I campioni in carica perdono a Salt Lake City nonostante i 62 punti della coppia Curry-Durant, raggiunta al secondo posto a Ovest da OKC vincente a Sacramento. Toronto rimonta e batte Indiana, Philadelphia e Milwaukee rimangono in scia. A Boston arriva la quarta vittoria in fila dei sorprendenti Phoenix Suns, mentre sale a sette la striscia dei Brooklyn Nets
TUTTI GLI HIGHLIGHTS DELLA NOTTE
Utah Jazz-Golden State Warriors 108-103
Di ritorno dalla trasferta di cinque partite a Ovest, coach Steve Kerr aveva dichiarato che gli Warriors erano pronti a “fare filotto”, inanellando una serie di vittorie per staccarsi dalla concorrenza e prendersi il primo posto a Ovest. Invece quanto sperato non è ancora successo: a Salt Lake City i bi-campioni in carica hanno perso contro gli Utah Jazz, guidati dai 20 punti di Joe Ingles e dalla doppia doppia da 17+15 di Rudy Gobert in una gara combattuta (14 avvicendamenti nella guida del punteggio e 11 parità) e dominata dalle difese. È infatti la prima volta in questa stagione che Golden State perde dopo aver tenuto gli avversari sotto il 40% dal tiro, complice un Donovan Mitchell da 17 punti ma con 5/26 dal campo. Dall’altra parte invece sia Kevin Durant (30, superando Gary Payton al 32° posto della classifica marcatori all-time) che Steph Curry (32 con cinque triple) hanno scollinato sopra quota trenta, ma solamente un Klay Thompson in pessima forma al tiro (3/12 dal campo e 0/4 da tre) li ha seguiti in doppia cifra con 12 punti. Utah è scappata vita nell’ultimo quarto grazie a un parziale iniziale di 9-2, resistendo alla rimonta degli Warriors che hanno avuto due occasioni per pareggiarla con Durant a 39 secondi dalla fine e con Andre Iguodala solissimo dall’arco, incapace però di realizzare il canestro della parità a 7 secondi dal termine. Per i Jazz, arrivati alla quarta vittoria consecutiva in casa, viene confermata la statistica che negli ultimi dieci anni li vede sempre vincenti (27-0) nelle partite con 30 o più assist di squadra, mantenendosi a due partite di distanza dall’ottavo posto a Ovest.
Toronto Raptors-Indiana Pacers 99-96
Dopo la battuta d’arresto contro i Cleveland Cavaliers, gli Indiana Pacers sembravano pronti a prendersi una vittoria di prestigio sul campo dei Toronto Raptors, riuscendo a costruire un vantaggio di ben 17 lunghezze sul campo della squadra con il miglior record della NBA. Invece Victor Oladipo e soci si sono fatti rimontare in un ultimo quarto drammatico per loro, con soli 11 punti segnati e 5/18 al tiro con due palle perse cruciali del loro leader nell’ultimo minuto. Tutti questi errori — le palle perse a fine gara sono 26, di cui 11 della coppia Oladipo-Collison — hanno lasciato spazio alla rimonta dei padroni di casa culminata con la tripla del sorpasso di Fred VanVleet a 25 secondi dalla fine. Per i Raptors, privi di due titolari come Kyle Lowry e Serge Ibaka, ci sono i 28 punti di Kawhi Leonard e i 17 di Pascal Siakam insieme ai 13 di Greg Monroe (partito titolare anche per l’assenza di Jonas Valanciunas) e gli 11 di VanVleet (partito con 1/12 prima di rivelarsi eroe della serata), pur chiudendo solamente con 7/30 dalla lunga distanza. I Pacers possono solo incolpare loro stessi per il collasso nell’ultima frazione, sprecando 13 lunghezze di vantaggio a 10 minuti dalla fine, ma sull’ultimissimo tentativo per il pareggio di Bojan Bogdanovic si sono lamentati molto per un contatto sul croato da parte di OG Anunoby: ci sarà lavoro per il Last 2-Minute Report.
Boston Celtics-Phoenix Suns 103-111
Se a Toronto l’hanno scampata, lo stesso non si può dire dei Boston Celtics, sorpresi in casa dai caldissimi Phoenix Suns. Guidati da 25 punti con 8 assist di Devin Booker e dai 23+18 di Deandre Ayton, i ragazzi di coach Kokoskov hanno raccolto la quarta vittoria consecutiva, tante quante ne avevano conquistate nelle precedenti 28 partite della stagione. È la prima volta negli ultimi tre anni e mezzo che i Suns vivono un periodo di forma del genere, propiziato anche dai 21 punti di T.J. Warren (uscito poi per una brutta caduta senza più tornare sul parquet) e dai 13 del debuttante Kelly Oubre Jr.. Per i Celtics invece si tratta della seconda sconfitta in fila dopo una striscia da otto successi consecutivi, senza sfruttare a dovere la serata da 29 punti di Kyrie Irving e i 18 di Jayson Tatum e senza riuscire a tornare sotto le cinque lunghezze di distanza nell’ultimo quarto. Le cattive notizie per coach Stevens non finiscono qui: Aron Baynes ha subito una frattura alla mano sinistra dopo due minuti di gioco e rimarrà fuori a tempo indeterminato, privando i biancoverdi di un giocatore magari non appariscente ma di sicuro utile a una squadra che stava iniziando a trovare la sua identità. Il problema è che non c’è tempo per riassestarsi: da questa partita in poi i Celtics giocheranno un giorno sì e l’altro no per il prossimo mese abbondante.
