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NBA, l’estate di San Antonio, dal dilemma Aldridge al nodo Gasol

NBA

Dario Vismara

La sconfitta senza appello contro Golden State non cancella la buona stagione dei nero-argento, alla prima annata post-Duncan. Ma come possono migliorare per colmare il gap con gli Warriors?

Per analizzare la stagione dei San Antonio Spurs, si può partire da un dato incoraggiante: la prima annata senza Tim Duncan è andata per certi versi meglio di quanto ci si potesse aspettare, andando per il secondo anno in fila oltre quota 60 vittorie in regular season e tornando alle finali di conference per la prima volta dal titolo del 2014. Kawhi Leonard si è ormai imposto come un perenne candidato MVP per gli anni a venire e il sistema di coach Popovich è ormai a prova di bomba, riuscendo a produrre vittorie su vittorie nonostante il cambio di interpreti e l’età dei veterani che avanza. Ma nella NBA non ci si accontenta mai del secondo posto, neanche se davanti si ha quella che molto probabilmente passerà alla storia come una delle migliori squadre di sempre: per questo, diventa di cruciale importanza capire come si potranno muovere in estate quelli che, a tutti gli effetti, sembrano rappresentare la principale alternativa ai Golden State Warriors. Ma come si può colmare il gap con i tre-volte campioni della Western Conference?

Il dilemma LaMarcus Aldridge

Posto che Leonard è intoccabile nei-secoli-dei-secoli-amen e sarà a tutti gli effetti sottopagato fino all’estate del 2019 (18.8 milioni per il prossimo anno, 20.1 per quello successivo) quando potrà diventare free agent, il vero problema in casa San Antonio è capire cosa fare con LaMarcus Aldridge. Perché da una parte il giocatore più pagato della squadra si è reso protagonista di eccellenti singole prestazioni (gara-6 contro Houston e anche gara-1 contro Golden State, prima dell’infortunio di Kawhi), ma dall’altra è sempre stato un fit sospetto nel sistema degli Spurs, e mai particolarmente amato dall’ambiente. Quando si prende in considerazione uno scambio, bisogna però sempre avere bene in mente qual è l’alternativa: mettendo sul mercato Aldridge che cosa può arrivare in cambio per un 32enne che si prende la maggior parte dei tiri dalla medio-lunga distanza, è solamente mediocre in difesa, non gioca volentieri da centro e guadagna 20 milioni? Per di più, “LMA” ha anche la possibilità di uscire dal suo contratto nell’estate del 2018, rendendo di fatto la prossima stagione un “contract year”: chi può essere interessato a scambiare asset di valore per un giocatore che potrebbe andarsene dopo soli 12 mesi? Tutte considerazioni che rendono molto più probabile una sua conferma piuttosto che un suo scambio: alla fine Aldridge non è riuscito a trascinare la squadra contro un “all-time great team” come Golden State senza poter contare su Leonard, ma gliene si può davvero fare una colpa?

La situazione point guard

La dirigenza capitanata da R.C. Buford ha un’altra bella gatta da pelare con il ruolo di point guard titolare: Tony Parker si è infortunato gravemente al quadricipite e bisognerà valutare le condizioni in cui si ripresenterà, visto che il declino fisico è già in atto e ogni stagione che passa lo rende meno efficace sul parquet, nonostante dei playoff più che accettabili. Il suo sostituto Patty Mills, poi, sarà free agent in estate e ci sarà la fila per i suoi servigi, rendendo difficile una sua conferma specialmente nel caso in cui Pau Gasol deciderà di esercitare la sua player option (su cui torneremo poi). Dejounte Murray ha mostrato lampi tanto in regular season quanto nei playoff, ma chiedere a un 20enne al secondo anno di essere subito una point guard affidabile per una squadra che vuole vincere 55+ partite è forse un po’ troppo. Se si liberasse lo spazio salariale necessario per poter inserire un contratto al massimo salariale o quasi, il sogno sarebbe quello di arrivare a Chris Paul (ma dovrebbe rinunciare a un contratto da 200+ milioni che si è praticamente scritto da solo nelle ultime contrattazioni per il CBA) oppure a una vecchia fiamma come George Hill, scambiato con Indiana nel 2011 per prendere Leonard ma sempre rimasto vicino alla franchigia texana negli anni. Costerebbe tanto (e su quello spazio necessario pende sempre la questione-Gasol), ma Gregg Popovich in tempi non sospetti lo ha definito come uno dei suoi giocatori preferiti di sempre e sarebbe un eccellente fit di fianco a Leonard, che verosimilmente avrà sempre più responsabilità di creazione entrano nei migliori anni della sua carriera.

Il nodo Gasol e tutti gli altri

Molto dell’estate di San Antonio passerà dalla decisione di Pau Gasol, che ha una opzione a suo favore da 16.2 milioni per il prossimo anno. Se il catalano deciderà di tornare per un’altra stagione, lo spazio salariale sarebbe già praticamente finito o quasi, rendendo impossibile per gli Spurs arrivare a un All-Star in grado di colmare il gap con Golden State. Soprattutto, San Antonio deve capire cosa fare con i propri free agent: in estate dovranno ridiscutere i loro accordi membri chiave della panchina come Jonathon Simmons (che cercherà il contratto più remunerativo possibile a 27 anni), Dewayne Dedmon (situazione simile, uscendo dall’accordo firmato un anno fa) e David Lee (che potrà uscire e rifirmare a cifre più alte rispetto agli attuali 2.3 milioni), oltre al già citato Mills e la situazione legata a Manu Ginobili, che ancora non ha deciso se ritirarsi oppure no. Di sicuro gli Spurs avranno in mano i destini di Leonard, Aldridge, Parker, Danny Green, Kyle Anderson, Dejounte Murray e Davis Bertans, con gli ultimi tre destinati ad avere un ruolo maggiore nella rotazione del prossimo anno. Combinando la disciplina impartita da Popovich e la capacità di Buford di trovare giocatori a basso prezzo da modellare piano piano in uomini di sistema, la storia suggerisce che il prossimo anno i San Antonio Spurs saranno di nuovo tra le migliori squadre della lega. Ma sarà abbastanza per colmare il gap con Golden State?