David Muñoz sprigiona talento e agonismo: in Moto3 può andare lontano

David Muñoz è sempre stato considerato il bad boy della Moto3, se fosse stato un calciatore probabilmente alla prima esultanza avrebbe sfoderato una maglia con la scritta ‘Why always me?’. I primi approcci critici al Motomondiale, relativamente al suo carattere, sono arrivati ancor prima che fosse un pilota di Moto3. Uno strike all'ultimo giro di gara 2 al Sachsenring in Rookies Cup, in cui ha eliminato dalla corsa, oltre a sé stesso, altri tre piloti favorendo la vittoria di Matteo Bertelle. E uno strike sul rettilineo di Valencia dopo la bandiera a scacchi di un turno di prove del JuniorGp, che ha indotto gli steward a dargli una pesante penalità, facendolo partire dai box e consegnando senza lottare all'ultima gara dell'anno il Mondiale Junior a Dani Holgado. Muñoz nel Mondiale, per la verità, si è presentato con un podio immediato. Alla seconda gara, a Barcellona, dopo che aveva cominciato la sua carriera al Mugello, tardi perché il team Boé aveva deciso di metterlo sotto contratto nonostante non avesse l'età minima. Troppo il talento, meglio non aspettare un anno in più. Alla velocità Muñoz ha sempre abbinato l'aggressività, che spesso, nei primi anni della sua carriera, ha sovrastato le sue enormi potenzialità. Si è fatto questa nomea nel paddock, e spesso ciò che agli altri è concesso, per Muñoz viene immediatamente catalogato come scorretto. Nel frattempo, uno dei suoi limiti reali era la poca abitudine a girare da solo, a fare i tempi senza scie. Ma a un certo punto del 2024, una volta sicuro di trovarsi nel 2025 con IntactGp, Muñoz ha cominciato a sacrificare le qualifiche pur di imparare a fare la differenza senza bisogno di ‘aiuti’. Ne hanno in parte risentito anche i risultati, perché non è detto che in Moto3 se ti qualifichi male sia sempre possibile rimediare, sebbene la categoria più piccola del Motomondiale sia l'unica che permetta realmente di potercela fare. Ma Muñoz lo ha fatto con la consapevolezza che nel 2025 avrebbe trovato come capotecnico Lele Martinelli, uno che ai piloti dà tanto e non chiede nulla in cambio, tranne una cosa: fare la differenza senza mezzucci. Quindi, piuttosto ultimi che primi, ma secondo il reale potenziale e non attraverso l'espediente della scia. Se poi una scia capita per situazione fortunata, Martinelli non è certo lì a disperarsene. Ma se viene cercata costantemente, il suo placido sorriso si trasforma nella stessa collera che lo accende quando qualcuno gli ‘tocca’ il pilota. Ecco, di tocchi, più o meno al limite, con Muñoz in squadra se ne vivono parecchi. La saga del duello oltre i limiti del regolamento con Lunetta, suddivisa in vari episodi, ha portato a penalità dall'una e dall'altra parte. Lo steward panel, con Muñoz, ha annunciato che sarebbe stato più severo che con altri. A Le Mans il suo colpo da biliardo che ha mandato in buca Kelso è stato punito con la restituzione della posizione all'australiano, per dirne una. Ma nonostante sembrasse un percorso destinato a rimanere nelle buone intenzioni, quello di Muñoz verso una cattiveria agonistica controllata nel perimetro della correttezza è arrivato a un importante traguardo. Saranno state le due splendide vittorie, prime due della carriera, ottenute con condotta di gara senza macchia, sarà stato il paternalismo buono di Martinelli, sarà stato il rigore tipicamente tedesco del team IntactGp, ma nell'ultima gara a Spielberg David Muñoz ha finalmente raggiunto l'equilibrio. Per quanto questo non sia andato giù ad Aspar Martínez, furioso nell'intervista post gara con la tv spagnola per il contatto tra Muñoz e Quiles, Muñoz ha messo insieme un weekend fenomenale, perché dopo una caduta del venerdì non innescata da lui, un’importante perdita di tempo e giri di prova per la rottura del radiatore per un buco al sabato , ha rimontato in gara fino alla lotta per il podio, recuperando sul gruppo di testa insieme a Furusato quando sembrava impossibile, e poi con una arroganza sportiva assolutamente corretta, seppur al limite, ha sorpassato con una determinazione emozionante quanti più rivali possibili per poi chiudere sul podio per la quinta volta nelle ultime sei gare, alle spalle di Piqueras e Yamanaka. Per uno che al massimo in una singola stagione di podi ne aveva fatti quattro, non male. E poco importa che la fama di bad boy sia destinata a restargli appiccicata probabilmente fino al ritiro. In fondo, se Muñoz saprà gestirla, potrà anche essere un vantaggio. Non c'è un singolo pilota che non abbia timore di lui quando ce l'ha alle spalle. Ieri, per una possibile scorrettezza. Domani, si spera per Muñoz, per la certezza di un duello in cui si può vincere solo con il coraggio e l'entusiasmo per il sorpasso che anima e nutre la passione per le corse di David.

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David Muñoz sprigiona talento e agonismo: in Moto3 può andare lontano

Rosario Triolo