Dove arriva la potenza dei motori in MotoGP

MotoGp

Le potenze dei motori delle MotoGP hanno raggiunto un livello difficimente superabile. Sono i vincoli regolamentari a limitare la crescita dei cavalli e a costringere gli ingegneri a lavorare di fino su una serie di altri aspetti. Scopriamo quali con il supporto dell'ing. Giulio Bernardelle

Da quando la MotoGP nel 2012 è tornata ai motori da 1000cc di cilindrata, la crescita della potenza massima si è decisamente rallentata rispetto agli anni precedenti. Per verificare la cosa basta guardare i dati relativi alle velocità massime registrate nei vari circuiti ed in particolare alla media dei migliori passaggi durante il turno ufficiale di qualifica. Se andiamo a vedere cosa è successo ad esempio al circuito di Catalunya, uno dei più significativi per la velocità massima, possiamo notare che nel turno di qualifica del 2012 il più veloce sul rettilineo era Valentino Rossi con la Ducati che nei cinque sui migliori passaggi aveva registrato una media di 337,4 km/h, mentre la Ducati di Andrea Iannone nel 2016 ha registrato i 341 km/h (ancora mediato sulla base dei cinque migliori passaggi sul rettilineo principale).

Come mai lo sviluppo del motore della Desmosedici ha portato ad un guadagno di circa 4 km/h in tre - quattro stagioni? 
La risposta al quesito è articolata e ci porta a parlare di come siano fatti i motori di queste MotoGP.
Il primo aspetto importante da fissare è legato al regolamento tecnico: dal 2012 l'alesaggio di questi motori è stabilito debba essere al massimo di 81mm ed il frazionamento non superiore a 4 cilindri; per questo motivo tutti i costruttori sono stati "obbligati" a disegnare dei 4 cilindri. Un 3 cilindri od un 2 cilindri richiederebbero un alesaggio molto più elevato per poter esprimere una potenza massima sufficiente.

Un moderno motore a 4 tempi aspirato, infatti, ha la sua potenza massima direttamente legata all'estensione della superficie totale dei pistoni. Questo perché se si vuole avere più cavalli si deve necessariamente far arrivare all'interno delle camere di combustione più miscela aria/benzina e, dato che il motore aspira aria a pressione atmosferica (la sovra-alimentazione non è consentita in MotoGP) l'unica maniera per farne arrivare di più è allargare i condotti e - di conseguenza - aumentare la superficie del cielo dei pistoni. Questo porta ad avere un motore con l'alesaggio maggiorato (la corsa dei pistoni cala per la necessità di non variare la cilindrata) che gira ad un regime più alto. Tutto questo in MotoGP, dal 2012, non si può più fare. Per aumentare la potenza ai progettisti non resta che lavorare sul miglioramento della capacità di aspirazione e scarico del motore, sul miglioramento della combustione, sull'abbattimento delle perdite per gli attriti interni. Questi aspetti, però, in motori tanto sofisticati sono già estremi, quindi la crescita di prestazione è d'avvero molto difficile.

Negli ultimi anni Honda ha comunque scelto di far lavorare il suo V4 ad alto regime. Le moto di Marquez e Pedrosa ed anche le altre Honda hanno un suono decisamente più acuto di tutte le altre MotoGP. Nelle ultime due stagioni, però, i piloti si sono spesso lamentati della difficoltà di gestire l'erogazione della potenza del motore e, quest'anno, il passaggio al software unico - almeno nella prima parte della stagione - ha creato ulteriori difficoltà al punto che Honda è intervenuta rinunciando ad un po' di prestazione. 

Ducati sembra essere il motore più pieno, quello che associa dei bassi poderosi ad una esplosività ad alto regime che tutti gli altri vorrebbero avere.

Yamaha ha puntato tutto sull'erogazione: il 4 in linea della M1 ha un'erogazione in basso esagerata e questo agevola molto il compito ai piloti che possono utilizzare rapportature del cambio più lunghe senza essere penalizzati nell'accelerazione in uscita dalle curve. La potenza massima non è al top, ma Yamaha ha dimostrato che questo aspetto non è fondamentale.