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Mercato NBA, Kevin Durant: "Vi dirò io quale sarà la mia prossima squadra"

NBA

Il n°35 degli Warriors comunicherà in maniera autonoma la sua decisione la prossima estate - come già successo nel 2010 e nel 2016. La questione per una volta non sembra essere "in quale squadra giocherà", ma il ruolo di chi è chiamato a raccontare lo sport: in un mondo fatto di comunicazione diretta, viene svilito il compito dei giornalisti?

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Non si sa dove, ma Kevin Durant ha già deciso il come. Al termine dei playoff 2019 infatti, a prescindere da come andranno le cose con Golden State, toccherà decidere con quale squadra giocare il prossimo anno. Il n°35 degli Warriors sarà il primo tassello di una free agency che potrebbe portare un bel po’ di scossoni e cambi di maglia in NBA. Capire quale sarà la prossima squadra – la conferma da parte degli Warriors o una nuova franchigia – di cui KD vestirà la maglia dal prossimo autunno è uno degli argomenti caldi, il focus del lavoro di reporting fatto da tutti i giornalisti che gravitano attorno alla Lega. Nessuno però sarà in grado, come già successo in passato, di avere l’esclusiva. Sarà Durant infatti, non i media, a fare l’annuncio in maniera diretta, utilizzando parole scelte appositamente da lui: “Loro hanno bisogno di me – racconta riferendosi ai giornalisti - se non fossi free agent tra qualche settimana, nessuno avrebbe messo in piedi tutto questo carrozzone, vero? Non ci sarebbero speculazioni su di me, su ciò che c’è di sbagliato nel mio approccio mentale, del perché non sono felice della vita. Nulla, non si parlerebbe di niente”. Non la prima volta che accade nella carriera dell’ex giocatore dei Thunder, che nel 2010 quando decise di rinnovare per cinque anni con OKC, comunicò in maniera diretta e personale la notizia attraverso un tweet sul suo profilo (nonostante all’epoca i social non fossero ancora così diffusi). “Estensione del contratto per altri cinque anni con i Thunder. Dio è grande, io e la mia famiglia abbiamo fatto un bel po’ di strada. Questa è una benedizione”. Una scelta a suo modo innovativa – e lungimirante, visto che nove anni dopo è diventata una pratica molto più comune quella della comunicazione diretta – bissata nel luglio 2016, quando gli occhi dell’intero mondo NBA erano rivolti verso di lui. “Oklahoma City o Golden State?”, si domandarono a lungo gli appassionati, prima di essere costretti a cliccare sul link di The Players’ Tribune dal titolo “Il mio prossimo capitolo”. Un articolo a firma Kevin Durant, scritto con parole decise da lui, per dire che la NBA con lui agli Warriors sarebbe stata molto diversa da quel giorno in poi.

L'informazione, sempre più una questione di brand

Chi fa da sé, fa per tre. Forse, di certo però questa decisione manifesta una tendenza: non voler fare affidamento su un intermediario, evitare che altri filtrino il suo messaggio. No, meglio diventare protagonista dell’informazione, almeno quando questa rivolge la propria attenzione sulla tua figura. Se si parla di me, decido io modi, tempi e tono. “È una tendenza che non è iniziata da poco con Uninterrupted o altre media company di proprietà dei giocatori, ma anni fa con The Score, Bleacher Report e tutte le piattaforme che da anni funzionano da aggregatori di notizie che arrivano dalle grandi compagnie come NCB e ESPN. È molto più semplice mettersi in evidenza all’interno di contenitori di questo genere, un aggregatore che ha permesso ai singoli individui di essere consapevoli che la comunicazione sui propri canali poteva diventare globale”. In casa Warriors anche Steph Curry ha spesso lavorato in maniera “autonoma”, staccato dai grandi gruppi di comunicazione sportiva creando negli ultimi mesi una società dal nome “Unanimous Media” che pone particolare attenzione ai “progetti a tema sportivo e di contenuti positivi che possono fare da esempio”. Oltre a quello, lo scorso maggio il n°30 degli Warriors è stato protagonista della serie Facebook “Stephen vs. The Game”, diffusa direttamente sul social network. Draymond Green invece è uno dei principali partner della già citata Uninterrupted. “È importante approfittare di queste opportunità – commenta il n°23 di Golden State – perché per anni la tua storia veniva raccontata da altri e non sempre con le parole più adatte. Penso che sia importante, a prescindere dal senso del messaggio, cercare di spiegarlo al meglio – in fondo stai sempre parlando di te”. Questione di brand, prima ancora che di informazione come sottolineato da Curry: “L’obiettivo è quello di farlo nel modo migliore, cercando di essere autentico e fedele a ciò che sei. La mia intenzione rispetto a tutto quello che viene associato al mio nome fuori dal parquet, che siano sponsor, investimenti o altro, deve essere sempre inerente alla mia personalità”.

