I Celtics si godono il miglior Hayward della stagione e battono Minnesota. Il n°21 dei Sixers chiude con 42 punti e 18 rimbalzi nel successo in trasferta a Phoenix, mentre a New Orleans non bastano i 34 e 26 rimbalzi di Anthony Davis a Brooklyn. Detroit vince a Memphis, tutto facile per Dallas, Miami e Washington e Orlando
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GEORGE, PRIMA I FISCHI DI L.A. E POI 37 PUNTI CONTRO I LAKERS
Boston Celtics-Minnesota Timberwolves 115-102
Boston torna al successo e si gode il miglior Gordon Hayward della stagione, chirurgico nel colpire a gara in corso i T’wolves e realizzatore alla sirena di 35 punti; il massimo mai messo a referto in maglia Celtics, in una sfida da 14/18 al tiro e 4/7 dall'arco. Il ruolo e i compiti che coach Stevens gli ha assegnato in uscita dalla panchina sono perfetto per lui, che colpisce non appena gli avversari iniziano a risentire della fatica. Ad aprire le danze contro Minnesota è stato Terry Rozier, autore di 11 punti nel solo primo quarto – iniziato da titolare vista l’assenza di Kyrie Irving. Il n°11 di Boston resta fuori a causa di un problema agli occhi, ma Scary Terry fa di tutto per non farne sentire la mancanza: 16 punti, cinque assist, cinque recuperi, 6/10 al tiro. I padroni di casa fanno le prove di fuga nei primi 12 minuti (durante la quale sfiorano la doppia cifra di margine), che si concretizza nel secondo quarto – anche grazie ai 13 punti di Hayward nella frazione. L’ex All-Star dei Jazz tiene a galla i Celtics nel quarto periodo, quando i T’wolves si rifanno sotto da -22 a -6 grazie a 20 dei 28 punti realizzati nel match da Karl-Anthony Towns. Tre in meno di un Andrew Wiggins da 31 punti totali e 10/18 al tiro, che tuttavia non basta agli ospiti per evitare l’ennesimo ko a Boston. Minnesota infatti non vince al TD Garden dal 6 marzo 2005 (in squadra c’era ancora Kevin Garnett, con i T'wolves); difficile pensare di riuscirci in una gara in cui mancavano tra gli altri Derrick Rose, Robert Covington e Jeff Teague. Il modo migliore invece per Boston di iniziare una lunga serie di partite in casa: 15 delle 19 da disputare a gennaio saranno in Massachusetts, con la squadra che tornerà a Ovest soltanto il prossimo 21 febbraio.
Phoenix Suns-Philadelphia 76ers 127-132
Fino allo scorso anno Joel Embiid non avrebbe neanche giocato partite di questo tipo, alla seconda notte di un back-to-back. Quest’anno non solo le gioca, ma le domina anche pur dovendo fare i conti con un ginocchio dolorante. I suoi 42 punti sul campo dei Phoenix Suns pareggiano il suo massimo stagionale dello scorso 9 novembre contro Charlotte, frutto di un primo tempo da 30 che ha spinto i suoi all’intervallo sul +23, prima di toccare il +30 nel corso del terzo quarto. Pur dovendo fare i conti con le assenze di Jimmy Butler e Wilson Chandler, entrambi fermati da un’infezione alle vie respiratorie, i Sixers hanno trovato i punti necessari per crearsi un comodo vantaggio dai 29 di Ben Simmons e dai 27 di J.J. Redick, ma negli ultimi 15 minuti di partita la stanchezza ha preso il sopravvento insieme al ritorno dei Suns. I padroni di casa sono tornati in partita nell’ultimo grazie a 37 punti da Devin Booker che li ha guidati fino al -3, ma i liberi finali di Redick hanno chiuso i conti in quella che poteva essere una sconfitta davvero beffarda per i Sixers. Se non altro, dopo queste due vittorie in back-to-back il record è un più accettabile 9-11, e con sette delle prossime dieci partite da disputare in casa, la squadra di Brett Brown può pensare di risalire ancora dal quarto posto attualmente occupato a Est.
