Il n°11 degli Warriors è stato costretto a uscire a causa di un problema al bicipite femorale della gamba sinistra nel quarto periodo - muscolo sollecitato dopo una caduta scomposta sul parquet, che rischia di complicare un bel po' i piani dei bi-campioni in carica
IL RACCONTO COMPLETO DI GARA-2
In casa Warriors alla lunga lista di infortunati, in una cavalcata playoff costellata di inconvenienti, si aggiunge anche il nome del più sano di tutti (almeno fino a oggi): Klay Thompson, costretto ad abbandonare il parquet a otto minuti dal termine di gara-2 a seguito di un problema al bicipite femorale sinistro che potrebbe costringerlo a fermarsi anche oltre il finale di una partita poi vinta lo stesso dai suoi compagni. “Ha sentito tirare – racconta coach Kerr nell’immediato post-partita - Dice che sta bene, ma conoscendolo potrebbe anche essere mezzo morto, tanto non lo direbbe”. Una battuta, ma soltanto fino a un certo punto tenendo conto della resistenza e della capacità di sopportazione del dolore del n°11 di Golden State. Thompson infatti nella sua carriera ha disputato da titolare tutte e 120 le partite di playoff degli ultimi cinque anni degli Warriors. Una presenza fondamentale mai venuta meno, come dimostrato nel primo tempo della gara-2 contro i Raptors, in cui è stato di gran lunga il migliore su entrambi i lati del campo per 24 minuti (alla sirena finale sono 25 punti con 10/17 al tiro in soli 32 minuti, miglior realizzatore dei suoi). Un talento in grado di fare sforzi straordinari ben al di sopra della norma, come quando lo scorso anno alle Finals si è ritrovato a fare i conti con una dolorosa caviglia fuori posto. Anche in quell’occasione non fu un problema stringere i denti, nonostante il suo impatto fu inevitabilmente ridotto. "Non immagino in alcun modo come possa saltare gara-3 e non essere a disposizione della mia squadra", commenta il diretto interessato. Pur di giocare, Thompson sarebbe davvero disposto a fare qualsiasi sforzo.
La dinamica dell’infortunio: caduta scomposta dopo un tiro da tre
Il momento cruciale della partita del n°11 di Golden State passa quasi del tutto inosservato, visto il ritmo frenetico di un quarto periodo in cui gli Warriors si sono ritrovati a fare gara di testa dopo aver sofferto per tutto il primo tempo. Sul cronometro c'erano ancora 10 minuti e 40 secondi da giocare quando il n°11 degli Warriors tenta l’ennesima tripla della sua partita, ma ricadendo non chiude bene il compasso delle gambe e sulla pressione di Danny Green – che non lo tocca, né lo sbilancia in alcun modo – collassa sulla parte sinistra del proprio corpo, rischiando la spaccata e contorcendo in maniera innaturale il quadricipite. Un campanello d’allarme che nessuno nota, tranne il diretto interessato che inizia a zoppicare leggermente e soprattutto a testare la tenuta del muscolo. A ogni pausa la mano resta fissa nella parte posteriore della coscia sinistra e le smorfie non lasciano immaginare nulla di buono, anche se di uscire dal campo non se ne parla neanche. Thompson continua così per un paio di minuti, tirando e stendendo di continuo una gamba che non vuol saperne di tornare a posto, fino a quando dopo la transizione a vuoto dei suoi è costretto a chiedere il cambio. Il gioco dopo l’azione d’attacco di Golden State – una tripla di Quinn Cook festeggiata da tutta la panchina con una vera e propria invasione di campo - non si ferma, ma Thompson non ha più le forze per correre dietro agli avversari: Toronto ne approfitta e in superiorità numerica segna la tripla che accorcia le distanze e fa imbestialire il n°11 Warriors. Curry prova a consolarlo in panchina, ma il compagno prende subito la direzione degli spogliatoi senza voltarsi indietro. Un’assenza pesante, che non ha inciso in un finale di partita dominato tecnicamente da Golden State, ma che potrebbe ripresentarsi anche nelle prossime sfide. Ai bi-campioni in carica insomma mancava soltanto questa.