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NBA, Los Angeles Lakers: Brandon Ingram è pronto al salto di qualità

NBA

Michele Serra

Sarà una stagione fondamentale per il numero 14 dei Lakers, chiamato a essere il secondo violino dei gialloviola alle spalle di LeBron James. Capiamo dove è migliorato e dove ancora può crescere

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Nell’estate decisamente movimentata dei Los Angeles Lakers si è parlato a turno più o meno di tutti i giocatori, vecchi e soprattutto nuovi, che comporranno il roster dei losangelini in questa stagione attorno a LeBron James. Uno di quelli di cui probabilmente si è parlato meno è Brandon Ingram, che però in quanto a margini di miglioramento e potenziale ha come rivale forse solo Lonzo Ball all’interno dei gialloviola.

Nel passaggio dal suo anno da rookie a quello da sophomore Ingram ha mostrato miglioramenti evidenti nel suo gioco, dovuti soprattutto a un naturale progresso dal punto di vista fisico. Certamente si sono viste anche alcune mancanze dal punto di vista realizzativo e di tiro, ma bisogna ricordare che stiamo pur sempre parlando di un giocatore di soli 21 anni (due in meno di Kyle Kuzma, per dirne uno che gli gioca accanto). Ad ogni modo, sotto le cure di coach Luke Walton si sono potuti intravedere degli sprazzi di talento in situazioni che da quest’anno potrebbero trovarlo coinvolto maggiormente, dato l’arrivo di James a L.A.. Vediamo di capire dove è migliorato e dove ancora può crescere.

All-around game (in progress)

In questi due anni tra i pro, Ingram ha chiaramente mostrato di preferire il gioco dalla media distanza benché la Lega sia da anni ormai nella direzione opposta. Anzi, da un anno all’altro ha pure ridotto i tiri da tre a partita da 2.4 a 1.8, anche se questo dato merita un approfondimento successivo.

Ingram usa spessissimo il pick and roll per iniziare l’azione, e da lì decidere se tirare in sospensione o attaccare il ferro. L’ex prodotto di Duke è quarto nei Lakers per frequenza di utilizzo del pick and roll (29.5%), anche se con questa soluzione produce solo 0.79 punti per possesso – comunque il secondo dato migliore di squadra tra i giocatori con almeno un possesso a partita di questo tipo (Isaiah Thomas ha fatto meglio di pochissimo, 0.81 punti per possesso).

Nel passaggio dalla prima alla seconda stagione è apparso chiaro come il numero 14 abbia aumentato l’aggressività nell’andare al ferro, usando i blocchi per prendersi un vantaggio sull’avversario. Ingram ha messo in mostra un buon primo passo per superare il primo difensore dal palleggio, e da diversi video sui social di workout estivi focalizzati proprio sul ball handling si può immaginare come in questa stagione diventerà ancora più efficace mettendo palla per terra.

Qui si trova accoppiato con il più lento Pachulia: prima cambia mano, poi entra abbassando la spalla e aprendosi la strada verso il canestro — un’azione che nel suo anno da rookie non gli sarebbe riuscita.

Qui invece batte dal palleggio un difensore mediocre come T.J. Warren (oltretutto usando la mano debole) e resiste al contatto con Bender, che era andato su con le braccia alte.

In questo caso, invece, sfrutta la transizione e la mancanza di un corpo al centro dell’area per battere il difensore e finire con una schiacciata (più “and 1”).

Queste clip non mostrano nulla di elaborato dal punto di vista tecnico, ma sono solo alcuni esempi di come Ingram sia diventato un giocatore molto più aggressivo da un anno all’altro. Le sue cifre in isolamento sono pressoché identiche tra primo e secondo anno (14% di frequenza di utilizzo, e solo 0.78 punti per possesso, 33° percentile della Lega). Ciò che fa la differenza è la percentuale di tiri liberi conquistati in isolamento, passati dal 10% al 15%. Sono quasi 11 le penetrazioni tentate a partita (25° in NBA) con 5.8 punti di media, 16° nella Lega: numeri di gran lunga superiori ai 5 drive scarsi e ai 2.5 punti di media in questa situazione conquistati nel suo anno da rookie.

Questo un esempio di come il “primo” Ingram attaccava il ferro. Contropiede e tentativo di layup molto poco cattivo, che finisce negli highlights di Marquis Chriss. Ingram non tenta nemmeno di concludere in acrobazia proteggendosi col ferro per evitare la stoppata: oggi sarebbe una schiacciata facile per lui.

Il tiro da tre è invece molto migliorato da un anno all’altro, anche se all’aumento delle percentuali di realizzazione (dal 29.4% al 39%) è corrisposto un calo dei tentativi (da 2.4 a partita nell’anno da rookie a 1.8 nella scorsa stagione). Se quelli dal palleggio sono una soluzione quasi completamente inesplorata, nei tiri spot-up la situazione è più incoraggiante. Si tratta di una tipologia di tiro che Ingram ha tentato solo nel 12% dei suoi possessi offensivi, segnando comunque 1.09 punti per possesso (nel 75° percentile NBA). Con l’arrivo di LeBron, catalizzatore di attenzioni come pochi nonché passatore eccellente, Ingram potrebbe avere anche più opportunità e più spazio di tiro.

Una parte del gioco dell’ex Duke che ha iniziato a sviluppare e che potrebbe costituire un’arma importante del suo arsenale offensivo sono i passaggi e le letture offensive. Non lo si può certamente definire un passatore creativo: molte volte il numero 14 tenta l’entrata per poi scaricare sul perimetro se l’area è intasata, oppure semplicemente chiama il blocco e aspetta che la difesa cambi sul suo partner per dargli il pallone spalle a canestro e lasciare che il vantaggio di stazza si concretizzi. Ciò nonostante coach Walton lo ha spesso impiegato fin dall’inizio dell’azione e lui ha dimostrato di avere buoni istinti anche in situazione di pick and roll.