Brooklyn Nets-New Orleans Pelicans 126-121
Come si resiste a una prestazione da 34 punti e 26 rimbalzi di Anthony Davis? La ricetta dei Brooklyn Nets è stata quella di ammassare un vantaggio abbastanza grande da poter resistere all'inevitabile ritorno di una superstar come AD. Con un primo tempo da 73 punti (il loro massimo in casa da 17 anni a questa parte) e un vantaggio di 24 lunghezze, i padroni di casa sono riusciti a portare a casa la vittoria nonostante la super prestazione di Davis, tornato in campo dopo una partita di assenza per l'influenza attaccatagli dalla figlia. Il numero 23 dei Pelicans era riuscito a riportare i suoi al massimo fino al -5 quando mancavano pochi minuti alla fine, accompagnato da un quintetto tutto sopra quota 16 con i 25 punti di Elfrid Payton, i 21 di Julius Randle e i 20 di Jrue Holiday, ma a fare la differenza è stata la profondità del roster. Nonostante le assenze di Caris LeVert, Rondae Hollis-Jefferson e Allen Crabbe, infatti, i Nets hanno comunque mandato sette giocatori in doppia cifra guidati dai 22 con 13 assist (massimo in carriera) di D’Angelo Russell e dai 21 di Joe Harris, ma è soprattutto il dato dei punti delle riserve a fare spavento. I Nets ne hanno avuti 55 dai vari Ed Davis (19) e Spencer Dinwiddie (18), mentre i Pelicans ne hanno avuti solamente 5 in tutto sommando i 3 di Darius Miller e i 2 di Solomon Hill. Decisamente un contributo insufficiente per pensare di vincere sul campo di una squadra che ha vinto sette delle ultime otto in casa. A prescindere da quanto sia mostruoso Anthony Davis.
Charlotte Hornets-Dallas Mavericks 88-122
È bastata una scossa a inizio partita ai Mavericks per scrollarsi di dosso gli Hornets e godersi uno dei rari successi in trasferta della stagione. Luka Doncic e Dennis Smith Jr. trascinano Dallas nel parziale del primo quarto da 42-26, che segna la sfida in maniera chiara: alla sirena finale sono 18 punti a testa per i due giovani talenti dei texani, a cui si aggiungono i 17 di Harrison Barnes. I Mavericks segnano dieci triple nella prima frazione – 18 totali – sempre ben oltre la doppia cifra di vantaggio in una partita che regala il primo successo lontano dall’American Airlines Center dopo il 28 novembre e migliora il record che arriva così a 3-16. La gara per gli Hornets è da dimenticare e ben rappresentata da quella di Kemba Walker: l’All-Star di Charlotte chiude con 11 punti (sempre il miglior realizzatore di squadra), tirando 4/14 dal campo e senza trovare mai il fondo della retina con i piedi oltre l’arco con i suoi cinque tentativi. A tre minuti e mezzo dalla fine del terzo quarto, coach Borrego decide di richiamarlo in panchina senza più rimetterlo in campo nell’ultimo quarto d’ora: meglio pensare alla prossima, al termine di una gara mai in discussione.
Cleveland Cavaliers-Miami Heat 92-117
Neanche il ritorno in campo di Tristan Thompson e Rodney Hood o il debutto di Pat McCaw può aiutare questi Cleveland Cavaliers, travolti in casa dai Miami Heat per la settima sconfitta consecutiva. Gli ospiti non hanno neanche avuto bisogno di Dwyane Wade per vincere facilmente sul campo della peggior squadra della NBA, mandando sette giocatori in doppia cifra guidati dai 24 di Josh Richardson e tirando 16/31 dalla lunga distanza. Non contenti, gli Heat hanno anche spadroneggiato a rimbalzo, prendendone più del doppio degli avversari (47-22) e facendo la voce grossa in area (44-26). Gli Heat hanno scavato il solco nel secondo quarto, quando sono passati da -1 a +17 controllando il resto della partita da lì in poi e festeggiando il ritorno in campo di Dion Waiters, assente da oltre un anno per una caviglia sempre in disordine. Per i Cavs c’è davvero poco da poter segnalare se non i quattro giocatori in doppia cifra (Thompson il migliore con 14 punti) e una statistica curiosa: hanno chiuso con più assist (23) che rimbalzi catturati (22). Non un dato che si vede molto spesso.
