Nella gara d'esordio stagionale dei Rockets, diversi tifosi hanno esposto cartelli e magliette in supporto di Morey e della battaglia anti-cinese: "A quanti diritti fondamentali bisogna rinunciare per accedere al mercato del paese asiatico?". E il vice presidente USA Pence punta il dito contro la NBA
Erano una trentina, ma sono stati i più fotografati e più rumorosi al Toyota Center. In molti attendevano l’esordio stagionale dei Rockets per capire come avrebbe reagito il pubblico texano alla lunga serie di polemiche con la Cina seguite al tweet di Daryl Morey a favore delle proteste a Hong Kong. Un gruppetto ben visibile sugli spalti che ha messo in mostra cartelli e magliette contro il governo cinese e a favore della libertà di parola nel mondo. Una partita molto attesa quella tra Rockets e Bucks, con gli ultimi tre MVP della regular season presenti sul parquet e uno degli appuntamenti da non perdere in questa prima settimana di gare. Una sfida che in Cina però non è stata trasmessa - ennesima decisione presa a seguito della lunga scia di polemiche e di ritorsioni applicate dalle principali emittenti e imprese commerciali del paese asiatico. I fotografi a bordocampo invece non si sono lasciati sfuggire l’occasione di immortalare i tifosi con le magliette nere e la scritta: “Fight for freedom”, diventata il motto della protesta a Hong Kong - con alcuni rappresentati della comunità cinese di Houston presenti sugli spalti. “La NBA e l’industria americana si ritrova costretta a confrontarsi con il diritto sacrosanto della libertà di parola. Devono chiedersi a quanti diritti bisogna rinunciare pur di avere accesso al mercato cinese? Questa è la ragione per cui vogliamo mandare un messaggio chiaro rivolto all’intera comunità”, sottolinea uno dei portavoce. Una battaglia che riconosce in Morey un libero cittadino americano al quale è stata vietata la più basilare delle libertà: quella di esprimere il proprio pensiero. Il GM dei Rockets, lontano dai microfoni e dai cronisti dal 4 ottobre, non ha parlato neanche questa volta. Per chiudere il cerchio delle discussioni (e non di certo delle polemiche) bisognerà aspettare ancora un po’.
Il vicepresidente USA Pence: “La NBA si comporta come se fosse controllata dalla Cina”
Un atteggiamento che neanche l’amministrazione governativa americana ha digerito. Mike Pence, vicepresidente degli Stati Uniti, è stato molto duro nei confronti della NBA e delle aziende che operano in Cina: “La Nike da sempre si è fatta promotrice di quella che definiscono “la giustizia sociale”, ma quando devono confrontarsi con realtà come quella di Hong Kong preferiscono mettere da parte la loro coscienza”, il commento arrivato a margine di un evento in cui si è discusso anche di un possibile nuovo accordo proprio con la Cina da parte del governo USA. La linea tenuta dalla Casa Bianca è quella di smettere di tollerare le pratiche economiche non regolamentari applicate sul mercato dal governo cinese: “La linea politica mantenuta nei loro confronti non solo ha agevolato la loro spregiudicatezza economica, ma anche la possibilità di violare i diritti umani delle persone”, sottolinea Pence. Parole fortemente criticate dalle opposizioni, che sottolineano come Trump e lo stesso vicepresidente siano in contatto e in affari (privati) con diversi regimi autoritari che violano palesemente le libertà individuali. All’amministrazione americana però, quello che non è andato giù è stato soprattutto l’atteggiamento remissivo nei confronti del governo cinese tenuto dalla NBA: “Sembra un’azienda controllata al 100% da un regime autoritario, non si può accettare la rimozione del marchio degli Houston Rockets per ragioni di questo tipo”.