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NBA, risultati della notte: cadono Warriors e Celtics, ko anche LeBron James a Orlando

NBA

Golden State cade a Dallas sotto i colpi di Luka Doncic, autore di 24 punti. Utah batte Boston con 28 di Donovan Mitchell, non bastano i 22 di "King" James a salvare L.A. a Orlando. Vincono Houston e New Orleans, trascinata da altri 40 punti di Anthony Davis

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TUTTI GLI HIGHLIGHTS DELLA NOTTE

Orlando Magic-Los Angeles Lakers 130-117

“Bisogna dare credito a questo gruppo di ragazzi: hanno continuato a combattere sul parquet nonostante la partita sembrasse compromessa”. LeBron James commenta così il ko dei suoi Lakers a Orlando, una battuta d’arresto che interrompe la striscia di quattro vittoria consecutive, arrivata al termine di una partita da 22 punti e sette assist in soli 26 minuti giocati (miglior realizzatore degli ospiti). LeBron infatti resta in panchina per tutto il quarto periodo, quando coach Walton prova a recuperare in extremis una partita compromessa affidandosi a un quintetto leggero che riporta in corsa i Lakers, tornati dal -21 al -10 quando sul cronometro restavano ancora quattro minuti a disposizione. A risultate pesante – e indigesto – agli ospiti però è Nikola Vucevic, il vero protagonista della sfida, autore di 36 punti (suo massimo in stagione) di cui otto arrivati nel momento cruciale del match, per ricacciare definitivamente indietro i giallo-viola. “Abbiamo tanti giocatori decisivi, ma in questo caso sapevo di avere un vantaggio sul difensore e ho scelto di approfittarne”, sottolinea il lungo montenegrino (e grande tifoso della Juventus) che chiude avendo messo a referto un convincente 15/23 dal campo, a cui si aggiungono i 22 punti e sette assist di D.J. Augustin e i 15 punti di Evan Fournier. “Se i nostri avversari scelgono il quintetto piccolo, non sono poi in grado di tenere testa a Nikola. In uno contro uno è letale”. Orlando nel frattempo si gode il settimo posto a Est dopo un mese di regular season: un lusso che i Magic non si concedevano da qualche stagione.

Dallas Mavericks-Golden State Warriors 112-109

La seconda delle tre tappe previste dal cosiddetto Texas-swing – il giro di tre trasferte consecutive dei Golden State Warriors in Texas – dà ai campioni in carica un’altra sconfitta dopo quella già incassata a Houston (in attesa di chiudere a San Antonio in back-to-back). Senza Steph Curry (possibile un suo rientro prima di fine mese) e Draymond Green (problema a un dito del piede destro, probabilmente fuori anche contro gli Spurs), la squadra di Steve Kerr si ritrova davanti anche di 8 punti nel secondo tempo ma non resiste alla rimonta dei Mavericks guidati da un ottimo Luka Doncic, autore a fine serata di 24 punti e del canestro decisivo a 70 secondi dalla fine che – insieme a due liberi a 7 secondi dalla sirena – suggellano il successo dei suoi. Per lo sloveno ci sono anche 9 rimbalzi e 4 assist con 9/20 al tiro, mentre contribuisce con 23 anche un ex importante della serata come Harrison Barnes, che ci aggiunge anche 8 rimbalzi. DeAndre Jordan sigla la sua consueta doppia doppia (13+10) così come 13 sono i punti prodotti da Dorian Finney-Smith e da J.J. Barea dalla panchina, uno in meno di quelli messi a referto da Dennis Smith Jr.. Golden State ha 32 punti da Kevin Durant, che però ne segna solo 3 con 1/7 al tiro nel quarto quarto e 22 per Klay Thompson ma i due All-Star in campo per coach Kerr sbagliano le tre conclusioni nel finale che avrebbero potuto dare un altro esito alla gara. Gli Warriors si consolano con i 15 punti di Quinn Cook (la riserva di Curry) e i 13 di Damian Lee (quella di Green), che mettendone 11 già nel primo tempo eguaglia di fatto tutta la sua produzione offensiva della scorsa stagione (solo 24 minuti di gioco). Le buone prestazioni delle seconde linee non bastano però per evitare ai californiani quella che è solo la seconda sconfitta contro i Mavericks negli ultimi 19 incontri tra le due squadre. 

