"L'ho sempre odiato in tutti gli ultimi 20 anni", ammette l'allenatore di San Antonio. E difatti i suoi Spurs sono al penultimo posto nella lega per tiri dall'arco tentati e realizzati (pur con ottime percentuali). "Allora perché non un tiro da 4? Sono sicuro che la gente impazzirebbe"
BASKETBALL WIHTOUT BORDERS: A BELGRADO A TU PER TU CON GREGG POPOVICH
Le statistiche parlano chiaro e giunti al termine di novembre, trascorso un mese e mezzo di stagione regolare, i San Antonio Spurs sono penultimi nella NBA tanto per tiri da tre tentati (24.7) che per quelli realizzati (9.4, solo Cleveland fa peggio, in entrambe le categorie). Un caso? Tutt’altro. Una scelta – quasi ideologica, verrebbe da dire – diretta espressione delle preferenze tattiche (e anche estetiche) del suo allenatore: “Odio il tiro da tre. L’ho sempre odiato negli ultimi 20 anni. È per questo che già in passato avevo scherzato al riguardo: se vogliamo trasformare la pallacanestro in un gioco diverso, allora perché non introdurre anche un tiro da quattro punti? Perché se tutti amano il tiro da tre, allo stesso modo amerebbero quello da quattro. La gente impazzirebbe davanti alla possibilità di un gioco da cinque punti. Sarebbe fantastico”, incalza con grandi dose di ironia Gregg Popovich. “Ma questa non è più pallacanestro. Non c’è più niente di bello. È noioso. Le cose però stanno così, dobbiamo adattarci”, la sua sconsolata conclusione. Non è una posizione frutto di un atteggiamento tipo “la volpe e l’uva”: gli Spurs tirano infatti poco da tre, ma tutt’altro che male (sono quarti nella lega, realizzando le proprie triple con il 38%, dietro solo a Warriors, Clippers e Kings). È proprio una preferenza tattica di coach Pop che si riflette in maniera diretta sullo stile di gioco della sua squadra, quart’ultima nei tentativi dall’arco anche nel 2017-18, sest’ultimi nel 2016-17 (con ancora Kawhi Leonard a roster e sano), quint’ultimi la stagione ancora precedente. Popovich non è nuovo a uscite del genere, e già in passato si era scagliato contro l’uso – a suo modo eccessivo – del tiro dalla grande distanza: “Avvicina la pallacanestro al circo”, disse nel dicembre 2015 (spingendosi perfino oltre nella provocazione: “Perché non introdurre un tiro da 5? O da 7?”), per poi ribadire ancora il concetto tre mesi dopo. “Il problema con un tiro da 5 è che uno come Steph Curry poi finirebbe per ammazzarci. Sarebbe come tagliarsi il naso per far dispetto alla propria faccia”. Dietro paradossi e provocazioni, Popovich però esprime un disagio reale, forse anche generazionale: “È colpa mia, faccio parte della vecchia scuola. Se non ti adatti a questi trend sei tu a perderci. Ogni volta che abbiamo vinto un titolo [l’ultima nel 2014, tentando 23.6 triple a serata, al tempo il numero più alto mai fatto registrare da una squadra campione NBA, ndr], il tiro da tre è stata una componente importante del nostro successo. Ha un tale potenza che devi imparare a usarlo: di certo non puoi ignorarlo”. Ignorarlo no, ma scagliarcisi contro a ogni occasione utile quello sì: e Popovich non perde occasioni per farlo.