Chicago Bulls-Brooklyn Nets 93-96
Se i Suns sono una sorpresa, i Nets ormai sono una certezza: la squadra di coach Atkinson ha conquistato la settima vittoria consecutiva, andando a vincere in trasferta a Chicago nella seconda serata di un back-to-back dopo il grande successo con i Lakers. Per riuscirci sono serviti ben 27 punti di Spencer Dinwiddie in uscita dalla panchina e una sua giocata difensiva decisiva negli ultimi secondi, deviando un passaggio consegnato a Kris Dunn e permettendo il recupero di Joe Harris a 2.3 secondi dalla fine, dopo che nel possesso precedente avevano propiziato il fallo in attacco di Lauri Markkanen. Piccole giocate che fanno la differenza quando le energie mancano, sfruttando al meglio la doppia doppia di Jarrett Allen e le doppie cifre di D’Angelo Russell (13) e Joe Harris (11). Per i Bulls si tratta invece della 12^ sconfitta nelle ultime 14 gare disputate, diventando ora la squadra con il peggior record di tutta la NBA nonostante i 24 punti di Dunn e i 16+11 di Bobby Portis, poi uscito per un infortunio alla gamba nell’ultimo minuto di gioco. Un’altra brutta notizia per una squadra che dovrà fare a meno del suo leader Zach LaVine nelle prossime 2-4 settimane per una distorsione alla caviglia.
Milwaukee Bucks-New Orleans Pelicans 123-115
Più che una partita, per Anthony Davis questa partita è stata una via crucis. Con i Pelicans già ridotti all’osso dagli infortuni, la stella di New Orleans è uscita nel corso del primo quarto andando direttamente negli spogliatoi con una caviglia dolorante, rimasta “sotto” mentre il compagno Andrew Harrison prendeva sfondamento. Appena prima Davis era crollato sulle ginocchia dopo aver stoppato un tiro, e dopo un breve passaggio in panchina a inizio secondo quarto è di nuovo tornato negli spogliatoi per quella che le PR dei Pelicans hanno definito come un generale “malessere”. Davis è infine tornato in panchina nel terzo quarto ed è finalmente rientrato in campo, chiudendo la sua partita con 27 punti e 11 rimbalzi — una classica linea statistica che giocatori in perfetta salute non sarebbero in grado di realizzare, ma che purtroppo per lui è coincisa ancora una volta con una sconfitta. Giannis Antetokounmpo infatti ha chiuso con 25+8+8, guidando un parziale di 11-0 a poco più di 3 minuti dalla fine e controllando la sfida da lì in poi senza patemi: ai Pelicans non sono serviti i 25 con 12 assist di Jrue Holiday, il massimo stagionale da 20 punti di Darius Miller e i 17 di un redivivo Jahlil Okafor.
Philadelphia 76ers-New York Knicks 131-109
Dopo un periodo così così, i Philadelphia 76ers avevano bisogno di una serata per ritrovare un po’ di fiducia nei propri mezzi. I New York Knicks erano lo sparring partner perfetto, permettendo ai Sixers di realizzare 131 punti e di sistemare le cifre un po’ di tutti i membri del roster. Joel Embiid (24 punti e 10 rimbalzi) e Jimmy Butler (20 punti con 6/9 al tiro) guidano la squadra nel punteggio, mentre a tesse le fila è la tripla doppia da 13 punti, 11 rimbalzi e 10 assist di Ben Simmons, enigma irrisolvibile per la porosa difesa dei Knicks. Per gli ospiti, arrivati alla terza sconfitta in fila e all’ottava nelle ultime nove, hanno avuto 27 punti da Tim Hardaway Jr. e i 21 di Kevin Knox, ma non sono riusciti a sostenere il ritmo complice il massimo stagionale del rookie Landry Shamet (17) e i 14 di J.J. Redick, che ha superato quota 10.000 punti in carriera. “Se dieci anni fa mi aveste detto che uno che faceva fatica a entrare in rotazione avrebbe segnato 10.000 punti, vi avrei presi per pazzi” ha detto il tiratore. “È una cosa molto bella per me, non avevo realizzato di essere così vicino al traguardo”.
