Marquez si può battere. Sì, se ti chiami Marquez

Andiamo a Misano. Ci arriviamo con una novità in testa: nell’invincibilità di Marc Márquez si è aperta una piccola cricca. A Barcellona, uno che secondo alcuni non dovrebbe permetterselo – Alex Márquez – l’ha scalfita mica male. Non l’ha battuto ricevendo sconti. Macché. Se l’è viaggiata come un treno in corsa. È scattato dal venerdì mattina con un passo da invincibile, è caduto nella Sprint, ed è risorto più forte del solito nel GP con un colpo antifraterno, tattico, drammatico. Una lezione per chi – quasi tutti – nel paddock pensa che Marc sia un muro contro il quale è inutile palleggiare. Va bene insomma: tra tennis e moto è stato un weekend in cui la Spagna ci ha vestiti con un cappottone invernale e pesante. Alex Márquez, peraltro, ha messo in freezer l’assegnazione del titolo. Non sarà a Misano – e già questo sposta l’assegnazione del campionato un po’ più in là, quando Marc metterà comunque a segno quello che Pedro Acosta ha definito “uno dei comeback più significativi della storia dello sport”. Ed è assolutamente vero, se si riesce a guardare oltre la monotonia che il leader genera vincendo tutto. Al di là della traiettoria perfetta, Alex ha espresso testa e voglia di mordere, come uno che ha la sacrosanta fame del campione. Finalmente c’è arrivato, e non per caso. Le rinascite Da Barcellona si salta alla Misano degli italiani, in questo Mondiale segnato dalle rinascite. Dopo il calvario riscattato di Marc e la vittoria di Alex nella gara di casa, c’è pure quella di Enea Bastianini: era un cantiere aperto, ora è una Bestia sul podio. I tecnici Ktm hanno cambiato il Dna della moto con tre mosse chirurgiche: carena nuova, frenata devastante e una nuova agilità. Per alcuni aspetti l’hanno resa migliore dell’Aprilia. Tanto che pure Pedro Acosta, arrivato quarto, si è divertito, tranne quando Bastianini l’ha infilato con quello che resterà il sorpasso dell’anno: frenata bestiale, rilascio dei freni, dentro alla corda con la moto di traverso e poi davanti. Il futuro è di nuovo qui, e Ktm ne ha più di una porzione: giovani, veloci, forse quasi pronti per giocare davvero con i grandi. Ducati e gli avversari La Ducati a Barcellona ha vinto il titolo costruttori per la settima volta – sesto consecutivo – ma è una vittoria un filo meno prorompente di quelle passate. Più che altro perché gli avversari cominciano a mandare segnali: non si tradurranno magari in feste a raffica nel 2026, ma potrebbero diventare molto solidi nel 2027, quando cambieranno tutte le regole. Aprilia è una di quelle marche che hanno in casa il pilota convinto di potercela fare, anche a battere Márquez. Bezzecchi è uno dei pochi a crederci davvero, almeno nell’approccio. Va in pista con la convinzione che Marc si possa battere. Jorge Martin ha il talento, ma l’esperienza è ancora in terapia dopo la lunga convalescenza e il tentativo di fuga da Aprilia. Il loro Mondiale resta in divenire. Yamaha e Honda Le altre case non stanno a guardare. La Yamaha, con Augusto Fernandez in sella, porterà a Misano il nuovo V4 – fine del mitologico quattro in linea, largo al motore che domina dappertutto. È una rivoluzione tecnica e filosofica: serve a smetterla di cercare un grip che gli altri hanno e loro no, a meno di non restare inchiodati sulla traiettoria ideale. Yamaha ha bisogno di fantasia senza il rischio di perdere tutto alla prima curva diversa da quella dei manuali. La missione è doppia: Quartararo e il team devono dimostrare che si può correre da pari con i grandi. Fabio, come Bezzecchi, è peraltro uno di quelli con la testa giusta, quello che pensano che Márquez si possa battere – e che hanno la faccia tosta e le palle per provarci. La Honda mostra segnali di vitalità grazie alle concessioni: Marini, Mir e Zarco in campo. Zarco peraltro guida con uno stile diverso e personale. Se funzionano in tre, significa che la Honda sta tornando a pensare come ai vecchi tempi: una moto per tutti. Arrivarci non sarà un processo veloce come uno schiocco di frusta, ma la strada sembra quella. Non è la Honda del passato, ma non è nemmeno più condannata a sbattere sul fondo. Bagnaia, al minimo sindacale E poi c’è Bagnaia, in crisi. Sì, lo è. Partiva come l’antagonista della leggenda, oggi gira intorno al minimo sindacale. A Barcellona è partito ventunesimo dopo tre giorni da incubo, ed è arrivato settimo. Una rimonta a cui badare, con la novità tecnica del forcellone 2025 già usato dagli altri, ma che fino a domenica teneva in un cantone. È una crescita – se c’è stata – difficile da codificare, tanto che Pecco è il primo a non lasciarsi incantare e a non abbandonarsi a un ottimismo che rischia di sgretolarsi tra due giorni. Spera che Misano sia una mannaia capace di ghigliottinare le cialtronerie: le voci ridicole che lo vorrebbero in fuga da Ducati prima della scadenza e le insinuazioni da osteria secondo le quali il team favorirebbe Marc a scapito suo. Scenari volgari e insensati: sabotare Bagnaia sarebbe un suicidio per Ducati. Chi ragiona così non ha capito nulla.

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Guido Meda