Formula 1, GP Austin 2018: gli effetti speciali delle modifiche alla sospensione posteriore della Mercedes

Formula 1

Paolo Filisetti

Nell’ultimo mese e mezzo è stato sicuramente l’elemento tecnico di cui si è più parlato, ma questo fatto non deve stupirci, considerato il suo peso nelle ritrovate prestazioni della Mercedes W09. Andiamo alla scoperta dell’ingegneria estrema in Formula 1

LA CRONACA DEL GP DEGLI USA

Ci riferiamo ovviamente alla sospensione posteriore, modificata nei cinematismi interni. Non sarebbe, infatti, un elemento di per sé degno di nota, se non si trattasse di un’operazione di sviluppo/revisione effettuato durante lo svolgimento del campionato, con un ingente impiego di mezzi (economici in primis).

Due tipologie di interventi sulle monoposto durante la stagione

Quando una monoposto mostra limiti legati al suo equilibrio, si può pensare di affrontare il problema macroscopicamente in due modi, uno intervenendo sull’aerodinamica, cercando ad esempio di aumentare il carico o migliorarne la sua distribuzione, spostando così il centro di pressione ove più necessario. Oppure, agendo a livello meccanico, vale a dire toccando le sospensioni, ma nella maggior parte dei casi, gli interventi di questo tipo, si evitano o sono ridotti a piccoli aggiustamenti. Questo perché intervenire su di esse in modo profondo, implica di fatto analizzare nei dettagli il progetto originario, cercando di effettuare cambiamenti che non lo sconvolgano del tutto, evitando così di trovarsi di fronte alla reale possibilità di peggiorare il comportamento della vettura.

Dove ha lavorato Mercedes?

Giustificato quindi, quando è stato chiaro quale fosse il fattore che più aveva pesato nella soluzione dei problemi della Mercedes W09, lo stupore di più di un tecnico rivale, conscio della complessità e rilevanza dell’operazione. Per entrare nei dettagli, è preventivamente importante ribadire che il progetto della W09  si basa sull’adozione di un assetto rake  praticamente neutro, con un angolo di poco superiore a 1.1  gradi. Questo per mettere in risalto quanto sia rilevante su questa monoposto l’altezza da terra che deve essere mantenuta il più costante possibile. Su queste basi, i tecnici di Brackley hanno messo mano al progetto con cura chirurgica, concentrando le modifiche solo ed esclusivamente sui cinematismi interni della sospensione posteriore, modificandone il rapporto di leva e le loro posizioni e relativi angoli.

È interessante notare che non sono stati spostati i punti di attacco dei triangoli della sospensione alla scatola del cambio. La loro modifica, infatti, avrebbe comportato il rifacimento complessivo della scatola, determinando la sua sostituzione sulle vetture con la conseguente penalizzazione sullo schieramento di partenza del GP in questione. L’alloggiamento, estremamente razionale degli organi interni della sospensione, collocati nella zona del distanziale, ha permesso di evitare questa eventualità. Oltre a ciò una spiccata modularità delle componenti esterne, ha ulteriormente giocato a favore. Il tirante pull rod, è infatti registrabile in lunghezza, in relazione alla posizione/angolo del triangolo superiore, mediante l’aggiunta o rimozione di spessori metallici, posti alla base del bracket, carenato. Degno di nota anche l’alloggiamento della barra antirollio, posta nel distanziale ed estraibile lateralmente.

I cinematismi interni, a livello macroscopico, si può dire siano di rimasti invariati nel disegno delle loro componenti. Gli ammortizzatori rotanti di dimensioni e peso contenuti, inclinati in avanti, con le barre di torsione coassiali inseribili/estraibili dal basso. Interessante la posizione separata del serbatoio del fluido idraulico, posto nella parte  bassa di ciascun ammortizzatore. Ciò che è stato modificato, a tutti gli effetti,riguarda il rapporto di leva, tra il tirante pull rod, grazie all’adozione di un nuovo rocker (elemento di collegamento tra tirante ed ammortizzatore) e i rinvii che collegano la barra antirollio agli ammortizzatori.

La loro modifica, e soprattutto il diverso angolo di lavoro, ha permesso di centrare due obiettivi fondamentali: un più ampio range di regolazioni abbinato ad una migliore gestione del grip generato in curva, grazie anche ad un più efficace recupero di camber. In poche parole, un “piccolo” (dimensionalmente parlando) capolavoro ingegneristico.