Charlotte Hornets-Cleveland Cavaliers 110-99
Kemba Walker chiude con 30 punti a referto una partita per sua stessa ammissione iniziata con il piede sbagliato, con Charlotte sprofondata per la terza gara in fila in doppia cifra di svantaggio già nel primo tempo. Nei due precedenti con Knicks e Lakers erano poi arrivate due sconfitte, ma contro Cleveland dopo tre giorni consecutivi di riposo (un lusso nella regular season NBA) non si poteva sbagliare. Dopo i primi sette errori, Walker ha ritrovato la mira e a guidato Charlotte al parziale da 41-29 (17 firmati dall’All-Star) che nel terzo quarto ha cambiato l’inerzia della sfida. La nona partita da 30 o più punti in stagione degli Hornets coincide anche con un successo che vale il settimo posto a Est, con i Brooklyn Nets sempre più arrembanti alle spalle. Cleveland invece alza bandiera bianca, reduce da un back-to-back che li aveva visti vincenti 24 ore prima sulla sirena. I miracoli però non sempre accadono, nonostante Larry Nance Jr. ci riprovi in tutti i modi chiudendo con 10 punti, 15 rimbalzi e sette assist.
Minnesota Timberwolves-Detroit Pistons 123-129 OT
Sotto di 14 punti all’inizio del quarto periodo, i Pistons piazzano il parziale da 40-26 che manda la partita all’overtime (e fa infuriare Thibodeau) con il tap-in vincente a sei decimi dalla sirena, prendendo poi possesso della sfida nei cinque minuti supplementari. Blake Griffin chiude con 34 punti, a cui si aggiungono i 33 punti massimo in carriera per Reggie Bullock e i 16+16 di Andre Drummond. Dall’altra parte sono 33 i punti di Derrick Rose, che parte in quintetto e chiude con 14/29 dal campo e sette assist. Alcuni dei quali armano la mano di un Robert Covington da 22 punti, con 5/11 dall’arco. Bene anche l’altro ex-Sixers, Dario Saric, da 15 punti e unico in doppia cifra in uscita dalla panchina. Una gara nervosa, in cui Griffin si è ritrovato faccia a faccia non solo con gli avversari, ma anche con un tifoso presente in prima fila. Alla richiesta di chiarimento veemente da parte del giocatore dei Pistons, segue l’allontanamento da parte della sicurezza dell’arena di Minneapolis.
Sacramento Kings-Oklahoma City Thunder 113-132
La sconfitta dei Golden State Warriors permette l’aggancio dei lanciatissimi OKC Thunder, arrivati all’ottava vittoria nelle ultime undici partite e, soprattutto, al secondo posto nella Western Conference. La partita sul campo dei Sacramento Kings è ovviamente ad alti ritmi e le stelle di OKC brillano: Paul George guida la squadra con 43 punti, frutto di un ottimo 15/27 dal campo e 4 triple a segno, a cui ha aggiunto anche 12 rimbalzi e 7 assist; Steven Adams fissa il suo massimo in carriera a quota 23 rimbalzi di cui 9 offensivi, dominante in area all’interno del 66-43 per i Thunder a rimbalzo; Russell Westbrook griffa la tripla doppia numero 112 della carriera con 19 punti, 11 rimbalzi e 17 assist, propiziando i 22 punti di Jerami Grant (9/11 al tiro) e i 14 di Terrance Ferguson per sopperire alle squalifiche di Dennis Schröder e Raymond Felton, fermati per una partita per aver abbandonato la panchina durante la rissa con Chicago. Gli sforzi extra della squadra sono valsi un successo importante per i Thunder arrivato contro una squadra con la quale avevano già perso due volte come i Kings, guidati dal massimo in carriera da 37 punti di Buddy Hield (7/14 da tre) e i 28 con 12 assist di De’Aaron Fox, sverniciato da Westbrook in un duello ad altissima velocità.
Portland Trail Blazers-Memphis Grizzlies 99-92
I Blazers per una volta, a sorpresa rispetto a quanto successo e atteso di solito, hanno vinto grazie alla panchina. Un’ottima notizia che va ben al di là del semplice successo contro Memphis, conquistato grazie ai parziali raccolti quando tutti e cinque i titolari sono andati a sedersi. Primo quarto a punteggio basso e Grizzlies a loro agio, poi via via sempre più affaticati quando c’era da stare dietro al quintetto di riserva dei Blazers. Alla sirena sono 24 punti per Damian Lillard (che resta sempre il miglior realizzatore), mentre dall’altra parte sono 23 qulli di Mike Conley alla guida di un quintetto tutto in doppia cifra. Una fatica non da poco per Memphis, che sta iniziando inevitabilmente a mostrare tutti i suoi limiti.