Qui serve benissimo Randle con un passaggio schiacciato a terra nella tasca (la parte di campo delimitata dai difensori dei Sixers sul blocco).

In quest’altra situazione, invece, parte in palleggio sulla linea di fondo, cosa che fa abbastanza frequentemente, punendo la difesa e trovando KCP a centro area.

I due giocatori con cui Ingram ha dialogato di più nella scorsa stagione sono stati Randle (che ha ricevuto il 17.5% dei passaggi di Ingram) e Brook Lopez (16.4), entrambi partiti in free agency. Poco male, visto che al loro posto sono arrivati LeBron e JaVale McGee. Il secondo, in particolare, potrebbe essere un partner ideale con cui sviluppare l’intesa sui pick and roll, mentre con la partnership con LeBron potrebbe essere fruttuosa per entrambi, a maggior ragione visto che l’ex Cavs ha dichiarato di voler giocare meno con il pallone in mano.

Una situazione in cui potremmo vederli all’opera, al di là dei semplici tagli, potrebbe essere proprio questa, usata frequentemente dai Lakers lo scorso anno.

Questa sorta di dai e vai con alley-oop di Ingram riesce molto facile da immaginare anche con James al posto dell’attuale giocatore dei Pelicans a servire il numero 14.

Una situazione in cui invece Ingram potrebbe rendersi più attivo ed efficace sono i tagli. Lo scorso anno solo il 6% scarso del suo gioco comprendeva questi movimenti, che producevano 1.27 punti per possesso (nel 51° percentile NBA). Anche qui, l’aggiunta di un giocatore dell’intelligenza di LeBron (insieme alla crescita di Lonzo, il cui rapporto età-comprensione del gioco è elevatissimo) dovrebbe agevolare il nostro a diventare un giocatore ancora più completo offensivamente.

Materiale grezzo

Passando all’altro lato del campo, il gioco di Ingram denota luci e ombre evidenti in parti uguali. Pregi e difetti del gioco di Ingram in difesa sono da collegare al suo fisico estremamente filiforme: il sito della NBA lo misura a 86 chili a fronte di 206 centimetri di altezza, ed è chiaro che Ingram pare destinato ad essere uno di quei giocatori “alla Durant” che, per quanto tempo passino in sala pesi, difficilmente diventeranno mai “grossi” nel vero senso della parola.

Il problema dell’assorbire i contatti è sicuramente più evidente. Abbiamo visto sopra come, almeno nella metà campo offensiva, il progresso da un anno all’altro sia stato evidente. In quella difensiva, invece, c’è ancora da fare. Tutto ciò, Ingram lo paga molto soprattutto sui blocchi, dove ha ancora la tendenza a “schiantarsi”, costringendo la difesa ad adattarsi, come nel caso qui sotto:

Il blocco lontano dalla palla di Carroll gli fa perdere contatto con Joe Harris che taglia a canestro subendo fallo e mancando di poco il gioco da tre punti: Ingram sa di avere sbagliato e – come si vede sullo sfondo – si scusa coi compagni.

Anche nella metà campo offensiva peraltro questo problema non è stato ancora risolto, come vediamo qui:

Il numero 14 si trova accoppiato con Jarrett Jack dopo un mismatch spalle a canestro. Il vantaggio di altezza è talmente a favore del Laker che tirargli in testa sembrerebbe la scelta più ovvia. Ingram invece lo sfida in palleggio, con Jack che una tantum decide di difendere: il veterano ci mette il fisico, con Ingram che rimbalza via finendo per accontentarsi di un jumper anche adeguatamente contestato.

Il ragazzo da Kinston, North Carolina, ha anche un problema abbastanza evidente nel difendere le partenze in palleggio, non solo dei pari ruolo ma anche, se non soprattutto, delle guardie.

Se farsi scappare Spencer Dinwiddie può essere comprensibile…

…farsi bruciare da Demarre Carroll lo è molto meno. Qui l’ex Raptors coglie Ingram alto sulle gambe, e non prova nemmeno a mettersi davanti al giocatore dei Nets, che conclude con successo al ferro.

Se la comprensione del gioco in difesa e il fisico non ancora del tutto formato non lo aiutano, certamente la lunghezza kilometrica delle sue braccia sì. Spesso sono state proprio loro a toglierlo di impaccio da situazioni scomode, rigirandole a proprio favore. Ecco un paio di esempi.

Qui ancora trova difficoltà nel passare oltre il blocco, rimanendo leggermente indietro all’azione. Un giocatore normale avrebbe guardato DeRozan appoggiare a canestro, ma lui sfrutta la lunghezza delle sue braccia per contrastarlo.

Qua contro Philly addirittura aiuta su Redick dopo che l’ex Magic aveva fatto saltare KCP con una finta. Anche qui, le sue braccia lunghissime gli permettono di coprire distanze proibitive per altri giocatori, di stoppare Redick e di far ripartire il contropiede.

Dopo il suo anno da rookie già si parlava (senza cognizione di causa, peraltro) di bust, di scelta sprecata, di un giocatore dal potenziale fin troppo grezzo per essere sviluppato. Con l’arrivo nella dirigenza di Magic e di Pelinka, Ingram è stato dichiarato incedibile e il suo anno da sophomore ha dato svariati indizi sul perché di questa scelta. LeBron ha già detto che siamo di fronte ad un giocatore speciale. Lui, che di talento fuori dalla norma se ne intende, se n’è già accorto. È questione di tempo perché se ne accorga la NBA intera e il suo pubblico.