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NBA Draft, Danny Ainge rischiatutto: le mille opzioni in mano a Boston

NBA

Mauro Bevacqua

Ainge_Celtics_NBA

C'è chi dice che con la n°3 finirà per prendere chi avrebbe preso con la prima assoluta (Josh Jackson). Chi vede i Celtics puntare a una trade per Jimmy Butler o Paul George (o magari Anthony Davis?). E chi non esclude che Danny Ainge stia lavorando per i Celtics del futuro, in attesa del declino di LeBron James. Tutti gli scenari possibili per il futuro di Boston

A Boston uno dei comandamenti dei tifosi della squadra più vincente della NBA recita così: “In Danny we trust”. Il Danny in cui viene riposta cieca fiducia è ovviamente Danny Ainge, il presidente della basketball operations della squadra, dal 2003 l’uomo a cui sono affidati i destini dei biancoverdi. Si è meritato il titolo di Dirigente dell’anno nel 2008, l’anno del titolo NBA, ma da sempre il suo modo di operare è stato al centro di tante attenzioni e altrettante valutazioni, spesso positive. In una franchigia che alla barra del timone nel passato ha visto una leggenda come Red Auerbach, le aspettative nel ruolo sono sempre altissime e ancora di più in quest’estate 2017, che vede Boston posizionata per essere una delle realtà più attive tra Draft e free agency. Oggi il paragone con Auerbach ritorna di attualità perché fu proprio l’uomo del sigaro, nel 1980, a imbastire una celebre trade liberandosi della prima scelta assoluta (Joe Barry Carroll) per Robert Parish più la terza chiamata, utilizzata per mettere le mani su Kevin McHale. Parish e McHale, ovvero due terzi della leggendaria frontline di quei Celtics leggendari degli anni ’80, insieme a Larry Bird. Simile, nel 2007, la mossa di Danny Ainge che spedì la scelta n°5 (diventato Jeff Green) più Delonte West e Wally Szczerbiak per ottenere da Seattle Ray Allen (più una seconda scelta che sarebbe diventata Glen Davis), primo tassello per la costruzione di un altro Big Three celebre, quello che a Paul Pierce avrebbe poi affiancato anche Kevin Garnett. Oggi la situazione sembra ripetersi: Danny Ainge ha accettato di cedere la propria prima scelta assolutavinta all’ultima Lottery – a Philadelphia, in cambio della n°3 dei Sixers più la prima scelta 2018 dei Lakers (se tra la n°2 e la n°5) o quella 2019 dei Kings (che però sembra essere protetta se fosse la n°1 assoluta). 

Gli scenari futuri

La prima reazione, alla scelta di Ainge e dei Celtics, è stata di sorpresa: da quando l’ex n°44 dei biancoverdi è al comando della squadra, è la prima volta che Boston è stata premiata dalla primissima scelta assoluta. Rinunciarci ha lasciato parecchi stupiti: in primis perché Markelle Fultz – da tutti indicato come opzione più credibile alla n°1 – sembra un giocatore di talento assoluto e poi perché la trade lo spedisce ai Sixers, franchigia storicamente rivale dei biancoverdi in passato e soprattutto possibile antagonista futura, visto l’ottimo nucleo giovane su cui Philadelphia sta costruendo il proprio roster. Superato lo spiazzamento iniziale, la vera domanda è: cosa c’è dietro la scelta di Ainge? Le supposizioni sono tante, i possibili scenari futuri anche. A partire da chi, con la scelta n°3 ottenuta dai Sixers, i Celtics andranno a selezionare. Le voci più accreditate danno Josh Jackson come obiettivo primario dei biancoverdi, anche se pure i Lakers alla n°2 potrebbero essere interessati all’ex ala di Kansas se scegliessero di rinunciare al matrimonio molto annunciato con Lonzo Ball. Perché Jackson e non Fultz? I motivi sono diversi. Lo spot in ala ai Celtics è sicuramente più scoperto di quello che andrebbe a occupare il talento di Washington, molto più vicino al ruolo già occupato dal franchise player Isaiah Thomas (sempre che Ainge consideri l’ex scelta n°60 al Draft come il vero giocatore franchigia dei suoi Celtics del futuro, altro nodo da sciogliere…). Thomas e Fultz hanno spesso sbandierato tanto la loro amicizia quanto la possibile compatibilità tecnica, ma senza dubbio l’arrivo di un giocatore come Jackson non porrebbe nessuno di questi problemi e il profilo tecnico del giocatore, assicura un GM anonimo, “è esattamente quello che fa impazzire Ainge: tosto, lungo, atletico, versatile, con un corpo che ne fa un potenziale giocatore d’élite”. Se l’innamoramento di “Danny Boy” per Jackson è reale, la prima spiegazione per la trade è fin troppo semplice: Ainge può prendere alla n°3 chi avrebbe preso alla 1, guadagnando così anche un asset futuro. E, proprio parlando di asset futuri, l’aver collezionato sette prime scelte nei prossimi tre Draft apre mille scenari di trade sul mercato dei free agent di quest’estate.

Una superstar subito?

I nomi sono quelli che si sentono associati a Boston da tempo, l’ultima volta a febbraio durante l’ultima trade deadline. Su tutti quelli di Jimmy Butler da Chicago (sotto contratto con i Bulls fino alla stagione 2019-20, l’ultimo anno una player option) e di Paul George da Indiana (quello in arrivo è l’ultimo anno del suo contratto coi Pacers, avendo già annunciato di non voler esercitare la sua player option per il 2018-19 per essere free agent la prossima estate, anche se l'All-Star continua a indicare i Lakers come destinazione futura preferita). Poi ci sarebbe il caso Gordon Hayward da Utah (e da Butler University, dove è stato allenato da Brad Stevens), che ha rinunciato alla player option sull’ultima annata del suo contratto ai Jazz, che scadrà quindi questo 30 giugno rendendolo a tutti gli effetti un free agent. Se per arrivare ai primi due nomi Boston deve mettere sul piatto una serie di prime scelte che siano appetibili per i programmi di rebuilding di Bulls e Pacers (Jae Crowder, Tyler Zeller, la n°3 ottenuta da Philadelphia e una delle due tra quelle future ereditate da Lakers e Kings il pacchetto ipotizzato da ESPN per arrivare a Butler, ad esempio), l’obiettivo Hayward per i Celtics può essere raggiungibile proponendo all’All-Star di Utah (o a Blake Griffin, non esclude qualcuno) il massimo salariale (nel range dei 30 milioni di dollari a stagione) senza dover sacrificare Marcus Smart ma solo giocatori di rotazione minori come Terry Rozier e Demetrius Jackson. L’ultimo nome che viene fatto circolare associato ai Celtics è addirittura quello di Anthony Davis, sotto contratto fino al 2020-21 con i Pelicans (l’ultimo anno una player option) e titolare di uno stipendio annuale tra i 24 e i 27 milioni annuali: appare difficile che a New Orleans rinuncino al loro giocatore franchigia scegliendo già da quest’estate la strada della ricostruzione, ma se dovessero farlo poche squadre possono mettere sul piatto la contropartita di giocatori e (soprattutto) scelte future in mano a Danny Ainge. Che nei prossimi giorni sarà spesso al telefono e molto, molto impegnato. Da quello che riuscirà a concludere entro metà luglio dipenderà in parte anche la sua legacy come dirigente nel cuore dei tifosi di "Beantown".