Boston Celtics-Utah Jazz 86-98

Criticato da molti dopo la pessima prestazione (nonostante i 31 punti) arrivata nella sconfitta contro Philadelphia, Donovan Mitchell e più in generale gli Utah Jazz hanno trovato il modo per rispondere ai a chi ne metteva in discussione la continuità: giocando una grande partita contro un avversario complicato in trasferta in back-to-back. Una vittoria pesantissima per Utah, arrivata grazie ai 28 punti con 21 tiri e sei assist di Mitchell: “Non ho avuto tempo di pensare a quanto successo a Philadelphia, non ho visto neanche i filmati di quella partita. Siamo dovuti venire qui a Boston e siamo scesi in campo a neanche 24 ore di distanza”. Già, proprio come i Celtics, reduci da una vittoria casalinga contro Toronto arrivata grazie ai 43 punti di Irving: Kyrie è lontano parente del giocatore visto ieri, nonostante i 20 punti e l’8/16 dal campo. Il parziale decisivo arriva nel terzo quarto: Boston tira 8/26 di squadra nella frazione, chiusa sul 27/17 per gli ospiti che si portano avanti e non guardano più indietro. I Celtics si fermano così a 86 punti segnati col 38% al tiro e il 15% dall’arco: complicato pensare di portare a casa un successo tirando così male.

New Orleans Pelicans-Denver Nuggets 125-115

Quando prepariamo gli articoli di racconto della notte, dividiamo un po’ le partite per cercare di mettere quante più storie possibile in evidenza: abbiamo la gara più importante che resta da sola in un pezzo, poi la sfida dei Clippers e/o degli Spurs con gli italiani verso i quali viene rivolta un’attenzione particolare e poi tutto il resto finisce in un listone che, in ordine di importanza, viene via via riempito. Una classifica insomma in cui LeBron sta sempre in testa e i Cavaliers sempre in fondo, per intenderci, nonostante fino a qualche tempo fa andassero a braccetto. Perché tutto questo preambolo? Perché il paradosso sta nel fatto che Anthony Davis ci abbia talmente tanto abituato bene da non meritare un titolo neanche in una serata da 40 punti, otto rimbalzi e otto assist, con tanto di successo contro Denver arrivato in back-to-back dopo una partita da 43 punti e 17 rimbalzi vinta in rimonta contro New York. Un doppio quarantello in 24 ore portato a casa a margine di una prestazione da 10 canestri e 20/21 a cronometro fermo. “In realtà non esiste un modo per marcarlo”, sottolinea Holiday, consapevole della fortuna di condividere il parquet con un campione del genere, diventato molto più “gestore” del pallone. Gli otto assist di Davis infatti pareggiano il suo massimo in carriera, ma in questa stagione sono già sette le partite con almeno sei passaggi vincenti a referto. “Ho capito che molte squadre mi studiano, conoscono le mie tendenze e io sto provando a cercare strade nuove, affidando il pallone ai miei compagni”. Una scelta che ha funzionato anche contro i Nuggets di un Nikola Jokic quasi in tripla doppia (25-10-8 assist); uno dei tre ventellisti in casa Denver, arrivati alla quinta sconfitta nelle ultime sei e in parte appannati dopo uno straordinario avvio di stagione.

