Il n°30 degli Warriors è tornato ad allenarsi con la squadra a oltre due mesi di distanza dall’operazione: il tiro è sempre lo stesso e la condizione fisica sembra ottimale, per un giocatore che a questo punto anche senza forzare i tempi potrebbe tornare in campo dopo l’All-Star Game
Dopo settimane trascorse a bordocampo a incitare i compagni e lontano dalla palestra d’allenamento, Steph Curry è riapparso negli ultimi giorni durante le sessioni di preparazione alle gare di Golden State. Stando al racconto dettagliato fatto da Anthony Slater su The Athletic, il n°30 degli Warriors è spuntato per la prima volta per eseguire la sua routine al tiro lo scorso giovedì, aspettando in maniera propizia che i giornalisti terminassero il loro quarto d’ora di riprese e percorrendo in senso opposto rispetto ai cronisti il corridoio che portava al campo d’allenamento. Una scena in parte ripetuta anche il giorno dopo, prima del match casalingo contro Milwaukee – sfida in cui Curry si è fermato a parlare in maniera “sospettosa” con Giannis Antetokounmpo: una sessione di lavoro individuale preparata ad hoc per Steph da tenere nascosta, finita però negli obiettivi dei giornalisti che seguono gli Warriors e che, impegnati con Steve Kerr alle spalle del muro della sala pesi, sono riusciti a spiare il parquet mentre stavano facendo le interviste del prepartita. Uno spettacolo che ha catturato l’attenzione ben più delle parole dei protagonisti sul parquet a poche ore da una sconfitta annunciata come quella contro i Bucks. Nelle scorse ore infine, niente più segreti: uscito per l’allenamento non appena è iniziata la sessione, Curry era ben consapevole del fatto che gli occhi e le telecamere sarebbero state tutte puntate su di lui. La mano e il tiro dalla lunga distanza non sono cambiati, impegnato ad affrontare un lavoro ad alto ritmo per un giocatore lontano dal parquet da oltre due mesi. Dopo 45 minuti di intensa attività, Curry si è fermato per un consulto con Rick Celebrini – il trainer degli Warriors che segue i progressi della sua mano sinistra. Dopo un controllo, è ritornato a palleggiare con quella mano e a testare il tiro e l’articolazione in movimento: passi in avanti da gigante, ben oltre le aspettative per chi non lo vedeva all’opera da diverse settimane.
La diagnosi, i 3 mesi di stop e il possibile ritorno post All-Star Game
Il responso medico post-operazione era stato fin troppo chiaro: bisogna aspettare tra i 3 e i 4 mesi prima di poter parlare di pieno recupero dell’osso e più in generale dell’articolazione della mano sinistra – ossia non prima degli inizi di febbraio. Da lì in poi si può iniziare a ipotizzare un suo possibile ritorno in campo. Tra tre settimane infatti è già fissata la visita per valutare i progressi e pianificare la fase finale del recupero di Curry, che dal canto suo non ha mai nascosto la voglia di tornare a giocare il prima possibile. Il fatto che Golden State resti ben lontana dall’avere ambizioni di classifica in questa stagione però, permette agli Warriors di operare con calma e mantenere tutte le cautele del caso. Non c’è alcuna ragione per correre, anche se una volta ritornato a pieno regime in allenamento sarà sempre più difficile tenere fuori il n°30 (vista anche la risibile concorrenza e il bisogno vitale del suo talento e della sua qualità in campo). Complicato oggi fissare una tabella definitiva di marcia: i 4 giorni d’allenamento consecutivi restano il miglior segnale e le prossime tre settimane prima del consulto medico saranno il viatico ideale per mettere un po’ di benzina nel serbatoio di un giocatore che già adesso non ha alcuna restrizione al tiro o nel palleggiare anche con la mano infortunata. Curry non parteciperà per la prima volta dopo anni all’All-Star Game e dopo il break di metà febbraio, Golden State sarà impegnata in tre giorni intensi di allenamento e in una striscia di quattro partite consecutive in casa: il momento ideale per immaginare il suo ritorno in campo, anche senza voler forzare la mano - questa volta, è davvero il caso di dirlo.