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NBA, LeBron James torna a parlare dei Cavs: "Lo scambio di Kyrie Irving è stato l’inizio della fine"

NBA

A pochi giorni dal suo primo ritorno a Cleveland, LeBron James è tornato a parlare di come si è concluso il suo rapporto con i Cavs: "Lo scambio di Kyrie è stato l'inizio della fine, non è un segreto. Altman non era l'unico a decidere. Spero che il pubblico non si comporti come l'altra volta"

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Questa settimana LeBron James tornerà a Cleveland per la prima volta come membro dei Los Angeles Lakers. Quale occasione migliore, allora, per tornare a parlare della sua esperienza con la maglia dei Cavs e in particolare degli ultimi incredibili quattro anni, coincisi con quattro finali consecutive e una sequenza infinita di episodi? Uno di questi è stato di sicuro lo scambio di Kyrie Irving ai Boston Celtics, momento cardine attorno al quale è girata tutta la seconda fermata di James nel suo stato natio. "Tutti sanno che lo scambio di Kyrie è stato l’inizio della fine di tutto, non è un segreto" sono state le parole dette da King James a Joe Vardon di The Athletic, beat writer di riferimento a Cleveland dopo la diaspora seguita all’addio del Re.

Il giorno in cui Kyrie venne scambiato

Un addio cominciato un anno prima rispetto a quando si è realmente consumato, almeno leggendo tra le righe di quanto detto da James. Secondo quanto scritto nel pezzo, il 22 agosto del 2017 LeBron si trovava a Santa Monica, in California, per un evento di firma-maglie con uno sponsor: quel giorno venne raggiunto dal suo allenatore Tyronn Lue, che lo mise in contatto con il General Manager dei Cavs Koby Altman perché si stava consumando lo scambio di Irving. A più di un mese dalla richiesta di Kyrie di andarsene da Cleveland, Altman aveva trovato un’intesa con i Boston Celtics per cedere il numero 2 in cambio di Isaiah Thomas, Jae Crowder, Ante Zizic e la scelta che è poi diventata Collin Sexton. La posizione di James su quello scambio però era stata netta: non fatelo, non scambiatelo, specialmente ai Celtics, ci penso io a sistemare la situazione. E la risposta che ricevette dal GM, secondo quanto scritto, è che quello scambio non si sarebbe consumato.

Poi però è successo qualcosa, e pochi minuti dopo quella chiamata i cellulari di tutti iniziarono a suonare per le notifiche della notizia: Irving era stato scambiato con i Celtics. Quando i membri del suo circolo gli hanno detto cosa era successo, James non ha potuto fare altro che far cadere la penna con cui stava autografando le magliette e lasciarsi andare sulla sedia. "A quel punto capisci che Koby non era l’unico a prendere decisioni sulla squadra" ha continuato James ricordando quel momento. "Non era più come con David Griffin [il General Manager del titolo del 2016, ndr], che poi è anche il motivo per cui Griff è stato lasciato andare". Il riferimento, implicito ma neanche troppo, è per Dan Gilbert, proprietario dei Cavs con cui il rapporto di James è sempre stato freddino per non dire glaciale. Secondo James, era evidente che Altman fosse stato scavalcato da Gilbert, che aveva deciso di fare lo scambio anche andando contro all’opinione della sua stella o del suo GM, cominciando di fatto la ricostruzione della franchigia – o, per dirla con le parole di James, dando inizio alla "fine di tutto".

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I membri della dirigenza contattati da Vardon hanno negato che Altman avesse detto a James che lo scambio non si sarebbe fatto – ma non potrebbe essere altrimenti, visto che sono ancora tutti sotto contratto con Gilbert… –, mentre hanno confermato che in quella occasione il GM chiese a James se si sarebbe impegnato a lungo termine con i Cavs nel caso in cui Irving non fosse stato scambiato. LeBron, come è noto, ha risposto di no, e il resto è storia: l’assurda stagione passata, i playoff da dominatore assoluto, le quarte finali consecutive, quella gara-1 da 51 punti alla Oracle Arena rovinata da J.R. Smith. Tutto e il contrario di tutto, ma il ricordo rimane comunque indelebile: "Torno in un luogo dove ho passato 11 anni della mia carriera" ha detto James. "Ho avuto dei bellissimi momenti, altri meno belli, ma alla fine dei conti l’unica cosa importante è dare tutto quello che hai alla franchigia, ai giocatori, al coaching staff". Non alla proprietà, ma quello era da dare per scontato.

Ma che accoglienza si aspetta James da parte dei suoi ex tifosi. "Spero che non sia come l’altra volta" ha detto LeBron riferendosi a quel famoso 2 dicembre 2010, quando venne subissato di insulti e fischi da parte del suo pubblico al primo ritorno come membro dei Miami Heat (segnandone comunque 38 in tre quarti nel facile successo dei suoi). "Ma sono pronto per qualsiasi cosa: non importa se sarà una reazione negativa, perché l’unica cosa che conta è quello che ho dato e che sto ancora dando alla comunità. Alla fine, loro hanno un solo obbligo ed è tifare per la loro squadra. E io non ne faccio parte. Personalmente, sono in un momento della mia vita totalmente diverso rispetto al 2010: per questo davvero non mi interessa". Vedremo se sarà davvero così nella notte tra mercoledì e giovedì, con la partita in diretta anche su Sky Sport NBA.