Diogo Moreira può essere l'eroe che il Brasile stava aspettando

Probabilmente, 23 anni dopo l'ultimo Mondiale di calcio vinto dalla Seleção, il Brasile mai come in questo momento ha bisogno di un eroe. Il contesto storico non è paragonabile a quello degli anni '80, ma se è vero che non siamo in un'epoca di traumatico e liberatorio passaggio dalla dittatura militare alla democrazia, è anche vero che in questa democrazia la spaccatura del Paese è totale e feroce. E nelle lacerazioni del quotidiano che sfociano in disuguaglianze, atti predatori, vicendevoli ripicche politiche a seconda di chi vince e pesanti contraddizioni, lo sport non interviene a lenire le preoccupazioni della gente. Nel calcio, il Brasile non brilla da un po'. Ha perso una Copa América in casa al Maracanã contro l'Argentina che è anche diventata Campione del Mondo, ha vissuto lo shock del Mineirazo quando ha preso sette gol dalla Germania nel Mondiale organizzato proprio in Brasile, e attraversato molte delusioni dopo essere diventato Pentacampeão nel 2002, quando dire Ronaldo significava univocamente evocare il Fenomeno e non Cristiano. Un'era geologica fa. Della Formula 1 neanche a parlarne. Dopo il Mondiale di Senna nel 1991 e il dramma del 1994, il Brasile si è aggrappato a nuovi idoli che però, anche quando hanno avuto carriere di altissimo livello come nei casi di Barrichello e Massa, non hanno più vinto un titolo. Il motociclismo è forse lo sport giusto in cui trovare una figura di riferimento in cui identificare il sentimento di appartenenza nazionale capace di unire, almeno nel weekend, ciò che nel quotidiano è sfilacciato. Non c'è un termine di paragone "assoluto": prima di Moreira c'è stato Barros, non Senna. E mentre il calcio attraversa il digiuno che divise Pelé del 1970 da Romário del 1994, il motorsport può farsi veicolo di emozioni e identità. Moreira è già Campione del Mondo, anche se della Moto2. Debutterà in MotoGp. È un brasiliano nato e cresciuto in Brasile finché non è stato costretto a trasferirsi in Europa, in Spagna, per inseguire il suo obiettivo di correre da professionista. Sente tutta la saudade, che gli è precipitata addosso tutta insieme quando ha tagliato il traguardo di Valencia e ha cominciato a piangere nel casco, immaginando la famiglia, presente fisicamente ma assente nei ricordi che non ha potuto costruire, sacrificati all'altare della velocità. Non ha parlato con Dio come Senna nell'ultimo giro di Suzuka 1988, lui d'altronde semmai ci avrebbe dovuto parlare già da qualche giro prima, quando era ormai ufficiale il suo trionfo dopo la resa del rivale González. Non ha vissuto una rivalità aspra e anche scorretta per arrivare a vincere. Ma parla quattro lingue, sventola con orgoglio la bandiera verde, oro e blu ed esulta sul podio rovesciandosi il Prosecco in testa come l'idolo suo e di tutti nel suo Paese. Forse non emanerà, Diogo, quella mistica di riscatto sociale che Senna aveva rappresentato, pur essendo molto più vicino agli ultimi, per estrazione, di quanto non lo fosse il già benestante Ayrton molto prima della Formula 1. Ma il mondo è diverso, il Brasile è diverso, ci sono altre necessità, altre personalità. La vera missione di Moreira sarà quella di diventare un simbolo, di portare la gente a Goiânia nel ritorno del Gp del Brasile nel 2026, di unire davanti alla tv la gente. Non deve "rimpiazzare" Senna, ma regalare al Brasile sé stesso. Per questo il suo nuovo numero non sarà il 10 di Pelé indossato fino a quest'anno e neanche il 9 di Ronaldo, o uno dei numeri di Ayrton nella sua carriera in Formula 1, per quanto Diogo a lungo avesse valutato il 19, quello della stagione di debutto di Senna sulla Toleman. Sarà l'11, quello di idoli grandi ma non quanto quei tre, per quanto comunque siano tanto amati Ronaldinho e Romário, o Neymar che l'aveva usato al Barcellona. Sarà l'11, la somma del vecchio 10 e dell'1 di Campione del Mondo della Moto2. Sarà l'11, come 11 sono i calciatori che rappresentano la Seleção nello sport più popolare, omaggiato già nella coreografia di Moreira a Valencia. Sarà l'unione di due "uno". Perché ok ispirarsi agli eroi, ma Diogo Moreira vuole essere unico. E il Brasile non aspetta altro.

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Diogo Moreira può essere l'eroe che il Brasile stava aspettando

Rosario Triolo