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NBA, Joel Embiid domina in campo e anche a parole: "Se cadi nella mia provocazione, sei finito"

NBA

Secondo miglior realizzatore, settimo per rimbalzi e primo per liberi conquistati: Joel Embiid vuole diventare l'MVP della Lega e per riuscirci non ha bisogno di farsi nuovi amici sul parquet

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Joel Embiid quest’anno ha deciso di fare le cose sul serio. Il miglior realizzatore della notte NBA, secondo in stagione dietro Steph Curry con 28.8 punti di media, sta dominando sul parquet contro qualsiasi tipo di avversario, continuando come suo solito a farlo notare. “Li ho presi a calci nel sedere”, urlava nello spogliatoio dopo il secondo incrocio stagionale contro i Pistons di Drummond e Pachulia; vittime come molti altri della forza trascinante del camerunense: “Voglio dominare: è molto divertente provarci – racconta in un’intervista a The Athletic - Sin dal giorno in cui ho iniziato a giocare in NBA, ho notato che un sacco di giocatori di squadre diverse sono amici tra di loro. È una bella cosa essere in buoni rapporti, specialmente fuori dal campo. Ma sul parquet, voglio dominare. Non mi preoccupo di stringere amicizie durante i 48 minuti: mi tengo quelli che ho, sto vicino alla mia famiglia. Non ho bisogno di altro o di fare nuove amicizie sul parquet”. Lo strapotere comunicativo di Embiid sta tutto in questo: raccontare pubblicamente ciò che altri pensano nel privato lo rende vero agli occhi di ascolta, anche se alle volte tende a diventare un po’ la caricatura di sé stesso. In un mondo intriso di perbenismo però, il n°21 dei Sixers non ha paura ad andare controcorrente: “Non capisco perché ci si lamenta di questo: prima dicono che la Lega sta diventando soft, poi arriva qualcuno che prova a dominare e ti ritrovi odiato perché parli troppo e provochi più del dovuto”. Un controsenso che continua dare spessore al suo personaggio, spesso decisivo nel condizionare l’atteggiamento degli avversari: “Sono molto competitivo, voglio vincere e il mio modo di affrontare gli altri mi da la carica. So che quando scendo in campo i miei avversari vogliono farmela pagare e questo mi esalta: è un gioco mentale e gli altri spesso ci cascano. Se prendono sul serio le mie provocazioni, sono fregati”.

La capacità di conquistare tiri liberi: "Sono il James Harden dei lunghi"

Domanda: qual è il giocatore NBA che attira su di sé il maggior numero di falli e tenta più liberi? Sì, Joel Embiid (10.5 tiri a cronometro fermo a partita), il primo lungo a riuscire a dominare questa classifica negli ultimi anni. L’ultimo fu Dwight Howard nel 2011/12, ma per ragioni evidentemente diverse: l’allora centro dei Magic infatti aveva difficoltà nel convertire i tentativi dalla lunetta e fermarlo fallosamente diventava un’arma a proprio favore. Embiid invece viaggia con oltre l’80% ai liberi e proprio contro Howard ha visto quanto la sua tecnica di provocazione possa fare presa sugli avversari. “Contro Howard in una partita dello scorso anno ho preso tre falli consecutivi – racconta sorridendo – sfruttando il suo braccio allargato. Lo fronteggiavo, lui lasciava lì la mano e io provando il tiro battevo contro le sue mani. Alla quarta volta non aveva ancora imparato la lezione e così l’ho rifatto un’altra volta, poi l’ho guardato pensando: ‘Ma sei stupido o cosa?’. L’ho sottolineato un sacco di volte: sono il James Harden dei lunghi, so come portare a casa più falli possibile”. Howard è soltanto l’ultimo centro di una lunga lista che comprende Drummond, Whiteside e molti altri. Non tutti però ne disprezzano atteggiamento e capacità: “Lo rispetto perché non guarda al risultato – commenta Draymond Green - continua a lottare, parlare e credere di farcela tutto il tempo. Non è il tipo che inizia a offendere quando è sopra di 20 punti, lo fa per tutto il match”.

Embiid, nessuno come lui in questo avvio in NBA

La frase più ricorrente quando si parla di Embiid, quella ripetuta da compagni e avversari è: “Nessun altro lo fa in NBA”, riferita sia a ciò che accade sui social network (“Non li uso tanto, meno di tanti altri. È che mi diverto e la gente rilancia spesso quello che dico”) che in campo. Quest’anno infatti sembra aver fatto un ulteriore passo in avanti - ha da poco scollinato le 100 partite NBA in carriera, una cosa più che normale. Al momento può vantare ben otto partite da almeno 30 punti e dieci rimbalzi in stagione, più di quelle raccolte da Giannis Antetokounmpo e Anthony Davis messi assieme (sei in totale). Una forza della natura sul parquet, per 35 minuti di media e con i problemi fisici che appaiono come un lontano ricordo: “Non abbiamo ancora dimostrato di essere in grado di vincere come fatto nella passata stagione, ma stiamo migliorando. Sento di poter aiutare questa squadra, qualunque cosa succeda in campo”. Difficile dargli torto al momento, mentre i Sixers stanno provando a crescere attorno a lui: “Lo scorso anno pensavo di essere uno dei miglior giocatori della Lega; adesso, dopo questo avvio, potrei tranquillamente essere tra i primi quattro o cinque, oltre a ricoprire il ruolo come miglior lungo della NBA. Non perdo troppo tempo a fare classifiche: mi preoccupo di vincere le partite, di portare la mia squadra alle Finals e di affermarmi come il miglior giocatore della NBA. Sento di essere molto vicino al traguardo”.