Houston Rockets-Sacramento Kings 132-112

Se migliora l’attacco, le cose cominciano a funzionare anche per i Rockets, che continuano a vincere lasciandosi alle spalle un avvio claudicante e tutta la saga Carmelo Anthony. James Harden chiude con 34 punti e otto assist, alla guida di un attacco da 71 punti realizzati nel solo primo tempo, conditi da un terzo quarto da 38 che ha tagliato le gambe ai Kings. Quindici punti del Barba arrivano proprio nella frazione successiva all’intervallo, mentre Chris Paul ne aggiunge 24 con nove assist. “Stanotte abbiamo fatto un bel lavoro, nonostante le 22 palle perse: a livello di ritmo, di attacco e in difesa, la nostra gara è stata completa”, sottolinea Harden, felice di essersi ripreso un posto (almeno virtuale) nella griglia playoff dopo aver latitato nei bassifondi della Western Conference per quasi un mese. I Kings invece iniziano a perdere quota, nonostante i 23 punti di Buddy Hield e i 19 di De’Aaron Fox: troppo poco per impensierire una corazzata che ha ricominciato a correre.

Chicago Bulls-Toronto Raptors 83-122

I Toronto Raptors possono tranquillamente fare a meno di Kawhi Leonard per sbarazzarsi in casa di Chicago, ritornando a sorridere dopo tre sconfitte consecutive e godendosi una serata di totale relax. La difesa dei Bulls è friabile come sabbia, perforabile anche da attacchi molto meno attrezzati di quello dei Raptors: 27, 30, 32 e 33 punti segnati per quarto, con coach Nurse che si gode Fred VanVleet; uno dei cinque giocatori in doppia cifra. Dall’altra parte niente Zach LaVine, con Chicago che non riesce mai a essere realmente competitiva: per i Bulls la lotta si sta facendo sempre più spesso a ribasso.

Phoenix Suns-Oklahoma City Thunder 100-110

Anche senza Russell Westbrook gli Oklahoma City Thunder continuano a vincere, guidati dai 32 punti e 11 rimbalzi di Paul George a cui si aggiungono i 26 di Steven Adams; la decima vittoria di OKC nelle ultime 11 gare giocate e la sesta senza Westbrook a disposizione (assente per “ragioni personali”). Nonostante questo i Thunder sono rimasti in controllo della sfida per tutta la gara, avanti anche di 18 lunghezze contro un avversario che non va oltre i 23 punti di TJ Warren (sempre più spesso il miglior marcatore dei Suns), i 21 con nove rimbalzi di Deandre Ayton e i 16 con 12 assist di Devin Booker. Sotto canestro però i giovani di Phoenix sono andati sotto contro l’esperienza di Adams, decisivo anche nel parziale da 17-4 che ha aperto il secondo tempo e sopito tutte le speranze di rimonta dei Suns, nonostante i padroni di casa riescano a ritornare anche sul -6 grazie al tiro da tre punti. “Se non difendi sull’arco, rischi di farti male”, racconta coach Donovan. Questa volta è andata bene.

Indiana Pacers-Atlanta Hawks 97-89

I Pacers regalano la vittoria n°100 sulla loro panchina a coach Nate McMillan piazzando un parziale di 11-0 nel terzo quarto che affonda definitivamente gli Atlanta Hawks, condannandoli alla settima sconfitta consecutiva. Indiana vince la seconda gara di un back-to-back (dopo il successo su Miami) senza poter contare ancora una volta sul proprio leader, Victor Oladipo: limitato da problemi al ginocchio e tenuto a soli 8 punti contro gli Heat, resta in campo solo 4 minuti contro gli Hawks, prima di dover abbandonare. Si fanno avanti però Bojan Bogdanovic, top scorer di serata a quota 22 con 3/5 da tre, e si fa vedere anche il rookie Aaron Holiday, che segna 9 dei suoi 12 punti (tutti nel secondo tempo) nel quarto quarto. I Pacers hanno 12 punti anche da Darren Collison e 11 a testa da Thaddeus Young e Tyreke Evans, mentre il migliore per Atlanta (ancora senza Taurean Prince) è Jeremy Lin dalla panchina a quota 16.