Durant: "I diretti interessati sono più bravi dei giornalisti a raccontare la loro storia"

Un bel problema per chi ha come compito quello di raccontare i fatti: se le storie e le notizie passano attraverso altri canali, gestiti in maniera autonoma dai giocatori, che fine faranno i giornalisti? “Credo che molte compagnie di comunicazione sono stanche di questa tendenza – prosegue Durant – una scelta sempre più diffusa che sta creando una frattura profonda tra giocatori e media, con i secondi che si sentono messo in discussione il loro lavoro. Tutti vogliono raccontare la tua storia, ma i diretti interessati sembrano essere più bravi di loro a farlo…”, è una delle tante stoccate lanciate da KD nell’interessante intervista a NBC (sì, rilasciata ai giornalisti). Di solito in passato, quando un atleta doveva comunicare una scelta sportiva o qualcosa di personale, si è sempre affidato a un mediatore (che fosse un giornalista di fiducia, un pubblicitario, un autore di un video, una conferenza stampa). Durant invece non vuole accettare nessun tipo di schema, non si fida dei filtri: “Non sono mai stato un tipo tradizionale, legato a qualcosa di consueto. Nella mia vita tutto è stato fuori da ogni norma, non so neanche cosa significhino le “tradizioni”. Non accetto l’idea che chi è venuto prima di me ha creato un modello all’interno del quale dover continuare a recitare la propria vita”. La sua intenzione però non è quella di eliminare il lavoro giornalistico, anzi: “I tifosi vogliono vedere le cose da diverse prospettive, ascoltano sempre quei giornalisti che raccontando le loro storie dicono di far affidamento su fonti ‘molto vicine’ ai protagonisti. Beh, adesso si può ascoltare la loro voce in maniera diretta, che è complementare alla narrazione giornalistica. Non credo sia una competizione, c’è spazio per entrambe le versioni. Tutte possono avere successo e seguito”. La discussione però resta aperta: un lavoro di comunicazione del genere, può sostituire quello classico dell’informazione?

KD: "Speculare sul mio futuro non è buon giornalismo"

La risposta a un quesito del genere richiederebbe ore di discussione e interroga ormai da anni tutto il mondo del giornalismo. Su qualcosa però si può riflettere, ed è lo stesso Durant a porre l’accento sulla tendenza spesso presa dal mondo dell’informazione: “So che la mia free agency è un argomento scottante, di quelli che sono sempre in prima pagina, ma non ho voglia di parlarne di continuo. E spero che la gente non esca di testa ogni volta che declino le domande, o preferisco glissare sull’argomento. Non c’è bisogno di isterismi, di stare dietro a cervellotici ragionamenti che non possono arrivare alla risposta corretta. Questo è pessimo giornalismo, comportarsi in questo modo vuol dire non fare bene il proprio lavoro”. I tanti articoli usciti negli ultimi mesi con la lunga lista delle pretendenti dunque sono privi di fondamento, racconta KD. Knicks, Nets, Clippers e tutte le altre squadre avvicinate a Durant nelle ultime settimane restano soltanto uno scenario, ipotesi a cui il diretto interessato non pone al momento alcun tipo di attenzione: “Non so nulla, non ho mai saputo niente. Assolutamente nulla. Non ragiono sul mio futuro, soprattutto in questi termini. Ci penso, ma non così, pianificando ogni dettaglio logistico delle mie azioni. Il mio scopo da inizio anno era quello di lasciare che tutta questa m***a non avesse nulla a che fare con me. Meglio tenere fuori dal parquet ogni tipo di ragionamento del genere. Le mie azioni però sono state passate al vaglio e scrutate da mesi ormai: [dopo la lite con Draymond Green di novembre, ndr] tutti hanno iniziato a dire: ‘Durant non sorride più, deve qualcosa a che fare con il fatto che andrà via. Sarà già con un piede fuori dalla porta. In panchina tutti scherzano tranne lui, chissà perché”. A nessuno è passato per la mente invece che quando sei in campo pensi al Gioco e non al mercato?”. Per tutto ciò che riguarda la free agency infatti nelle prossime settimane arriveranno comunicazioni da parte del diretto interessato, senza intermediari e giornalisti chiamati a dare la notizia. Bisognerà rivolgersi direttamente a lui.