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NBA, la gara assurda di Donovan Mitchell: 35 tiri e 0 assist. "Non può succedere, io non gioco così"

NBA

Nella sconfitta contro i Sixers la guardia degli Utah Jazz ha chiuso con un tabellino che non si vedeva da quattro anni e mezzo: 35 tiri tentati e neanche un assist per i compagni. Dopo la gara si è preso la responsabilità di quanto successo: "Non è quello che sono, devo essere più intelligente"

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Si dice spesso che il secondo album sia il più difficile nella carriera di un’artista. Di sicuro lo sta provando sulla sua pelle Donovan Mitchell, che dopo una stagione da rookie scintillante sta trovando più difficoltà del previsto in questo secondo anno di NBA. Complici anche le difficoltà della squadra, che dopo la sconfitta di stanotte è scivolata a un record di 7 vittorie e 8 sconfitte, Mitchell sta deludendo innanzitutto se stesso in questo primo scorcio di stagione: le medie personali sono anche buone (21.2 punti di media contro i 20.5 dello scorso anno, con palle recuperate e assist leggermente in salita e palle perse e rimbalzi leggermente in discesa), ma sono le percentuali a preoccupare. Il 41% scarso dal campo e, soprattutto, il 27.6% da tre di questo inizio di stagione stanno avendo un brutto effetto su Mitchell, che sta cercando di tirarsi fuori dalle secche offensive… tirando ancora di più.

Le conclusioni a partita sono salite di ben due tentativi a gara (da 17.2 a 19.2) e questa notte contro Philadelphia hanno raggiunto un punto di non ritorno. Contro i Sixers dell’“odiato” Ben Simmons Mitchell ha tentato 35 tiri senza distribuire neanche un assist per i compagni, una linea statistica che in NBA non si vedeva dal 2014, ovverosia dal massimo in carriera da 62 punti di Carmelo Anthony con la maglia dei New York Knicks. Per trovarne una ancora precedente bisogna risalire al 1998, quando a realizzarla fu Antoine Walker con la maglia dei Boston Celtics (37 punti in una sconfitta contro Washington), con un Patrick Ewing del 1992 e un Mike Mitchell nel 1980. Bisogna risalire invece addirittura al 1969 per trovare una prestazione da 35 tiri e zero assist con meno di 31 punti segnati, quando a “riuscirci” fu Elvin Hayes con i San Diego Rockets.

A Mitchell sarebbe piaciuto non entrare da questa parte della storia, criticando apertamente il suo tabellino finale: "Ho preso 35 tiri. Non può succedere. Zero assist. Non è quello che sono. Non è il mio modo di giocare. So che sono ancora aggressivo, ma devo essere più intelligente" ha detto la guardia dei Jazz sulla sua prestazione da 31 punti con 13/35 dal campo e 1/11 dalla lunga distanza. "Mi aspetto la perfezione da me stesso: non posso avere una partita del genere. So che i miei compagni saranno sempre al mio fianco, così come il mio allenatore. È quello che mi tiene in piedi, perché tendo ad essere molto duro con me stesso. Ma riuscirò a tirarmi fuori da questa situazione continuando a tirare, rimanendo concentrato su quello che bisogna fare".

Il supporto dei compagni: "Continui a giocare come sa"

Dopo la partita, tutti i Jazz si sono affrettati a difendere il modo di giocare del loro numero 45. "Abbiamo bisogno che sia aggressivo" ha detto Joe Ingles, che ha ricevuto da Mitchell un pallone per il possibile sorpasso a 42 secondi dalla fine, sbagliando però il tiro (e lasciando il compagno a zero assist). “Glielo ho anche detto durante un timeout: se si sente in ritmo con il tiro ed è una buona conclusione all’interno del nostro attacco, lui deve tirare. Che sia 1/20 o 20/20 non ci interessa: è la nostra prima opzione offensiva, essere aggressivo è quello che fa. Non deve pensarci troppo, non c’è bisogno che si prenda le colpe per la sconfitta. L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno è che si preoccupi di quello". Opinione condivisa anche dall’altro giocatore franchigia dei Jazz, Rudy Gobert: "La sua forza principale è arrivare al ferro e creare. Ha bisogno di imparare a prendere la decisione giusta al momento giusto. Non è facile: la NBA è una lega difficile. Sta ancora imparando".

Forse il problema è proprio quello: Mitchell ha strabiliato tutti nel suo primo anno, probabilmente nascondendo un po’ dei limiti che si potevano solo intravedere sotto la montagna di cose eccellenti fatte vedere nella scorsa stagione per i Jazz. Coach Snyder, però, non ha intenzione di cambiare il modo in cui viene sfruttato il suo numero 45, l’unico creatore di vantaggi presente nel roster: "Sappiamo che nel suo cuore vuole sempre fare la giocata giusta ed essere altruista. La cosa più importante è che continui ad attaccare: se non lo fa, non si mette in situazioni in cui può imparare e migliorare. Solo con il tempo e l’esperienza si diventa più efficienti. Non è una cosa che accade da un giorno all’altro". D’altronde in uscita dal college il prodotto di Louisville era conosciuto per essere un difensore tenace con un buon tiro, non come una superstar offensiva dal primissimo giorno: la curva di apprendimento è ancora lunga, e questo inizio di stagione lo sta dimostrando anche a Donovan Mitchell.