In attesa degli esiti definitivi degli esami al tendine d'Achille del n°35 di Golden State, in molti già si domandano cosa fare tra 19 giorni, quando Durant potrebbe diventare free agent e scegliere di cambiare squadra: conviene ancora puntare su di lui? Qualcuno cambierà idea?
Manca ancora la diagnosi definitiva, ma le prime conferme – e le reazioni delle persone vicine a Kevin Durant, da Bob Myers in giù – non lasciano grossi dubbi riguardo la gravità del problema: il nuovo infortunio del n°35 coinvolge anche il tendine d’Achille; una diagnosi che se confermata allungherebbe nell’ordine dei mesi il recupero dell’All-Star degli Warriors. A questo punto per lui non si parla più di finale NBA, che Steph Curry e compagni faranno di tutto per vincere anche in suo onore, ma di altre questioni che riguardano il suo futuro, quello di Golden State e dell’intera NBA: tra 19 giorni infatti KD potrebbe scegliere di rinunciare alla sua player option da 31.5 milioni di dollari e diventare free agent. Un’opzione che in molti davano praticamente per scontata almeno fino al terzo minuto del secondo quarto di gara-5. Poi è arrivato l’infortunio che potrebbe costringere il n°35 a cambiare i suoi piani. Partiamo da una base certa: anche a fronte di un anno di assenza dal parquet, Durant non avrebbe comunque difficoltà a trovare questa estate più di una franchigia disposta a puntare su di lui mettendo sul piatto un contratto al massimo salariale. Quei soldi KD li merita, anche dovendo pazientare 12 mesi prima di vederlo all’opera. Uno scenario del genere però aprirebbe delle complicazioni non da poco per chi pensava di puntare da subito al titolo: c’è qualcuno che può permettersi di mettere sotto contratto a lungo termine un giocatore come Durant e tenere occupata una porzione così cospicua del salary cap in attesa del suo rientro? Una di sicuro esiste e sta dimostrando in questi giorni di poterne fare in parte a meno: i Golden State Warriors, che paradossalmente tornano prepotentemente d’attualità.
Restare a Golden State un altro anno e rimandare la free agency
Restare nel contratto e aspettare – stavolta senza forzare il recupero - diventa uno scenario tutt’altro che secondario, anche perché la reazione spontanea del gruppo e della dirigenza nei suoi confronti è andata ben oltre il semplice senso di colpa. Gli Warriors si sono stretti come una famiglia attorno a lui, le lacrime di Myers sono soltanto uno dei tanti gesti d’affetto arrivato dallo spogliatoio dei bi-campioni in carica. Durant con questo sforzo scellerato ha dimostrato una volta di più di essere un giocatore non compreso fino in fondo dai media e da chi ne racconta la carriera. L’ex Thunder è stato additato come un traditore, poi come un mitomane che passa le giornate a usare i suoi account fake sui social e infine come l’approfittatore che non voleva tornare sul parquet per non rischiare di farsi male e compromettere il suo futuro in giro per la Lega. Le precauzioni prese invece erano necessarie e sono state bypassate forse con troppa fretta, ma Durant ci ha provato lo stesso – dimostrando di poter essere decisivo anche non essendo al 100% della forma, prima di alzare bandiera bianca. Adesso i suoi compagni avranno una motivazione in più per provare a completare una rimonta che avrebbe un sapore storico, ma al tempo stesso KD dovrà valutare cosa fare tra tre settimane. E quei 31.5 milioni previsti dal suo contratto assumono tutto un altro aspetto, soprattutto nel caso in cui venga confermata la durata dello stop post-infortunio. Rimandare di 12 mesi la partenza eventuale dalla Baia potrebbe avere un suo perché, a patto però di non forzare più la mano e rischiare ulteriori ricadute.
Il corteggiamento dei Knicks e il caso Irving: cosa fare adesso?
Lo scenario invece si complica e non poco per chi aveva iniziato a pianificare il suo futuro nel segno di Kevin Durant. Due esempi su tutti rendono bene l’idea di come una singola azione sul parquet possa cambiare le sorti dei prossimi dieci anni in NBA. I Knicks non hanno mai fatto mistero di avere intenzione di puntare al n°35 durante la prossima free agency e, nonostante l’infortunio, potrebbero continuare a seguire le orme di uno dei migliori giocatori della Lega. Le complicazioni però sono dietro l’angolo: qualora Durant restasse a riposo per un’intera stagione occupando il 35% del salary cap dei newyorchesi, quale altro All-Star sarebbe disposto a sobbarcarsi almeno una stagione in completa solitudine sul parquet con un roster tutt’altro che competitivo, mentre KD è costretto a fare i conti con fisioterapia e riabilitazione? Mettere le mani su un altro talento diventa molto più complicato. Discorso simile può essere fatto per Kyrie Irving, che nelle scorse settimane era stato associato proprio a Durant in diversi rumors di mercato: “Andiamo insieme a prenderci una franchigia”, il messaggio lanciato. Ma adesso avrebbe senso lo stesso, con la consapevolezza di dover rinunciare almeno al primo anno? Il n°11 dei Celtics ha visto quanto sia stato complesso per Gordon Hayward ritrovare la resa migliore – infortunio diverso e orribile per l’ex Utah Jazz, ma sintomatico nella forma – e in generale sa bene come in una Lega così competitiva non si possano rimandare a lungo le opportunità. Perdere un anno potrebbe essere un sacrificio che le squadre a caccia di rilancio o gli All-Star che vogliono una contender da subito non sono disposte a fare.