. Nonostante l’ora tarda, erano le 2 passate, l’insegna del bowling - rigorosamente in giapponese e inglese - capeggiava accesa su di un palazzo dalla parte opposta della strada. Robert gettò alcuni Yen sul sedile del taxi e con un balzo felino scese dirigendosi verso l’insegna. Io feci lo stesso, ma con più calma e soprattutto il tassista mi fermò con un braccio e quindi non potei scendere velocemente. La mia prima sensazione fu che non erano stati dati soldi a sufficienza per la corsa, mentre il tassista non ne voleva altri, ma continuava a tenermi in ostaggio dentro la macchina. Un po’ mi preoccupai, se non ché ad un certo punto mollò la presa, lo salutai alquanto perplesso e scesi dalla vettura attraversando la strada sulle strisce pedonali. Capii immediatamente che qualcosa non funzionava. Due poliziotti con un furgone e il lampeggiante acceso avevano blindato Robert, reo di aver attraversato con il rosso e non sulle strisce. Mi avvicinai e gli agenti lo stavano strattonando invitandolo a salire sul furgone. Mi vennero in mente i gesti del tassista che aveva tentato di fermarmi perché aveva visto tutto con la coda dell’occhio. La scena che mi si presentava agli occhi era paradossale. Kubica continuava a spiegare che era un pilota di F1, in inglese, dicendo che era arrivato secondo il giorno prima al GP del Giappone. I poliziotti non capivano e non parlavano inglese e la sola cosa che volevano fare era avere un documento in mano. Chiaramente il passaporto era in hotel e la sola cosa che stava mostrando Robert era il tesserino dei trasporti di Forte dei Marmi, dove lui viveva. Certo aveva una foto, ma potete immaginare la mia faccia quando vidi questa gag, sì perché era tutto tranne che un qualcosa di reale. Non sapevo se piangere o ridere e Robert continuava: “Yesterday, me, second in Fuji GP”. Irremovibili, come spesso sono i Giapponesi, nulla lasciava presagire ad una serata tranquilla. Pensavo se lo sarebbero portato via e soprattutto non potevo avvicinarmi più di tanto perché neppure io avevo i documenti. Improvvisamente arrivò una seconda macchina della polizia e quello che sembrava un graduato, scese guardando in faccia Kubica, gli si avvicinò e confabulò con lui. Era stato liberato e di corsa ci nascondemmo nel bowling. Non ebbi neppure il coraggio di chiedergli cosa gli avesse detto, tanto avrebbe riso come solo lui sa fare e non mi avrebbe mai raccontato la verità. Per la cronaca, al bowling mi stracciò e ritornammo in hotel in taxi senza dire una parola.

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Kubica e la passione per il bowling: quando nel 2008 mi stracciò in Giappone

Biagio Maglienti