Hanno vinto lo scorso giugno e hanno tutta l'intenzione di rivincere ancora: Nick Young, Omri Casspi e il rookie Jordan Bell le uniche novità di una squadra che riporta intatto il proprio nucleo. E Steph Curry, Kevin Durant, Klay Thompson e Draymond Green in quintetto non ce li ha nessuno
Si è speso tanto sulla Baia per mantenere intatto il nucleo campione NBA lo scorso giugno. Firmato Steph Curry per i prossimi 5 anni a oltre 201 milioni di dollari, il capolavoro è stato l’accordo trovato con Kevin Durant (51.250.000 dollari per due stagioni, ben sotto le potenziali richieste dell’MVP delle ultime finali). Questo ha permesso di offrire contratti triennali sia ad Andre Iguodala (48 milioni) che a Shaun Livingston (24, con l’ultima annualità non garantita), mentre David West, Zaza Pachulia e JaVale McGee hanno tutti firmato accordi annuali. Non contenti, i Golden State Warriors hanno aggiunto al loro roster alcune facce nuove: la prima è quella di Nick Young (37.6% in carriera da tre per lui), ad aumentare ancora di più la potenza di fuoco di una squadra che ha già dominato ogni indicatore statistico offensivo possibile (primi per offensive rating – punti per 100 possessi – e per percentuale reale al tiro nell’ultimo biennio); la seconda invece è quella di Omri Casspi, che per versatilità sembra sposarsi perfettamente con il modo in cui la squadra di Steve Kerr è stata costruita negli anni. L’ultima novità – in un roster che conta la più alta percentuale di minuti di ritorno di tutta la lega – è quella del rookie da Oregon Jordan Bell, chiamato al secondo giro (38^ scelta assoluta) per allungare la rotazione tra i lunghi (e che potrebbe avere in Draymond Green un maestro preziosissimo nel facilitargli l’ingresso nella lega). “Quest’anno siamo più profondi – ha riconosciuto coach Kerr – motivo per cui penso che potremmo essere più forti”. Una prospettiva spaventosa per il resto delle 29 franchigie NBA, ricordando il totale di vittorie collezionato dagli Warriors negli ultimi tre campionati: 67 l’anno scorso e tre anni fa, 73 (record assoluto NBA) nella storica regular season 2015-16. Il termine favoriti non rende neppure l’idea.
RECORD 2016-17: 67-15 (1° Pacific Division, 1° Western Conference, 1° NBA)
PLAYOFF: Campioni NBA
(4-0 vs. Portland | 4-0 vs. Utah | 4-0 vs. San Antonio | 4-1 vs. Cleveland)
OVER/UNDER 2017-18: 67.5 (1°)
Roster
STEPHEN CURRY | Shaun Livingston
KLAY THOMPSON | Nick Young, Patrick McCaw
KEVIN DURANT | Andre Iguodala, Omri Casspi
DRAYMOND GREEN | David West, Kevon Looney, Jordan Bell
ZAZA PACHULIA | JaVale McGee, Damian Jones
Allenatore: Steve Kerr
GM: Bob Myers
Tre domande
Sono i favoriti NBA per il titolo 2018?
Ovviamente sì, lo dice chiunque, dai bookmaker di Las Vegas ai media di tutto il mondo, fino ai diretti interessati. Nella NBA una vecchia regola non scritta porta sempre a considerare comunque favoriti i campioni in carica — restano i migliori fino a prova contraria… — e sembra applicarsi a maggior ragione a questi Warriors, che non perdono nessun giocatore e anzi, migliorano il roster con due/tre nuove aggiunte. Spaventa (gli avversari) pensare come una squadra capace di assorbire in maniera completamente naturale al proprio interno un giocatore ingombrante come Kevin Durant possa gestire il vantaggio competitivo di presentarsi al via quest’anno quasi immutata, costruendo da subito su un gruppo che spesso sembra giocare a memoria.
Cosa potrebbe andar storto?
Ovvero, la grande speranza delle altre 29 squadre NBA. Si può provare a cercare una serie di variabili che potrebbero manomettere la marcia degli Warriors verso l’ennesimo titolo NBA. Dalla salute di Steve Kerr in panchina (definitivamente risolti i problemi dello scorso anno?) alla gestione di caratteri non facili in spogliatoio (su tutti sempre Draymond Green, potenziale scheggia impazzita, ma anche Nick Young in passato è stato protagonista di comportamenti non proprio irreprensibili); dall’incognita infortuni (che ha sostanzialmente sempre risparmiato Golden State nelle ultime stagioni) a un possibile calo di motivazioni, almeno durante la regular season.
Come fronteggiare la pressione del back-to-back?
Ripetersi al top, lo insegna la storia NBA, non è mai semplice. Gli Warriors non ci sono riusciti nel 2016 (anche distratti dall’inseguimento al 73-9, il miglior record di stagione regolare di sempre) ma il back-to-back ad esempio è sempre sfuggito anche agli Spurs di coach Popovich cinque volte campioni NBA. Stimoli da rinnovare, morbosa attenzione mediatica da cui difendersi, un naturale (e forse inevitabile) senso di appagamento dopo la vittoria: sono diversi i fattori che rendono difficile confermarsi campioni. Golden State dovrà confrontarsi anche contro queste insidie, ma a dare ampie garanzie in questo senso appare essere la determinazione e la cattiveria agonistica esibita nel corso di queste stagioni vincenti dai vari Green, Curry e Thompson, i primi a non distrarsi mai e mantenere sempre la barca sulla giusta rotta.
Obiettivo
Uno, e uno soltanto: il titolo NBA, il terzo in quattro anni. Tutto il resto è noia.