“Bruce Lee era mio amico e il film di Tarantino gli manca di rispetto”, titola il pezzo scritto su The Hollywood Reporter dal miglior marcatore di tutti i tempi della NBA. Che al regista di “Once upon a time in Hollywood” rinfaccia un ritratto “razzista” del grande maestro della arti marziali
Negli Stati Uniti è già nelle sale, in Europa è stato recentemente presentato al Festival di Locarno, in Italia l’attesissima uscita è prevista per il 19 settembre: è l’ultimo film di Quentin Tarantino, dal titolo “Once upon a time in Hollywood”. Un’uscita che, come sempre accade per il regista di “Pulp Fiction” e “Kill Bill”, fa discutere e parlare la vasta schiera dei suoi ammiratori, questa volta ancora più numerosa vista la presenza di due assolute icone hollywoodiane tra gli interpreti, ovvero Leonardo Di Caprio e Brad Pitt. Pensato per essere un omaggio al periodo magico di Hollywood degli anni ’50, il film ha però infastidito non poco un personaggio di spicco della cultura americana come Kareem Abdul-Jabbar. Il leggendario giocatore di Bucks e Lakers, infatti, ha trovato assolutamente senza scuse il ritratto – a suo dire “razzista e poco accurato” – fatto da Tarantino del grande maestro delle arti marziali, che di Jabbar è stato amico e insegnante. In un articolo da lui scritto per la rivista di cinema “The Hollywood Reporter”, l’uomo passato alla storia per il suo gancio cielo non risparmia le critiche “a uno dei miei registi preferiti”, Quentin Tarantino, “che ammiro per la sua imprevedibilità, per il suo non voler scendere mai a compromessi e per il suo coraggio”. Per questo la visione di “Once upon a time in Hollywood” mi ha lasciato “ferito”, scrive Jabbar, “perché quando ritraggono personaggi storici realmente esistiti i registi hanno una certa responsabilità nel mantenersi coerenti al loro messaggio. Ovvio, essendo il cinema finzione, Tarantino può fare di Bruce Lee il ritratto artistico che più gli aggrada, ma farlo in maniera così scadente, poco accurata e razzista è un fallimento tanto per il Tarantino artista che per l’uomo”. Parole di un certo impatto, che il n°1 nella lista dei marcatori NBA di tutti i tempi spiega così: “Bruce Lee è stato mio amico ed è stato il mio maestro. Durante tutti gli anni della nostra amicizia, mi ha raccontato spesso di quanto fosse frustrato per le rappresentazioni stereotipate con cui film e serie tv raccontavano le persone di origine asiatica. I ruoli erano sempre per personaggi cattivi e imperscrutabili oppure per servitori umili. Come accadeva per gli afroamericani prima dell’avvio di Sidney Poitier e dei film della blaxploitation, gli uomini asiatici erano sempre accessori asessuati alle scene di un film, mentre le donne immancabilmente venivano dipinte come personaggi servili. Allo stesso modo Tarantino ha scelto di applicare questi stereotipi anche alla sua versione di Bruce Lee e questo mi disturba profondamente. Le persone di origine asiatica – conclude Kareem – meritano di essere conosciute oltre gli stereotipi che li dipingono sempre uguali, ma ‘Once upon a time in Hollywood’ purtroppo preferisce fare alla vecchia maniera”.