Formula 1, GP Giappone 2018. L’importanza delle comunicazioni tra pilota e ingegnere

Formula 1

Paolo Filisetti

Analisi, sintesi e chiarezza, sono alla base di una comunicazione di successo tra il pilota ed il suo principale riferimento operativo ai box, l’ingegnere di pista. Eccome cosa succede in un garage di Formula 1

LA CRONACA DEL GP GIAPPONE

Le comunicazioni tra pilota e muretto, se fossero ristrette agli ordini di squadra impartiti nel corso di una gara, potrebbero essere considerate addirittura invasive/inopportune, in quanto poco rispettose di quella che per molti dovrebbe essere la sacra e inviolabile indipendenza del pilota, unico arbitro delle sue azioni al volante della monoposto. In realtà come avviene spesso in molti campi, anche nel caso delle comunicazioni radio tra pilota e box non esiste una verità univoca, né una loro unica applicazione. Se usate per impartire ordini di scuderia, possono essere considerate un male necessario, ben diversa è la loro percezione/rilevanza nel corso delle prove, dove l’interazione tra il pilota e il suo ingegnere è cruciale per raggiungere l’obiettivo della migliore resa possibile della vettura.

In gara, siamo abituati ad ascoltare pit radio selezionati dalla regia FOM, scelti per la loro intrinseca qualità di fornire con immediatezza informazioni al pubblico, non fruibili in altro modo. Non sono però trasmessi, i dialoghi, fittissimi, che si svolgono nel corso delle prove. Se fosse possibile, ed ancor meglio, consueto ascoltarli, si capirebbe quanto sia febbrile il lavoro svolto e quanto sia determinate ai fini prestazionali in qualifica ed in gara. Per capirlo a fondo, è necessario immaginare di sostituirsi virtualmente ad un pilota e al suo ingegnere simulando varie situazioni altamente verosimili. Diventa dunque possibile, entrare in prima persona, nelle dinamiche di comunicazione alla base della performance in pista.

In dettaglio, possiamo considerare due classi macroscopiche di regolazioni da eseguire sulla vettura, quelle aerodinamiche e quelle meccaniche. Tralasciando volutamente quelle strategiche di cui abbiamo accennato all’inizio, è affascinante rendere evidente la correlazione tra i problemi riscontrati e comunicati dal pilota e le operazioni scelte dal suo ingegnere, come loro soluzione. Di fatto, si riesce a capire, quanto il rapporto simbiotico tra i due, diventi tale se sussiste una comunicazione efficace tra loro. Perché ciò accada, deve essere granitica la fiducia che li lega. L’ingegnere di pista, infatti, non deve essere in grado di interpretare solo (ovvio) le reazioni della vettura alle modifiche attuate, ma anche quelle del pilota sulla base del suo stile di guida consolidato. Il pilota, peraltro, fungendo da interfaccia tra la vettura e il tecnico, deve possedere spiccate qualità analitiche, per percepire le reazioni della vettura, e capacità nel descriverle con chiarezza e sintesi.

Ecco, se pensassimo che la parte principale del lavoro di un pilota, sia quella di spingere a fondo l’acceleratore, e sterzare il volante, quanto descritto, potrebbe averci, drasticamente, fatto cambiare idea. Per sfruttare al massimo le attuali F1, essere veloci, avere talento in pista non basta. La comunicazione è un fattore imprescindibile e tutto ciò, alla fine, non dovrebbe sorprenderci, come uomini di questo tempo, perennemente connessi.