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NBA, risultati della notte: i Lakers passano a Portland, super Embiid per Phila, vincono Denver e Houston

NBA

Guidati da LeBron James e Rajon Rondo i Lakers spezzano la maledizione Blazers e vincono in Oregon dopo 16 ko consecutivi. Embiid segna 32 dei suoi 39 punti nel primo tempo, dominando per l'ennesima volta Andre Drummond. Torna Harden, Houston vince

TUTTI GLI HIGHLIGHTS DELLA NOTTE

OLADIPO METTE IL CANESTRO DECISIVO NELLA VITTORIA DI INDIANA SU BOSTON

QUARTO SUCCESSO IN FILA PER SAN ANTONIO, 14 PUNTI DI BELINELLI

Portland Trail Blazers-Los Angeles Lakers 110-114

Per i Los Angeles Lakers oramai quella dei Blazers aveva assunto i contorni di una maledizione: nelle ultime 16 partite i gialloviola non erano mai riusciti a batterli, la seconda striscia più lunga della loro storia dopo le 22 contro i Boston Celtics. Alla 17esima occasione, però, la maledizione è stata spezzata: grazie ai 28 punti, 5 rimbalzi e 7 assist di LeBron James, i Lakers hanno raccolto un successo molto importante su un campo difficile come quello dei Blazers, anche se ovviamente — trattandosi pur sempre di Hollywood — non è arrivato in maniera normale. Come successo contro Dallas nella notte di Halloween, James e soci hanno dovuto sopravvivere a un ultimo periodo di sofferenza, rischiando di sprecare un vantaggio che a 9:44 dalla fine aveva toccato le 20 lunghezze, grazie soprattuto a un parziale da 16-0 nel terzo quarto. Sembrava ormai fatta, ma un contro-parziale da 22-8 propiziato dai 30 punti a testa di Lillard e McCollum ha rimesso in discussione la sfida, costringendo James agli straordinari. Un paio di canestri del Re e diverse giocate di energia di JaVale McGee hanno tenuto a bada i Blazers, condannati da una terribile serata al tiro dalla lunga distanza (6/35, 17%). Il 38% degli ospiti ha finito per fare la differenza in una serata in cui la panchina guidata da Rajon Rondo (17 punti, 10 rimbalzi, 6 assist e +28 di plus-minus) ha dato una grossa mano, permettendo a James di conquistare una delle vittorie più “strane” della sua carriera: in 16 anni di NBA non gli era mai successo di vincere una partita pur con -22 di plus-minus, registrando al massimo un -11 in un successo della sua squadra.

Philadelphia 76ers-Detroit Pistons 109-99

Si scrive Philadelphia-Detroit, ma oramai si potrebbe leggere come Embiid vs Drummond. L’ennesimo capitolo della rivalità tra i due lunghi, che ormai risale all’anno scorso, non ha lasciato alcun dubbio su chi sia il migliore tra i due in questo momento: il centro camerunense dei Sixers ha segnato 32 dei suoi 39 punti in un primo tempo stellare, chiudendo la sfida con 17 rimbalzi, 10/18 dal campo e 18/23 ai liberi, tormentando il numero 0 dei Pistons e costringendolo a convivere con i problemi di falli per tutta la gara, tenendolo a 8 punti e 9 rimbalzi in 21 minuti quando la partita era ormai ampiamente finita. Sia Drummond che la sua riserva Zaza Pachulia, però, si sono lamentati dell’arbitraggio a loro dire troppo rigido nei confronti del 21 dei Sixers: “È come se dovessi giocare con le mani legate dietro la schiena: non si può toccare nessuno” ha commentato un frustrato Drummond, che nel post-gara ha dovuto subire anche le prese in giro sui social di Embiid. Una volta messo fuori causa il centro titolare, i Pistons sono scivolati fino al -24 nel corso del primo tempo, ma sono riusciti a riportarsi a 5 punti di distanza cavalcando i 38 punti e 13 rimbalzi di un ispirato Blake Griffin. Un altro canestro di Embiid e una tripla di J.J. Redick (16 punti uscendo dalla panchina, il migliore insieme ai 14 di Mike Muscala) hanno però rimesso a posto le cose, permettendo ai Sixers di accendere lo smartphone e ridere delle trovate sui social del loro All-Star col numero 21.

