Draymond Green e Steph Curry sono d’accordo su una cosa: “Non finisce qui, l’anno prossimo saremo ancora protagonisti”. Indipendentemente dal roster con cui Golden State si presenterà al via della stagione 2019-20
THOMPSON, LA DIAGNOSI È TREMENDA
OAKLAND — Svanito il threepeat. Svanito il quarto titolo in cinque anni. Per Golden State il bilancio di un lustro con Steve Kerr alla guida della squadra oggi dice 3 titoli NBA vinti (2015, 2017 e 2018) e due persi (2016 e 2019, uno all’ultimo tiro di gara-7, l’altro dovendo fare a meno di Kevin Durant e Klay Thompson in momenti significativi della serie): “In questi 5 anni sono stato testimone di una combinazione incredibile di talento, carattere e dedizione. Non succede così spesso, un mix del genere. Non è facile che un gruppo di giocatori riesca a fare quello che hanno fatto i miei ragazzi in questi cinque anni: io mi reputo fortunato per averli potuti allenare”, il commento a caldo Steve Kerr. Un gruppo — quello formato da Steph Curry, Klay Thompson, Draymond Green, Andre Iguodala e Kevin Durant — il cui futuro oggi non è certo chiaro, tanto per via delle scadenze contrattuali (Kevin Durant con una player option sull’ultimo anno del suo contratto, Klay Thompson in scadenza) che per la tegola infortuni abbattutasi proprio sui due giocatori teoricamente sul mercato. Al punto che da più parti il ko contro Toronto è stato visto come la fine di un’era in casa Warriors, l’esaurirsi di un ciclo vincente, analisi che però trova tutt’altro che d’accordo i diretti interessati: “Non abbiamo finito qui, abbiamo solo perso quest’anno: la gente è convinta che sia la fine di un’era, l’ho sentito ripetere parecchio in giro… Beh, no, non credo proprio…”, commenta Draymond Green con un sorriso di sfida nei momenti immediatamente seguenti la sirena di gara-6. Steph Curry ammette come sia “difficile finire così un’annata”, ma poi preferisce anche lui concentrarsi sul bicchiere comunque mezzo pieno: “Anche stasera abbiamo dimostrato per l’ennesima volta chi siamo, resistendo a tutte le avversità che abbiamo dovuto affrontare. Il nostro DNA, la nostra identità, il nostro carattere, queste caratteristiche rimangono, e io non scommetterei mai contro di noi. Vogliamo tornare su questo palcoscenico già l’anno prossimo e poi ancora negli anni a venire. Non è finita qui, di sicuro. Perdere fa sempre male, quali che siano le condizioni in cui si sviluppa la sconfitta, che sia come è successo nel 2016 in gara-7 o con tutti gli infortuni di quest’anno. L’importante però è capire come poter rispondere a queste avversità, cosa fare per tornare di nuovo in finale: è da momenti come questi che si trovano le motivazioni per le prossime sfide”. E il n°30 dei Dubs promette: “Certo, in estate il nostro front office ha decisioni importanti da prendere, ma indipendentemente da quale sarà il nostro roster al via della prossima stagione da veri campioni quali siamo sono convinto che saremo in grado di mantenere il nostro DNA di squadra. Questa storia non finisce qui”, dice Curry. E più che una promessa sembra una minaccia per le altre 29 squadre della lega.