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NBA: LeBron James segna 51 punti e batte Miami per la prima volta da ex

NBA

Il n°23 dei Lakers segna 51 punti, aggiorna il suo massimo stagionale in maglia giallo-viola e torna al successo a Miami contro gli Heat dopo quasi dieci anni: da quando era andato via dalla Florida nel 2014, non c’era mai riuscito

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Il libro dei record ormai fa fatica a stargli dietro, tocca stampare pagine nuove ogni volta che scende sul parquet. Ma LeBron James, da abile sceneggiatore come i tanti che riposano all’ombra della collina di Hollywood, riesce sempre a trovare nuove sfide, a fissare nuovi obiettivi. E Miami, da quando è andato via nel 2014, gli era sempre rimasta indigesta: in maglia Cavaliers infatti James non aveva mai vinto all’American Airlines Arena (0-4 il record personale, 0-7 quello raccolto dalle sue squadre contando anche le gare in cui non c'era). Questa volta però è bastato un quarto di gioco per capire che le cose sarebbero andate in maniera diversa: 19 punti segnati tirando 8/10 dal campo, con i Lakers sul +13 al primo intervallo. Da quel momento in poi, i giallo-viola non si sono più voltati indietro, con James che ha continuato ad accumulare canestri in una partita chiusa con 51 punti, otto rimbalzi, tre assist, due rubate, 19/31 al tiro, 6/8 dall’arco, +20 di plus/minus e si potrebbe andare avanti ancora per molto. Non una partita come le altre, nonostante LeBron faccia finta che tutto sia normale: “Il mio coinvolgimento è sempre lo stesso, è quello di pensare a fare canestro. Quella è la mia confort zone. È sempre speciale tornare a giocare a Miami, ritornare e incrociare così tante facce amiche: alle volte abbiamo vissuto momenti un po’ tristi, nella maggior parte dei casi invece le cose sono andate alla grande. Ho sempre rispettato e amato i tifosi di questa città, in particolare tutte le persone che lavorano per la franchigia”. Ad amarlo adesso sono anche i suoi compagni di squadra, che ancora fanno fatica a credere sia capace di imprese del genere: “È sceso in campo come solo i più grandi del Gioco sanno fare, ha chiuso da solo i conti”, sottolinea Lonzo Ball, che in campo ci resta 22 minuti dopo essere partito titolare, ma che diventa inevitabilmente comparsa come tutti gli altri di fronte a un gigante come LeBron. “Creato in laboratorio”, aggiunge Josh Hart via Twitter non appena si ritrova con lo smartphone in mano. In effetti a quasi 34 anni e con tutti quei chilometri NBA percorsi, è difficile credere che sia come tutti gli altri.

Il siparietto con Stephenson sull’ultimo possesso

LeBron tocca così i 50 punti in una singola gara per la 12esima volta in carriera (11 dei quali sono arrivati in trasferta), il quinto giocatore nella storia della Lega a farne registrare almeno uno con tre maglie diverse (Cavaliers, Heat, Lakers). L’ultima la ricordano tutti (i 51 inutili in gara-1 delle Finals contro i Golden State Warriors), ma toccare traguardi del genere alle volte richiede anche espedienti, extra-motivazioni. E il teatrino andato in scena sull’ultimo possesso dei Lakers ne è la perfetta rappresentazione. Lance Stephenson infatti a Miami lo ricordano molto bene; avversario di tantissime battaglie e adesso alleato con l’ex idolo di casa.  Ed è proprio lui ha soffiare nell’orecchio di James la provocazione: “Scommetto che tu non vuoi giocare l’ultimo pallone per segnare da tre punti e arrivare a 50”. Stephenson soltanto 24 ore prima aveva sorpreso tutti, andando al ferro contro Orlando a partita stra-finita e dopo aver fatto finta di aspettare che il cronometro della sfida arrivasse a zero. Una provocazione in una gara persa in maniera sonora; figurarsi quindi se dal suo punto di vista potesse diventare un problema andarsi a prendere un canestro per arrotondare una gara già a suo modo da record. I Lakers erano sopra, ampiamente, senza più bisogno di infierire, così come immaginavano anche gli Heat. LeBron invece da lontanissimo ci ha tenuto a far vedere al compagno e al mondo intero che la mira (soprattutto in quell’arena) non gli è mai mancata. E che in realtà questo successo è arrivato (quasi) in ciabatte, fresco come una rosa nonostante l'età. Un lusso non da poco alla 16esima stagione nella Lega per quello che è soltanto il terzo giocatore NBA a chiudere almeno due partite oltre quota 40 così avanti nella propria carriera (Kareem Abdul-Jabbar e Kobe Bryant gli altri due). E ancora mancano oltre quattro mesi di regular season, più playoff, più tutto il resto. Lo spettacolo è appena cominciato.

I Lakers si godono James. Miami, pessima partenza

In realtà poi, attorno a James, sono scesi in campo anche tutti gli altri. In casa Lakers il secondo miglior realizzatore (con ampio margine di distacco rispetto al primo) è Kentavious Caldwell-Pope, autore di 19 punti e in doppia cifra assieme ai 15 di Kyle Kuzma e i 13 di Brandon Ingram. Dall’altra parte sono 19 quelli di Wayne Ellington, accompagnati da poco altro in una squadra che tira con il 40% dal campo e non riesce mai a tornare in singola cifra di svantaggio nell’ultima mezz’ora di gara. Josh Richardson perde la testa nel finale dopo una schiacciata sbagliata, lancia la scarpa verso gli spalti e riesce così a peggiore la sua situazione facendosi espellere in un finale senza pathos. Miami sprofonda così sul 6-10 di record (finita al 10° posto a Est e con la tendenza ad allontanarsi dalla zona playoff); il secondo peggiore degli ultimi 12 anni, mentre coach Spoelstra non solo elogia il suo ex beniamino, ma anche il nuovo allenatore. “La persona adatta per allenare James”, detto con l’occhio languido di chi per quattro anni si è goduto una delle versioni migliori di LeBron. Adesso però tocca farci i conti sul parquet, per fortuna soltanto due volte all’anno.