Washington Wizards-Atlanta Hawks 114-98
Era da quasi un mese che gli Wizards non vincevano due partite in fila, e il fatto che ci siano riusciti subito dopo l’annuncio dell’operazione che terrà fuori John Wall per il resto della stagione (prevista per il prossimo 8 gennaio) è comunque un segnale positivo per coach Brooks, uno dei pochi di questa annata disastrata. Con 24 punti di Bradley Beal, 22 di Jeff Green e la doppia doppia da 16+15 di Thomas Bryant, Washington è riuscita a battere gli Hawks contro i quali avevano perso malamente non più tardi di tre settimane fa, chiudendo la sfida con un parziale di 17-2 negli ultimi sei minuti di partita. Per gli Hawks privi di Kent Bazemore non è servito il massimo stagionale da 24 punti di Alex Len e i 21 di John Collins, con Trae Young che si è fermato a soli 5 punti con 9 assist e 2/8 al tiro. Per gli Wizards è da segnalare il ritorno in campo di Otto Porter dopo dieci partite di assenza, anche se Tomas Satoransky sta continuando a comportarsi bene in quintetto, sfiorando la tripla doppia con 14 punti, 11 rimbalzi e 7 assist.
Chicago Bulls-Orlando Magic 84-112
La partita tra Bulls e Magic è stata talmente a senso unico che Nikola Vucevic non ha neanche avuto bisogno dell’ultimo quarto per registrare 22 punti e 12 rimbalzi, in una partita dominata in lungo e in largo dagli ospiti. Con 18 punti e 9 assist (massimo in carriera) di Aaron Gordon, gli ospiti hanno tirato con il 58% dal campo arrivando alla terza vittoria nelle ultime quattro partite, anche se bisogna parlare soprattutto dei problemi offensivi dei Bulls. Chicago aveva il peggior attacco della lega quando in panchina c’era Fred Hoiberg, ma nel periodo con Jim Boylen da capo-allenatore è riuscita addirittura a peggiorare, pur potendo contare sul ritorno in campo di Lauri Markkanen, uno dei cinque giocatori in doppia cifra della squadra con 14 punti, gli stessi di Kris Dunn e due in meno di Zach LaVine. Probabilmente i Magic avevano voglia di vendicare i soli 80 punti segnati lo scorso 21 dicembre sul campo dei Bulls, la loro seconda peggior prestazione offensiva stagionale, ma questa volta è bastato ben poco di più per avere ragione dei fragili Bulls.
Memphis Grizzlies-Detroit Pistons 94-101
La cosa più importante da sapere su questa partita non è tanto quello che è successo in campo quanto quello che è successo dopo, visto che — secondo quanto riportato da Shams Charania di The Athletic — in un acceso confronto in spogliatoio Garrett Temple e Omri Casspi sono venuti alle mani. Non si sa molto di più di questo, anche se quanto successo in campo spiega bene i problemi dei Grizzlies, arrivati alla decima sconfitta nelle ultime 13 partite per colpa di un parziale di 13-0 subito nell’ultimo quarto. E dire che i Pistons arrivavano a questa gara in condizioni altrettanto disastrate, con tre sconfitte alle spalle e sole tre vittorie nelle precedenti 15 gare, ma hanno potuto contare su un Blake Griffin da 26 punti, 8 rimbalzi e 7 assist per fare la differenza insieme a un utile Luke Kennard da 13 punti, tra cui un paio di triple per aprire il parziale decisivo. Ai Grizzlies invece, scivolati per la prima volta sotto il 50% di vittorie, non è servita la doppia doppia da 26+10 di Jaren Jackson Jr., anche perché Mike Conley — colpito a una spalla nel primo quarto — ha chiuso senza neanche un punto a referto per la prima volta dal 2015. Ad attendere i giornalisti dopo la partita negli spogliatoi c'erano solamente lui e Marc Gasol, cercando di proteggere il resto dei compagni da quanto era successo poco prima tra Casspi e Temple.