Marc, talento e sorrisi: il vero profilo del campione
MotoGpForse non sarà il nuovo Rossi, ma con Marquez è nato sicuramente il Valentino di questa epoca così elettronica e così esagerata. La MotoGP ne aveva un disperato bisogno
di Lucio Rizzica
Ha impiegato cinque anni per mettere in bacheca quattro titoli mondiali in tre categorie diverse (125, Moto2 e due volte consecutive MotoGP). Se nel 2013 Marc Marquez aveva destato stupore per il successo da rookie, il 2014 ha fugato ogni dubbio: undici volte primo, con dieci successi consecutivi a inizio stagione, e una condotta di gara sempre al limite che gli ha permesso, appuntamento dopo appuntamento, di mettere fra sé e gli avversari un vantaggio diventato col passare del tempo incolmabile. Anche quando sono arrivati i passi falsi (Misano e Alcaniz), anche quando Pedrosa, Lorenzo, Rossi, Dovizioso sono diventati più performanti.
Il solco era oramai troppo ampio per porvi riparo. E la Honda e il Giappone non solo hanno festeggiato in anticipo ma hanno potuto applaudire il loro samurai, venuto da lontano a celebrare il successo impugnando una katana dopo un cerimoniale ricco di tradizione e di fascino. Un secondo posto e due scivolate non lo hanno frenato. Ed è giunta la consacrazione un autentico fenomeno delle due ruote al quale il futuro promette trionfi e soddisfazioni, bisbigliando nelle orecchie degli addetti ai lavori che forse non sarà nato il nuovo Valentino ma è nato sicuramente il Rossi di questa epoca così elettronica e così esagerata.
Potremo dire solo fra molti anni se Marc avrà eguagliato il suo modello ispiratore, per ora l’atteggiamento guascone e spettacolare lo investe di una eredità pesantissima alla quale tuttavia lo spagnolo non si sottrae. Risultando persino più simpatico del campione di Tavullia anche nelle giornate storte. Marquez è una manna per una MotoGP che negli anni di appannamento di Rossi ha barcollato cercando di appoggiarsi ora ad Hayden ora a Stoner, ora a Lorenzo, in attesa del mai sbocciato Pedrosa. Ma che da due stagioni a questa parte ringrazia il cielo che Marquez sia nato e sia esploso.
Talento indiscutibile e indiscusso, il più giovane iridato della MotoGP, ultimo ritratto in ordine di tempo della grande galleria di campioni che le moto ci hanno regalato e che –dopo la scomparsa di Marco Simoncelli- ha restituito al circo il sorriso e il continuatore ideale dell'epopea del Dottore. Da prima ancora che Marquez approdasse in MotoGP, Valentino si era complimentato con lui per le sue condotte di gara, definendolo impressionante, incredibile, bravissimo e –di fatto- eleggendolo suo delfino. Come negare l’investitura a chi a 19 anni aveva vinto tanto quanto lui e che ora lo batte regolarmente in pista? E la storia di Marc Marquez è solo all’inizio. Come diceva Antoine Albalat, in fondo "avere del talento significa capire che si può fare di meglio…".
Ha impiegato cinque anni per mettere in bacheca quattro titoli mondiali in tre categorie diverse (125, Moto2 e due volte consecutive MotoGP). Se nel 2013 Marc Marquez aveva destato stupore per il successo da rookie, il 2014 ha fugato ogni dubbio: undici volte primo, con dieci successi consecutivi a inizio stagione, e una condotta di gara sempre al limite che gli ha permesso, appuntamento dopo appuntamento, di mettere fra sé e gli avversari un vantaggio diventato col passare del tempo incolmabile. Anche quando sono arrivati i passi falsi (Misano e Alcaniz), anche quando Pedrosa, Lorenzo, Rossi, Dovizioso sono diventati più performanti.
Il solco era oramai troppo ampio per porvi riparo. E la Honda e il Giappone non solo hanno festeggiato in anticipo ma hanno potuto applaudire il loro samurai, venuto da lontano a celebrare il successo impugnando una katana dopo un cerimoniale ricco di tradizione e di fascino. Un secondo posto e due scivolate non lo hanno frenato. Ed è giunta la consacrazione un autentico fenomeno delle due ruote al quale il futuro promette trionfi e soddisfazioni, bisbigliando nelle orecchie degli addetti ai lavori che forse non sarà nato il nuovo Valentino ma è nato sicuramente il Rossi di questa epoca così elettronica e così esagerata.
Potremo dire solo fra molti anni se Marc avrà eguagliato il suo modello ispiratore, per ora l’atteggiamento guascone e spettacolare lo investe di una eredità pesantissima alla quale tuttavia lo spagnolo non si sottrae. Risultando persino più simpatico del campione di Tavullia anche nelle giornate storte. Marquez è una manna per una MotoGP che negli anni di appannamento di Rossi ha barcollato cercando di appoggiarsi ora ad Hayden ora a Stoner, ora a Lorenzo, in attesa del mai sbocciato Pedrosa. Ma che da due stagioni a questa parte ringrazia il cielo che Marquez sia nato e sia esploso.
Talento indiscutibile e indiscusso, il più giovane iridato della MotoGP, ultimo ritratto in ordine di tempo della grande galleria di campioni che le moto ci hanno regalato e che –dopo la scomparsa di Marco Simoncelli- ha restituito al circo il sorriso e il continuatore ideale dell'epopea del Dottore. Da prima ancora che Marquez approdasse in MotoGP, Valentino si era complimentato con lui per le sue condotte di gara, definendolo impressionante, incredibile, bravissimo e –di fatto- eleggendolo suo delfino. Come negare l’investitura a chi a 19 anni aveva vinto tanto quanto lui e che ora lo batte regolarmente in pista? E la storia di Marc Marquez è solo all’inizio. Come diceva Antoine Albalat, in fondo "avere del talento significa capire che si può fare di meglio…".