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Speciale NBA 2017-2018: Utah Jazz, stretti attorno al totem Gobert

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Sono reduci dalla loro miglior annata dal 2010, ma in estate hanno perso Gordon Hayward, leader di squadra e miglior marcatore. Come rimediare alla sua partenza? Rafforzando la propria identità difensiva, costruita attorno a Rudy Gobert, e affidandosi a Ricky Rubio per migliorare l'attaco 

Gli Utah Jazz si presentano al via del nuovo campionato senza il loro unico All-Star Gordon Hayward e senza i 38.8 punti assicurati ogni sera dall’ala ora a Boston e da George Hill, una bella fetta dei 101 scarsi segnati di media l’anno scorso — che facevano dei Jazz il terzultimo attacco NBA per punti messi a tabellone. Leggere i dati astraendoli dal contesto ha però poco senso, se si considera che per il terzo anno consecutivo nessuno in tutta la lega ha giocato a un ritmo più lento dei Jazz (93.62 possessi a partita). Ecco allora che l’attacco, per efficienza (punti per 100 possessi), sale a un più che dignitoso 12° posto, mentre la difesa occupa addirittura il gradino più basso del podio NBA, dietro solo a Spurs e Warriors. “Vogliamo fare ancora meglio, vogliamo esseri primi o secondi”, ha fatto sapere il nuovo arrivato Ekpe Udoh, reduce dai trionfi continentali con il Fenerbahce (MVP delle Final Four di Eurolega) e pronto a dar man forte dalla panchina a una frontline che ha in Derrick Favors (finalmente sano, in cerca di rivincite) e Rudy Gobert (leader e perno della squadra) la coppia titolare. Ci si dimentica troppo in fretta che la squadra allenata da coach Snyder l’anno scorso è stata la quarta forza a Ovest, centrando per la prima volta dal 2010 le semifinali di conference: “Da quando sono qui siamo sempre stati sottovalutati”, si lamenta Gobert, e forse con più di una ragione. Non sono — e non vogliono essere — la squadra esteticamente più bella o più divertente della lega, ma che sia solida, tosta e dura da battere non ci sono dubbi. Resta il problema di come far meno fatica a trovare il canestro, ma forse le invenzioni di Ricky Rubio in regia e il talento offensivo della matricola Donovan Mitchell potrebbero dare una mano. 

RECORD 2016-17: 20-62 (1^ nella Northwest Division, 4^ nella Western Conference, 5^ nella NBA)

PLAYOFF: eliminati in semifinale di conference

(4-3 vs. L.A. Clippers, 0-4 vs. Golden State Warriors)

UNDER/OVER 2017-18: 40.5

Roster

RICKY RUBIO | Dante Exum, Raul Neto
JOE INGLES| Alec Burks, Donovan Mitchell
RODNEY HOOD| Joe Johnson, Thabo Sefolosha, Royce O’Neale
DERRICK FAVORS | Jonas Jerebko, Joel Bolomboy
RUDY GOBERT | Ekpe Udoh, Tony Bradley

ALLENATORE: Quin Snyder

GM: Dennis Lindsey

Tre domande per raccontare la prossima stagione

Basta un’ottima difesa per eccellere nella Western Conference?

Detto del terzo posto per defensive rating nell’intera lega, la solidità nella metà campo dietro del roster modellato da coach Snyder e dal suo staff è confermata anche da altri dati: il dominio esercitato sotto il proprio tabellone (dei Jazz quasi 8 su 10 rimbalzi difensivi, quarto dato NBA il loro 78.9%) ha limitato al massimo i punti degli avversari su seconde opportunità (solo 10.7 di media a partita, solo Detroit ha fatto meglio). Da manuale anche la transizione difensiva, che ha lasciato agli avversari una media di solo 10.5 punti in contropiede a sera (2°). In una conference dove le favorite non hanno problemi a mettere punti a tabellone (Warriors e Rockets su tutte, ma anche i Nuggets e da quest’anno i Thunder di Westbrook-George-Anthony), i Jazz vanno nettamente in controtendenza, e chiedono anzi alla loro difesa di generare se possibile anche parte dell'attacco. Le stoppate di Gobert e i furti dei nuovi arrivati Rubio (1.7 recuperi a sera l’anno scorso) e Sefolosha (1.5) devono alllora tradursi in punti facili in transizione, un’area dove l’anno scorso Utah ha mostrato grandi limiti (penultimi in NBA sia per palle recuperate che per punti in contropiede).

Partito Hayward, Rudy Gobert ha le carte in regola per recitare da leader?

L’anno scorso il francese ha chiuso nel secondo quintetto All-NBA (e solo per un soffio — 4 punti, 339 contro 343 — non ha strappato il posto di centro titolare nel primo ad Anthony Davis), finendo poi secondo anche nella graduatoria per il premio di Difensore dell’Anno (dietro a Draymond Green) e in quella per giocatore più migliorato (stavolta dietro a Giannis Antetokounmpo). Il net rating di squadra è stato un impressionante +11 con lui in campo — migliorava la difesa, ovviamente (-6.9 punti subiti per 100 possessi) ma anche l’attacco (+4.1) — ed è forse questo il dato che più di tutti porta a rispondere in maniera affermativa al quesito di cui sopra. In estate si è allenato sul ring per migliorare velocità di piedi e agilità: se sviluppa in fretta un’intesa sui pick and roll con Rubio può approfittare dei passaggi dello spagnolo per andare oltre i 14 punti (con il 66% dal camp) prodotti l’anno scorso.

A chi deve chiedere un passo in avanti coach Snyder?

Due nomi su tutti: Rodney Hood e Derrick Favors. Il primo ha fatto sapere i suoi ambiziosi piani per la stagione: “Spero di arrivare a vincere il premio di giocatore più migliorato”. Non è necessariamente un obiettivo così azzardato, perché all’ex Duke il talento certo non manca e ora — minus Hayward e Hill — gli sarà chiesto di prendersi più responsabilità anche offensive, migliorando le proprie percentuali al tiro (buone da tre punti, carenti dal campo) e abbandonando una certa timidezza che lo ha fin qui contraddistinto. Diverso invece il discorso su Favors, annunciato finalmente sano dopo i problemi a ginocchio e schiena che lo hanno limitato nell’ultimo anno e mezzo. L’ultima stagione lontano dagli infortuni (quella 2014-15) lo aveva visto terminare con 16 punti, 8.2 rimbalzi e 1.7 stoppate di media, con oltre il 52% dal campo: se il n°15 tornasse a essere questo, la musica per i Jazz cambierebbe in maniera considerevole.

Obiettivi

Non sarà facile replicare il risultato ottenuto l'anno scorso, perché molte delle rivali a Ovest si sono mosse sul mercato (su tutte OKC) e da più parti le previsioni prestagionali sembrano dare più fiducia anche a realtà come Denver Nuggets, L.A. Clippers o Minnesota Timberwolves. Ma i Jazz sono solidi, restano comunque candidati ai playoff e poi, in una serie a sette, a fine aprile sono scomodi per tutti.