NBA, parla Adam Silver: "Tre opzioni per tornare in campo, ma serve l’ok dei medici"
CORONAVIRUSIl commissioner Adam Silver ha parlato con ESPN della situazione della NBA con il coronavirus, illustrando tre opzioni per il ritorno in campo e dicendosi ottimista sulle possibilità di salvare la stagione 2019-20: "Possiamo giocare con i tifosi, senza i tifosi oppure organizzare una gara di beneficenza: i medici e la sanità pubblica devono però prima dare l’ok"
È passata una settimana da quando la NBA ha dovuto sospendere la regular season per via della positività di Rudy Gobert al COVID-19, e al momento si può solamente navigare a vista. Per fare il punto della situazione il commissioner della NBA Adam Silver ha rilasciato un’intervista con ESPN per parlare di come la NBA sta provando ad affrontare la situazione, suggerendo una nuova opzione per riportare la pallacanestro nelle case degli appassionati: una gara di beneficienza con gli atleti NBA. "Quali sono le condizioni di cui abbiamo bisogno per ricominciare? Ci sono tre opzioni sul tavolo: ricominciare a giocare con 19.000 spettatori come abbiamo sempre fatto; ricominciare senza i tifosi, con giocatori e staff in campo secondo le indicazioni dei medici; oppure una terza opzione per dare alla gente a casa una sorta di intrattenimento e una distrazione, una partita in cui un gruppo di giocatori possano giocare per beneficienza o per il bene della gente". Tra i pensieri di Silver c’è anche la stima che circa 55.000 persone lavorano per la NBA e tra i suoi obiettivi c’è anche quello di trovare un equilibrio tra le questioni di salute pubblica e quelli economici. "Forse quello che possiamo fare è salire gradualmente: il primo passo non può essere subito una partita con migliaia di spettatori, ma forse può bastare la partita. Il 99% delle persone guarda il nostro gioco attraverso una qualche forma di media, solo una piccola percentuale lo fa nelle arene. Forse attraverso la tecnologia possiamo fornire ai tifosi a casa una sorta di contorno ‘virtuale’ che reagisca e faccia lo stesso rumore di un’arena NBA. Negli Stati Uniti abbiamo le migliori menti al mondo: possiamo trovare una soluzione".
Silver: "I giocatori vogliono tornare in campo, cercheremo di farlo"
L’idea, comunque, è quella di tornare in campo e che la stagione 2019-20 non sia da cancellare: "Sono ottimista di natura e voglio credere che riusciremo a salvare almeno una porzione della stagione. Onestamente non so quando succederà perché non sappiamo quanto durerà questo periodo. Abbiamo fatto cose nuove e creative in passato, come la conclusione dell’All-Star Game di quest’anno [l’ormai celebre Elam Ending, ndr]. Abbiamo parlato di un torneo per entrare nei playoff e ci sono altre cose che potremmo cambiare del formato. Ci saranno le condizioni per poter giocare: poi saranno i medici della sanità pubblica a darci l’ok”. I giocatori in particolare secondo quanto riferito da Silver non vedono l’ora di giocare: “Da quello che ho sentito da loro non vogliono fare altro che competere. A differenza di noi che possiamo tornare a fare quello che facevamo, un anno perso o una porzione di stagione persa in una carriera di un giocatore ha un peso diverso. Cercheremo in tutti i modi di giocare di nuovo, tenendo bene a mente che la sicurezza e la salute dei nostri giocatori e dei nostri tifosi viene al primo posto”.
I possibili cambiamenti nel calendario per il futuro
Tra le cose più interessanti sul tavolo di Silver c’è la possibilità che questa situazioni porti a un cambiamento radicale del calendario soprattutto in vista della prossima stagione, spostando la durata del campionato dall’attuale ottobre-giugno a dicembre-agosto per evitare di sovrapporsi con il football e avere quindi maggiore esposizione. “È una possibilità con cui parliamo sempre con i nostri partner televisivi, che siano nazionali o regionali. Il calendario televisivo convenzionale è cambiato tantissimo da quando sono entrato in questo business: ‘Prime Time’ ha un signoficato molto diverso ora e l’estate è vista in maniera diversa. Da ormai un anno ci lavoriamo moltissimo, anche perché molti dei nostri proprietari hanno un background tecnologico e nel mondo dei media”.
Le polemiche per i test ai giocatori: “Abbiamo seguito le direttive”
Uno degli argomenti più spinosi in questo momento per la NBA è il fatto che diversi giocatori si siano sottoposti ai test per il COVID-19 nonostante la scarsità di tamponi disponibili negli stati Uniti. Una situazione che ha portato il sindaco di New York Bill de Blasio a criticare la lega: “Capisco il suo punto di vista ed è spiacevole che come società ci troviamo in questa situazione con i test, ma il problema fondamentale è che ce ne sono in numero insufficiente. Per quanto riguarda la NBA, noi abbiamo seguito le raccomandazioni degli esponenti della sanità pubblica. Gli Utah Jazz non hanno chiesto di essere testati: è stata la sanità pubblica dell’Oklahoma sul posto a chiedere che lo fossero, e non potevano lasciare lo spogliatoio prima di averlo fatto. E lo stesso è successo per le squadre successive. Capisco perché alcune persone abbiano reagito in quel modo, ma abbiamo seguito le direttive e siamo stati la prima lega negli Stati Uniti a decidere di fermarsi quando le raccomandazioni erano al massimo quelle di giocare senza pubblico. In più, il nostro stop ha rappresentato una presa di coscienza per prendere seriamente la situazione, specialmente tra la popolazione più giovane che ci segue".