Il due volte campione del Mondo ha salutato una Formula 1 che lo ha accompagnato alla porta d’uscita. Miopia del Circus o c’è dell’altro?
Fernando Alonso lascia la Formula 1, e come è giusto che sia, la Formula 1 celebra Fernando Alonso. Una storia straordinaria, sportiva e umana, zeppa di giorni gloriosi ma anche di quei momenti crudeli che non mancano mai nella storia di uno sportivo che ha lottato per l’assoluto. Il curriculum e le gesta di Alonso sono cosa nota, il suo stato di forma rimasto immutato nel tempo pure, ma leggere di una Formula 1 miope, che non ha saputo concedere ad Alonso la chance che il talento dello spagnolo avrebbe meritato, beh, è una mezza verità, se non una vera e propria bugia.
Fernando ha sottolineato di aver maturato la sua decisione mesi fa, una scelta che non è vacillata anche davanti ai vani tentativi di McLaren e Liberty Media di farlo tornare sui suoi passi. Ma è stata davvero una scelta? Solo in parte. Alonso, di fatto, ha deciso di rinunciare ad un lauto stipendio che la McLaren gli avrebbe ancora garantito per il 2019 e alla possibilità di poter puntare saltuariamente alla zona punti. Il resto se lo è precluso già da tempo, perché Fernando ormai non era più nella Formula 1 che ha frequentato per un decennio, bensì in un dorato purgatorio, lautamente retribuito per recitare un ruolo da comprimario.
Il Fernando Alonso che partiva puntando a vincere si è ritirato dal Circus cinque anni fa, e la scelta è stata obbligata. Lo spagnolo ha pagato un conto salato al suo modo di essere, al voler prevaricare i ruoli che oggi determinato la struttura di un top team di Formula 1. Giusto o sbagliato che sia, questo è. Ad un pilota si chiede di guidare al limite una monoposto, cercando di integrarsi il più possibile in un gruppo di lavoro nel rispetto dei ruoli. Fernando ha dato tanto, e tanto ancora avrebbe potuto dare, ma a volte nel corso del suo cammino è andato oltre, superando i limiti che delimitano la figura del pilota.
Dopo essere cresciuto ed essere diventato campione del Mondo nel nido dorato che è stata la Renault di Flavio Briatore (ai tempi numero 1 del team ed anche manager dello spagnolo) Fernando ha pensato che ciò che di fatto era un’eccezione fosse la regola. Il duro impatto con la realtà è arrivato nel 2007, una stagione di scintille vissuta in McLaren e l’inevitabile divorzio arrivato dopo pochi mesi. È tornato all’ovile, perché per lui altro posto non c’era, poi la chance in Ferrari.
A Maranello Alonso ha dato tanto, tantissimo, ma si è anche ‘allargato’ progressivamente anno dopo anno, chiedendo teste ed ottenendole, fino al violento divorzio finale con tanto di porta sbattuta. E le decisioni di ‘pancia’ spesso si pagano, così Fernando si è ritrovato a piedi in un momento in cui l’unica chance offerta dal mercato era la McLaren. Dal 2015 una vita nelle retrovie, sempre con le immancabili frecciatine a Maranello, fino al pubblico sberleffo della Honda nella sua gara di casa.
Un dirigente di un team, ora fuori dal giro, sussurrò su un aereo qualche anno fa: “Fernando è ancora il numero 1, non ci sono dubbi. Ma se ti porti in casa una personalità del genere, e la domenica ti deride in mondovisione, chi glielo spiega poi lunedì al consiglio di amministrazione?”. Da quando Alonso ha lasciato Maranello (era settembre 2014) si sono liberati sedili in Mercedes, Red Bull ed anche nella stessa Ferrari, ma nessuno ha pensato ad offrirgli una chance, e qualcosa vorrà pur dire.
La storia di Alonso alla fine evidenzia che di fatto Fernando nella seconda parte della sua carriera si è buttato via, facendo passare in secondo piano anche il suo saper essere eccezionale a visiera abbassata, quando si ritrova nel suo habitat naturale: lui, la pista, la monoposto. Ma la Formula 1 resta uno sport di squadra, e come tale serve anche quello spirito di gruppo che a volte chiede di mettere da parte l’ego nell’interesse del team. È una storia importante, quella tra Alonso e la Formula 1, ma che a dispetto di cifre importanti appare incompiuta. Mannaggia, Nando.