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NBA, Steph Curry non ci sta: "Quella copertina di 'Sports Illustrated' è terribile"

NBA

Il leader dei Golden State Warriors è il soggetto principale della nuova cover del famoso settimanale sportivo, che vuole rappresentare l'unità del mondo sportivo contro le parole di Trump. "Ma se non c'è in copertina Kaepernick qualcosa non va", dice Curry, molto critico anche verso la scelta di affiancarlo al commissioner NFL Roger Goodell

Non accennano a placarsi le polemiche attorno alle parole del presidente USA Donald Trump, che via Twitter nei giorni scorsi si è scontrato tanto con Steph Curry e i Golden State Warriors (ritirando il tradizionale invito alla squadra campione alla Casa Bianca quando in realtà, da Durant a Curry, le due superstar NBA avevano già fatto sapere di non voler presenziare) che con il mondo NFL, che in queste settimane ha visto tantissimi giocatori – a volte intere squadre – riprendere il gesto di protesta lanciato dall’ex quarterback dei San Francisco 49ers Colin Kaepernick (il primo a inginocchiarsi al momento dell’inno nazionale) per protestare contro l’operato del presidente e la sua visione razzista della politica e della società (“Andrebbero tutti licenziati o multati”, la reazione sempre via Twitter del primo cittadino USA). A far parlare ora è la nuova copertina del celebre settimanale sportivo americano Sports Illustrated, che nel numero in edicola – dietro al titolo “A nation divided, sports united”, a raffigurare il momento di divisione interna del Paese, che ritrova la sua unità attraverso lo sport – vede raffigurati dieci protagonisti della scena sportiva USA, tutti a loro modo coinvolti nella polemica che sta infiammando gli Stati Uniti. E tra questi dieci, a sorpresa, manca proprio Colin Kaepernick, l’uomo che ha fatto scoccare la scintilla dell’intero movimento (e che oggi non riesce a trovare un posto nei roster di nessuna squadra NFL). “Se al centro di quella copertina non c’è Kaepernick vuol dire che qualcosa non funziona”, le parole di Steph Curry, insieme al suo allenatore Steve Kerr e a LeBron James, l’unico rappresentante NBA sulla copertina di Sports Illustrated (ma c'è anche Candace Parker, in rappresentanza della WNBA). Curry viene ritratto in prima fila, e stringe sotto il braccio James da una parte e il commissioner NFL Roger Goodell dall’altra. Proprio la presenza del numero uno NFL è stata un altro dei grandi motivi di polemica nati attorno alla copertina del settimanale: un po’ perché la risposta ufficiale della lega alle sprezzanti parole di Trump verso i giocatori non è stata percepita come abbastanza forte (“Io a braccetto con Roger Goodell?”, si è chiesto per primo un sorpreso Curry. “Non ha proprio senso. Zero. La sua posizione è stata tra le più caute in assoluto”), e un po’ perché in molti si sono trovati d’accordo nel sostenere che ci sarebbero state figure ben più meritevoli di quel posto in evidenza sulla cover.  

Anche Steve Kerr si chiede: “Dov’è Kaepernick?”

Anche l’allenatore degli Warriors Steve Kerr ha avuto giudizi tutt’altro che positivi sulla copertina: “Dove diavolo è Kap”, la sua prima reazione. “Se l’articolo vuole parlare di un fenomeno attuale come l’attivismo sociale di una generazione di campioni sportivi, ditemi come fa a non esserci Kaepernick in copertina! Non riesco davvero a capire come si possa lasciar fuori la persona che ha dato il via a tutto questo”. In rete poi moltissime persone hanno trovato tanti altri motivi per contestare una copertina che, come detto anche da Steph Curry, è sembrata voler “capitalizzare sulle polemiche di questi giorni e sull’impegno serio di tutte quelle persone che sanno davvero cosa sta succedendo oggi in America [quando si parla di relazioni razziali], che sono state attive nelle comunità per cercare di cambiare le cose e far la differenza”. “Alla fine però tutto questo non è neppure importante – conclude il n°30 degli Warriors – perché quello che conta è che l’opinione pubblica non smetta di focalizzarsi sul vero messaggio e sulle persone che stanno compiendo le scelte più giuste”. In rete però sono state molte altre le critiche accumulatesi sulla nuova copertina di Sports Illustrated: “Solo una donna raffigurata [Candace Parker, ndr] su dieci”, ha fatto notare qualcuno, mentre per mesi la nazionale USA di calcio prima e poi tutta la WNBA hanno fatto sentire la propria voce in maniera forte e chiara, ponendosi in qualche modo in prima fila rispetto a questa protesta; altri hanno fatto notare come la presenza del proprietario dei Jacksonville Jaguars David Kahn (sceso in campo a braccetto coi suoi giocatori durante la recente trasferta inglese della sua squadra) sia quanto meno ironica, vista la donazione di un milione di dollari che lo stesso Kahn ha fatto a favore di Trump durante l’ultima campagna elettorale. Uno dei direttori esecutivi di Sports Illustrated Steve Cannella ha cercato di rispondere alla marea di commenti negativi collezionati giustificando in parte le scelte del magazine. “Anche se non è fisicamente sulla nostra copertina, è come se Kaepernick ci fosse – ha argomentato – perché tutti conosciamo la sua importanza all’interno del movimento. Come settimanale abbiamo registrato che negli ultimi sette giorni tantissima gente diversa ha fatto sentire la propria voce al riguardo e la scelta quindi è stata quella di privilegiare chi ha scelto di unirsi alla protesta, ingigantendone così le dimensioni e il risalto”. “La nostra copertina vuole trasmettere un senso di unità, che consideriamo il messaggio più importante da far arrivare ai nostri lettori”, ha concluso Cannella. Ma se il messaggio è arrivato alle orecchie di molti in maniera diversa, a Sports Illustrated farebbero bene a chiedersi come mai.