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NBA, Cousins la fa da padrone con 27 punti, prima vittoria di Golden State su Houston

NBA

Con i Rockets reduci da 9 vittorie in fila e ancora imbattuti contro Golden State, i campioni in carica (pur senza Durant) mandano un messaggio ai rivali della Western Conference, guidati dai 30 punti di Klay Thompson e dai 27 del miglior DeMarcus Cousins dell'anno

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Houston Rockets-Golden State Warriors 104-106

Houston ha vinto tutte e tre le precedenti sfide stagionali contro Golden State e le ultime nove gare disputate. Golden State arriva in Texas dovendo fare a meno di Kevin Durant, a riposo per una caviglia malconcia. Eppure il quarto e ultimo scontro stagionale tra le due protagoniste della finale della Western Conference 2018 vede uscire vincenti i campioni NBA in carica, guidati dai 30 punti di un Klay Thompson dalla mano calda (12/23 al tiro per lui con 5/10 da tre) e dal miglior DeMarcus Cousins della stagione, che ai 27 punti con 11/16 al tiro aggiungere anche 8 rimbalzi e 7 assist, dominando a lungo la gara e permettendo così agli Warriors di mantenere a distanza i Rockets dal vertice della Western Conference, che i californiani comandano una volta di più davanti a Denver e proprio a Houston e Oklahoma City, appaiate al terzo posto. Golden State va all’ultimo mini-riposo sopra di 7 punti e inizia il quarto quarto con un 7-0 di parziale che porta a +14 il vantaggio sui padroni di casa. Houston però riesce a rientrare in gara e con un gioco da tre punti di Chris Paul si riporta a un solo punto di distanza a 11 secondi dalla fine. Due liberi di Steph Curry a segno – ci sono 24 punti per lui nel giorno precedente il suo 31° compleanno – e il rimbalzo di Andre Iguodala sull’errore dalla lunetta al secondo libero di James Harden suggellano il successo degli Warriors, che così tornano alla vittoria dopo il brutto scivolone contro i Phoenix Suns e dopo una serie di partita che li ha visti inaspettatamente uscire sconfitti in 6 delle precedenti 10 partite. Per i Rockets il miglior marcatore a fine serata è un James Harden da 29 punti ma con 10/23 al tiro e soprattutto solo 2/12 dalla lunga distanza; accanto a lui si mettono in luce Eric Gordon con 17 e Chris Paul con 24 ma nel post-partita le parole della point guard di coach D’Antoni fotografano la gara: “Non abbiamo giocato in maniera intelligente. Lo diciamo sempre, quando si affronta una squadra forte come Golden State, giocare duro non basta, occorre giocare in maniera furba, intelligente”. 

Il miglior “Boogie” Cousins dell’anno

Sempre più spesso l’inserimento di DeMarcus Cousins all’interno degli Warriors campioni in carica negli ultimi tempi era stato messo in dubbio da chi era pronto a puntare l’indice sull’ex centro di Sacramento e New Orleans come il punto debole dei californiani, troppo facilmente coinvolgibile in continui pick and roll lontano da canestro e incapace di reggere i ritmi di gioco più adeguati ai vari Curry e Durant. Il successo sui Rockets sembra aver fornito una risposta ai critici: Golden State può giocare anche a un ritmo più basso (91.50 il numero di possessi della gara, 10 in meno rispetto alla media della squadra di coach Kerr) e sfruttare così al meglio le caratteristiche del loro centro, che difatti ha risposto con una super prestazione, evidenziata tanto dal suo box score (27 punti, 8 rimbalzi, 7 assist) ma anche da alcune statistiche più avanzate, che mettono in risalto il suo impatto sulla gara. Con Cousins in campo il net rating degli Warriors è stato uno stellare +13.4 (fino a oggi il dato invece era di -0.4), migliorando tanto in attacco (+8.9) quanto in difesa (+6.2), mentre con Cousins a riposo l’efficienza su 100 possessi di Golden State è stata addirittura negativa (-1.7 contro l'ottimo +6.7 fatto finora registrare dalla squadra in sua assenza). Dal punto di vista statistico, da segnalare nella vittoria sul campo di Houston anche la 200^ tripla stagionale a segno di Klay Thompson (arrivato a quota 203), che diventa così solo il secondo giocatore nella storia della NBA ad aver segnato almeno 200 canestri da tre punti in una stagione per sette anni consecutivi. L’altro? Steph Curry, ovviamente. Sono gli “Splash Brothers” non a caso…