Golden State senza buona parte del roster si affida al numero 35 per battere i Lakers: alla fine sono 36 punti in un match chiuso con 4/4 al tiro all'overtime e il canestro decisivo a meno di 7 secondi dalla sirena. Ai giallo-viola non bastano i 19 di Brandon Ingram
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Los Angeles Lakers-Golden State Warriors 114-116 OT
Tutti puntavano costantemente lo sguardo a bordocampo, rivolto verso la primissima fila a prescindere dalla posizione occupata all’interno dello Staples Center. Kobe Bryant era lì, per la prima volta dopo aver chiuso la sua carriera con i 60 punti agli Utah Jazz, pronto a vedere salire sul soffitto del palazzetto le sue due maglie (che erano già lì ad aspettarlo, poi scoperte durante l’intervallo all'interno di una cerimonia molto sentita). A margine della stessa, si è comunque disputata una partita di assoluto livello, resa in parte più agevole per i Lakers dalle tante assenze in casa Warriors. Oltre ai lungodegenti Steph Curry e Draymond Green, coach Steve Kerr infatti ha dovuto rinunciare anche a Zaza Pachulia e Shaun Livingston. Rotazione più corta che ha consentito ai giallo-viola di restare in scia e di riacciuffare il pareggio con un canestro di Brandon Ingram a 27 secondi dalla sirena. Kevin Durant a quel punto si prende tutto il tempo e lo spazio del mondo, ma il suo tentativo finisce soltanto sul secondo ferro. Bryant saluta velocemente qualcuno a bordocampo e scappa via con le sue bimbe, ma l’attenzione del pubblico dei Lakers ormai è tutta focalizzata sul parquet: 102-102 e overtime allo Staples Center. Il numero 35 degli Warriors non lascia però tante speranza ai tifosi di casa, tirando 4/4 all’overtime dopo una partita molto complessa dal campo (a fine partite gli chiedono in maniera ironica "il tuo 10/29 al tiro è in onore di Kobe?"): alla fine sono 36 punti con tanto di jumper del definitivo sorpasso realizzato a meno di sette secondi dal termine. “Credo che fossero quasi tutti dei buoni tiri, è stata una serata in cui è mancata in parte la mira. Ho provato soltanto a rallentare il mio gioco nell’ultimo quarto d’ora, concentrandomi sul rilascio e sulla respirazione. A fine partita mi sentivo molto bene, sapevo di aver fatto quello che tutti si aspettano da me”. Grazie soprattutto ai suoi canestri infatti gli Warriors allungano a nove la striscia di successi consecutivi, portando avanti l'avvincente testa a testa in vetta alla Western Conference.
Lakers, giovani talenti crescono
Quanto avrebbero voluto farlo per Kobe, chiudere una serata magnifica con un successo così importante contro i campioni NBA. Lo avrebbero anche meritato i giovani Lakers, costretti a rinunciare strada facendo a Brook Lopez, uscito dal parquet a causa di una storta alla caviglia destra durante il primo tempo. Gli esami sono risultati negativi, ma ovviamente l’ex Nets ha assistito alla cavalcata dei suoi compagni da bordocampo. “Nei due anni passati, avremmo preso una bella scoppola in una partita del genere. Saremmo stati travolti. Questa volta invece abbiamo portato la sfida all’overtime, battuti soltanto grazie a una prodezza all’ultimo secondo”. Quella decisiva sembrava potesse essere quella firmata da Lonzo Ball in penetrazione a un minuto dal termine del tempo supplementare; un canestro dal definitivo sapore di passaggio di consegne, con tutta l’alta borghesia del basket NBA seduta in prima fila a osservare. Alla fine sono 16 punti con 6 rimbalzi e 6 assist; uno dei cinque Lakers in doppia cifra guidati dai 25 in uscita dalla panchina di un Kyle Kuzma come al solito maiuscolo (nonostante il -17 di plus/minus, il peggiore dei suoi). Kobe ormai fa definitivamente parte del passato; guardando sul parquet sembrano esserci buone speranze anche per il futuro.