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NBA Finals 2019, gara-3: Kevin Durant ancora fuori, Klay Thompson probabilmente in campo

NBA

Mauro Bevacqua

Arriva il bollettino medico dei campioni NBA in carica: migliora Durant ma resta ancora fuori, Thompson vuole esserci a tutti costi ("Anche all'80% penso di poter contribuire), in campo sicuramente Iguodala così come sicuramente fuori fino a fine stagione Kevon Looney

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OAKLAND — Steve Kerr si presenta in conferenza stampa e va dritto al punto, senza giri di parole: “Kevin [Durant] non giocherà gara-3, ma sta incrementando sempre di più la sua routine di lavoro in allenamento. Klay è day-to-day, per cui la sua presenza è ancora incerta. Loon[ey] invece è fuori per tutto il resto della serie”. Dimentica Andre Iguodala, ma a domanda risponde: “Andre è OK, gioca. Si è allenato regolarmente”. Eccoli i Golden State Warriors incerottati chiamati a scendere in campo mercoledì notte sull’1-1, per una partita che potrebbe anche indirizzare la serie. Ancora senza il loro MVP delle ultime due finali NBA: “Si allenerà più tardi al nostro centro di allenamento, non qui [gli Warriors sono alla Oracle Arena per il consueto appuntamento con la stampa, ndr]. Qui facciamo solo video e qualche trattamento ma poi nel pomeriggio si allenerà un po’. Per domani ripeto è fuori, ma sta migliorando”. Come a dire: non è  impossibile (tutt’altro) pensare a un Kevin Durant in campo in gara-4, venerdì notte, sfruttando quindi altri tre giorni —mercoledì, giovedì, venerdì — di recupero, trattamenti, riposo. Lo dice lo stesso Steve Kerr, nell’esprimere il suo rammarico per la perdita (quella sì, definitiva) di Kevon Looney per la serie: “Abbiamo buone speranze che Klay [Thompson] e KD prima o poi possano scendere in campo”. Già, Klay Thompson. Alle prese con un guaio muscolare al bicipite femorale sinistro, in California tiene banco anche lo status medico del n°11 di Golden State: “Mi ha detto che si sente bene, molto meglio di domenica — dice ancora Kerr — e che pensa di poter essere pronto a scendere in campo. Ma l’ho detto anche l’altra sera: Klay dice sempre di poter giocare, in qualsiasi condizione. Sta a noi stabilire se farlo scendere in campo potrebbe rivelarsi un rischio oppure no. Se gioca, cosa rischia? Se i trainer saranno convinti che non rischia di peggiorare la situazione, allora giocherà; ma se sentiamo che il rischio c’è, allora preferiremmo dargli un altro paio di giorni per recuperare completamente e averlo a disposizione per gara-4”. Un’ipotesi che il diretto interessato — come da copione — preferirebbe evitare. “La decisione arriverà al momento di scendere in campo ma fosse per me ovviamente sarei in campo, non riesco a immaginare di poter saltare una partita [sempre titolare in tutte le sue 120 partite di playoff in carriera, ndr]. Farò tutto il possibile, tutto quello che è nelle mie capacità per esserci, ma alla fine la decisione sarà nelle mani dello staff medico: ovvio che non posso correre il rischio di mettere a repentaglio la mia partecipazione nel resto della serie ma se anche dovessi essere non al 100% ma solo all’80% anche in quelle condizioni mi sento di poter comunque essere pericoloso in campo e di poter aiutare la mia squadra a vincere”.

Thompson: “Sento male sugli arresti e sui tagli, ma non sempre”

Quando tocca a lui affrontare i giornalisti e raccontare le sue condizioni, Klay Thompson non risparmia dettagli: “Il livello di dolore non è assurdo, va sicuramente molto meglio ora di domenica sera. I miglioramenti fatti in questi due giorni sono stati molto incoraggianti, se dovessi continuare a progredire mi aspetto di giocare”. Meglio di domenica sera, nel post-partita, meglio (nettamente) anche del post gara-1 dello scorso anno, quando Thompson aveva dovuto fare i conti con una caviglia gonfissima: “Sì, l’anno scorso era molto peggio — conferma — meglio. Certo, gli infortuni non sono mai divertenti ma testano il tuo carattere, impari a giocare con il dolore e questo alla fine ti fa apprezzare di più le vittorie finali. Sarà un cliché ma alla fine di questa serie abbiamo dei mesi interi per riposare: odio dover vedere da fuori partite come queste”. Certo però le condizioni non sono ottimali: “Mi fa male soprattutto quando mi arresto sullo stretto e quando taglio con decisione verso canestro, sullo sprint. Se sentissi dolore sempre non sarebbe un buon segno, ma non è questo il caso, il che è incoraggiante. Sento del fastidio solo su determinati movimenti, ovvio che un po’ di rischio ci sia ma sono le finali NBA, per come la vedo io sono disposto a rischiare. Gli infortuni fanno parte del nostro mestiere, ogni partita siamo potenzialmente a rischio. Lo ripeto: i progressi fatti mi lasciano ben sperare, a meno che qualcosa non sia proprio rotto a livello muscolare resto sempre fiducioso di potercela fare”.