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Ettore Messina ammette: "Deluso dalla mancata panchina in estate”

NBA

"Normale quando ci arrivi così vicino - dice - ma poi si va avanti: se accadrà bene, altrimenti bene lo stesso". Intanto si concentra sui nuovi Spurs, senza più Manu Ginobili ma con il ritorno di Marco Belinelli. "Abbiamo bisogno come il pane di una grande stagione di DeRozan e Aldridge"

ALDRIDGE PROTAGONISTA, AI SAN ANTONIO SPURS IL DERBY TEXANO CON HOUSTON

ETTORE MESSINA RACCONTA L'ESTATE DEGLI SPURS

Una stagione diversa dalle altre, la prima senza più nessuno tra Tim Duncan, Manu Ginobili e Tony Parker. Una stagione che forse per la prima volta non vede i San Antonio Spurs tra le favorite della Western Conference. Abbiamo chiesto a Ettore Messina come si vive un’annata del genere all’ombra dell’Alamo. “È una stagione – commenta il vice allenatore di San Antonio – soprattutto alla luce dell’infortunio di Dejounte Murray: senza di lui perdiamo il nostro playmaker titolare oltre che il nostro miglior difensore, sia sulla palla che in aiuto. Siamo una squadra che può far canestro più facilmente dell’anno scorso, con più tiratori e più versatilità, ma la vera sfida è in difesa, dove non siamo al livello a cui gli Spurs sono sempre stati in passato”. Per Messina – più ancora che per qualsiasi altro membro della franchigia – l’addio più duro da superare è probabilmente quello di Manu Ginobili, da lui allenato anche in Italia, prima ancora che oltreoceano. Un addio atteso, quello dell’argentino? “Era difficile dirlo, ma man mano che passavano le settimane e non arrivava una sua decisione mi sono reso conto che la probabilità del suo ritiro fosse molto più vicina. Credo abbia scelto il momento adatto, aveva giocato delle gran partite anche durante l’ultima stagione e ci aveva aiutato tantissimo, probabilmente ha voluto lasciare – in una versione degli Spurs senza più non solo Tim Duncan ma anche Parker – da giocatore ancora competitivo, senza dover aspettare il momento in cui il suo corpo non gli avrebbe più permesso di giocare al livello che chiedeva”. Un Ginobili in meno, un Marco Belinelli in più, richiamato in Texas dopo i trionfi del 2014. “Marco ci dà tiro da fuori e tanto gioco senza palla – tagli, passaggi consegnati, uscite dai blocchi, movimenti profondi in backdoor. Col passare degli anni è migliorato anche difensivamente: non sarà mai un mastino, ma oggi è in grado di darci una mano anche dietro, perché sa come stare in campo. Certamente le sue qualità offensive e quelle umane, all’interno dello spogliatoio, sono le ragioni per cui R.C. Buford e Popovich lo hanno voluto nuovamente in squadra”. E proprio da Popovich bisogna passare per tastare il polso di questi nuovi Spurs. “L’umore di Gregg Popovich è ovviamente determinante, decisivo – ma in questo senso lui mi sembra motivato e interessato ad allenare un gruppo diverso, più giovane e versatile. Per lui è un anno di grandi sfide, con anche l’impegno di Team USA: è attento, molto preciso nel suo ruolo di insegnante, ma ovviamente ancora impegnato a superare un lutto importante come quello che lo ha colpito lo scorso anno. Io però lo vedo bene, carico e questo condiziona in maniera positiva tutto lo staff”. 

"DeRozan? In uno contro uno non lo si può fermare"

Gli Spurs 2018-19 sono nelle mani dei loro due All-Star, uno già di casa in Texas, l’altro arrivato in estate nello scambio che ha visto gli Spurs rassegnarsi a dire addio a Kawhi Leonard. Su DeMar DeRozan Messina spende parole importanti: “Il tiro da tre punti non è la sua arma migliore ma in uno contro uno ha dimostrato di essere quasi impossibile da fermare, trovando tiri sia da 4-5 metri che attaccando il ferro. Quello che ci ha impressionato di più è la sua capacità di passare la palla quando la rotazione gli va incontro. Difensivamente sa di avere ampi margini di miglioramenti ma mi sembra molto determinato e soprattutto desideroso di affermarsi anche nella Western Conference. Sono convinto farà una grande stagione”. Obiettivo nel mirino anche di LaMarcus Aldridge: “Di una grande stagione di LaMarcus – e anche di DeMar DeRozan – ne abbiamo bisogno come il pane. Se vogliamo sperare di centrare i playoff abbiamo bisogno che loro due si confermino i giocatori che sono e che sono sempre stati per tanti anni, e che il gruppo riesca a seguirli. Lo ripeto: la perdita di Dejounte Murray è stata una botta non indifferente, così come e quella temporanea a inizio stagione di Derrick White”. “Centrare i playoff”: l’obiettivo stagionale è quello, quasi obbligatorio se ti chiami San Antonio Spurs ma allo stesso tempo anche per nulla scontato in una Western Conference davvero impressionante per numero di squadre con potenziale e ambizioni. “Vedo Golden State e Houston, ma anche Utah e Denver, come il quartetto di squadre più sicure di fare i playoff – dice Messina, in un suo personalissimo ranking – ma alle loro spalle c’è un equilibrio incredibile e trovare le squadre che resteranno fuori sarà davvero difficile. Ci vuole solidità fin dall’inizio della stagione, non bisogna perdere terreno perché poi non c’è tempo per recuperarlo”. Di tempo l’assistant coach dei nero-argento deve aspettarne ancora per recitare da capo allenatore su una panchina NBA, dopo un’estate che lo ha visto davvero a un passo dall’assunzione tanto a Milwaukee che a Toronto (finalista ma uscito sconfitto dalla corsa con Mike Budneholzer e Nick Nurse). Messina la butta sul ridere (“Sono come la bella Cecilia, “tutti la vogliono, nessuno la piglia”, dice sorridendo), ma poi ammette: “Un po’ di delusione quest’estate c’è stata, perché se arrivi così vicino a diventare capo allenatore in un mondo come quello NBA, in uno degli sport più seguiti al mondo, e poi l’opportunità non si concretizza, è ovvio che dispiaccia. Ma ci vuole poco poi a rendersi conto di essere già fortunati a lavorare in un’organizzazione come quella degli Spurs, al fianco di un uomo come Gregg Popovich, per cui si guarda avanti con fiducia. Se accadrà, accadrà. E se non accadrà va bene lo stesso”. 

[Intervista di Zeno Pisani  | Video di Sheyla Ornelas]