Chicago Bulls-Houston Rockets 88-96

Seconda vittoria consecutive per i Rockets, che oltre al successo ritrovano anche il loro faro James Harden. L’MVP in carica ha cominciato con le marce basse, segnando il suo primo canestro solo verso la fine del secondo quarto, ma ha lasciato il segno con un parziale personale di 11-0 nel terzo quarto che ha spezzato in due la partita nel giro di 1 minuto e 59 secondi. “Era da un po’ che non giocavo una partita completa, con i contatti e tutto il resto” ha commentato il Barba dopo una gara da 25 punti e 7 assist. “Non è andata così male. Troppe palle perse [otto, ndr], ma una volta che ritrovo il ritmo torneranno alla normalità”. Di sicuro ne saranno contenti i suoi compagni, da Carmelo Anthony (17 punti) a James Ennis (15 in 17), dovendo anche fare a meno all’improvviso di Eric Gordon fermato da uno strappo all’adduttore. Per i Bulls, condannati da un terzo quarto da soli 7 punti segnati, ci sono i 21 punti di Zach LaVine e la doppia doppia da 14+13 di Wendell Carter Jr., senza riuscire a tornare sotto i cinque punti di distanza nell’ultima frazione nonostante un parziale di 12-2. Abbiamo avuto un brutto quarto, e purtroppo per noi è stato il terzo” ha commentato coach Hoiberg, arrivato alla quarta sconfitta consecutiva in casa.

Denver Nuggets-Utah Jazz 103-88

La forza di una squadra in regular season si misura anche dalla profondità della panchina, e i Denver Nuggets quest’anno sembrano trovare risorse un po’ ovunque. A marchiare a fuoco la rimonta ai danni degli Utah Jazz ci sono le triple decisive di due riserve come Malik Beasley e Mason Plumlee (al primo tiro segnato in carriera dall’arco), protagonisti in un ultimo quarto da 35-15 con un parziale da 18-0. Ovviamente anche i titolari hanno dato una grossa mano a confezionare la quarta vittoria in fila dei Nuggets, con 20 punti per Gary Harris, 19 per Jamal Murray e la doppia doppia senza punti di Nikola Jokic (10 rimbalzi e 16 assist), tenendo ancora una volta gli avversari sotto i 100 punti segnati – una rarità per una squadra che lo scorso anno aveva il proprio tallone d’Achille proprio nella metà campo difensiva. Ai Jazz, giunti alla terza sconfitta in fila, si aggiunge la beffa dell’infortunio di Donovan Mitchell, che ha lasciato il campo per una distorsione alla caviglia sinistra nel corso dell’ultimo quarto, pur finendo la partita in campo stringendo i denti. I suoi 16 punti e i 21 di Jae Crowder non sono serviti a impedire una sconfitta che li ha visti scivolare fuori dalle prime otto a Ovest.

Atlanta Hawks-Miami Heat 123-118

Vince Carter sceglie di cedere il proprio posto in quintetto al rookie Omari Spellman ma poi è in campo quando conta ed è proprio un suo jumper su assist di Trae Young a spezzare l’equilibrio sul 118-118 e dare agli Hawks la prima vittoria dopo quattro ko consecutivi. Il veteranissimo di Atlanta chiude con 12 punti ma il protagonista della notte è il rookie Young, che mette a referto 24 punti ma soprattutto 15 assist, suo massimo in carriera (oltre a 6 rimbalzi). I padroni di casa partono forte, segnano 41 punti nel primo quarto e poi con un break di 12-0 nel terzo quarto si guadagnano il loro massimo vantaggio, +15 sull’86-71. Josh Richardson però guida la rimonta degli Heat e i suoi 32 punti finali (nuovo massimo in carriera) trascinano Miami perfino sul +1, sul 111-110. Negli ultimi tre minuti di gara la squadra di coach Spoelstra (senza Goran Dragic, fermato da un problema al piede) non segna più neppure un punto e subisce così la terza sconfitta consecutiva, concedendo in ogni ko almeno 120 punti agli avversari, nonostante un Justise Winslow quasi in tripla doppia alla sua prima partenza stagionale in quintetto (15 punti, 10 rimbalzi, 8 assist per lui).

Charlotte Hornets-Cleveland Cavaliers 126-94

Con Michael Jordan a guardare la sua squadra da bordocampo, gli Hornets spaccano la partita in due nel terzo quarto con un parziale di 26-11 tramutando il vantaggio di +7 dell’intervallo in un comodo margine di 20 punti. Se Jeremy Lamb (al massimo stagionale con 19 punti, cui aggiunge 8 rimbalzi) e Kemba Walker (18) sono i protagonisti principali del successo, ancora una volta coach Borrego trova dalla sua panchina (la seconda più prolifica di tutta la NBA) un grande contributo, con ben 5 giocatori in doppia cifra guidati dai 16 di Malik Monk e dai 12 a testa di Miles Bridges e Tony Parker. Schiacciante il dominio a rimbalzo dei padroni di casa (49-28) che lasciano poco scampo ai disastrati e disastrosi Cavs, all’ottavo ko in nove gare: l’unico titolare in doppia cifra è Sam Dekker a quota 11, ne mette 14 dalla panchina il ribelle J.R. Smith.