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Rose, super avvio di stagione: “Magari potesse giocare 40 minuti”

NBA

Tre partite, 25 punti di media e l’ultima super prestazione da 31 (inutili) contro Philadelphia. Il più giovane MVP della storia NBA è in gran forma e a Detroit sperano non sia una condizione di passaggio: “Sarei felice di schierarlo sempre, ma non posso”

I cori “MVP-MVP” li ha sentiti mille volte rivolti nei suoi confronti, ma in questa occasione fanno particolarmente piacere. Perché in una carriera costellata di infortuni sfortunati, alti e bassi e situazioni complicate da gestire a livello tecnico e mentale, Derrick Rose sembra aver ritrovato un minimo di continuità. Nulla di definitivo, ma tre partite sintomatiche del fatto che il n°25 dei Pistons può davvero ancora dire la sua. Al momento sono 25.3 punti e cinque assist di media in 26 minuti di utilizzo e i suoi 76 punti totali segnati nelle prime tre partite di stagione sono un record di franchigia per un giocatore in uscita dalla panchina. Si tratta di un lusso enorme per una squadra come Detroit, a caccia di talento e di giocatori che riescano a muovere la retina. Senza Blake Griffin e Reggie Jackson, i Pistons stanno provando ad aggrapparsi alle spalle del gigante Drummond e a lucrare punti da ogni situazione favorevole. E Rose anche questa notte ha risposto presente, giocando 26 minuti di assoluto livello offensivo chiusi con 14/21 al tiro, tre assist, 31 punti e una scarica d’energia difficilmente valutabile attraverso il freddo boxscore. La capacità di attaccare il ferro, la continuità con cui l’ha fatto e la voglia messa in mostra sul parquet hanno scaldato il cuore del pubblico della Little Caesars Arena - non sempre piena, ma pronta a omaggiare quello che è già diventato il beniamino del pubblico.

Il parziale decisivo subito senza Rose: “Purtroppo devo tenerlo a riposo”

Un gruppo che a suo modo sta diventando dipendente dalle prestazioni di Rose, come testimoniato da quanto successo nel terzo quarto della sfida persa contro Philadelphia. Detroit era avanti di 13 lunghezze del terzo quarto quando Drummond è stato costretto ad abbandonare il parquet a causa del quarto fallo commesso. A quel punto Dwane Casey ha dovuto improvvisare, schierando un quintetto sperimentale risultato poi disastroso a livello di impatto: parziale istantaneo dei Sixers che, una volta ritornati a contatto, non hanno più mollato Philadelphia. Il passaggio chiave della seconda sconfitta casalinga incassata dai Pistons: “Provare a reggere anche soltanto per qualche minuto senza Griffin, Jackson, Drummond e Rose per noi sarà sempre complicato. Vuol dire chiedere a giocatori che non sono mai stati nella loro vita insieme sul parquet di giocare a pallacanestro”. Già, ma la domanda dei reporter era chiara: perché non continuare a cavalcare Derrick Rose? “Credetemi, sarei super felice di poterlo schierare per 40 minuti ogni partita, ma semplicemente non posso farlo. Devo tenerlo a riposo e centellinare il suo sforzo”. Anche in un momento positivo, i demoni del passato e gli infortuni sono sempre dietro l’angolo. Una settimana fa c’era chi ironizzava guardando i roster e dicendo: “Se fosse il 2010 e non il 2020, i Pistons sarebbero da titolo”. Dieci anni fa infatti Blake Griffin era il rookie dell’anno, Joe Johnson (poi tagliato dalla squadra del Michigan prima dell’inizio della regular season) alla quinta convocazione consecutiva all’All-Star Game e soprattutto Derrick Rose formato MVP. La speranza dell’ex stella dei Bulls è quella di poter dimostrare con continuità che quel passato non è poi così lontano come sembra.