Larry Nance Jr., lungo dei Cleveland Cavaliers, convive da anni con le cure per il morbo di Crohn, che abbassano le difese del suo sistema immunitario. Per questo le precauzioni che sta prendendo sono ancora più strette rispetto ai suoi colleghi: "Non lascio casa da una settimana, ma è l’unica cosa da fare"
È da quando ha 16 anni che Larry Nance Jr., lungo dei Cleveland Cavaliers e figlio dell’ex giocatore NBA Larry Nance, convive con il morbo di Crohn, una malattia infiammatoria cronica dell’intestino le cui cure richiedono medicine immunodepressive. Per questo anche solo un raffreddore o un’influenza possono rappresentare un grosso problema per Nance, a maggior ragione preoccupato per la situazione legata al coronavirus. “All’inizio si diceva: ‘Oh, stanno esagerando, non è una cosa così importante’. Per me è stato l’opposto. Ho dovuto prenderla da subito in maniera molto seria” ha spiegato a The Athletic. Fin dall’inizio Nance ha osservato rigorosamente tutte le indicazioni arrivate dalla NBA e ha discusso con i medici dei Cavs se avesse senso per lui andare in trasferta con la squadra, aumentando il rischio di un possibile contagio. Da oltre una settimana non esce di casa — come tanti altri suoi colleghi NBA — e ha riempito le sue stanze di sanitari per le mani, tanto da renderle screpolate per tutte le volte che se le è lavate.
La vita di Nance con il morbo di Crohn
Nance è l’unico giocatore NBA con la malattia di Crohn, per la quale non esiste una cura definitiva ma solo una serie di farmaci per alleviarne i sintomi, quali il Metotrexado (da prendere su base settimanale) e l’Infliximab (una volta ogni sei settimane e mezzo). La controindicazione però è che questi farmaci sono immunodepressivi, rendendo chi li prende estremamente vulnerabili al COVID-19. Nance ha discusso della possibilità di sospendere le cure — che vengono effettuate da una sola infermiera nella sua abitazione, cercando di limitare il più possibile il contatto con altre persone — almeno per il momento, ma seguendo le raccomandazioni dei medici ha deciso di proseguire: “In questo momento non posso sopportare un’infiammazione dovuta al Crohn, sarebbe persino peggio” ha detto, spiegando che senza cure avrebbe dolori e nausee insopportabili. “Perciò posso solo estremamente cauto e sperare che tutto vada per il meglio”. Tra queste c’è una dieta molto rigida che esclude del tutto noci, semi, cibi unti e piccanti, controllando il più possibile ciò che finisce sulla sua tavola.
Il rischio dell’incontro coi Jazz e la donazione per Cleveland
Nance ha passato momenti di paura quando è arrivata la notizia della positività di Rudy Gobert, visto che i Cavaliers hanno affrontato i Jazz il 3 marzo, ovverosia entro i 14 giorni precedenti a quando il lungo francese ha mostrato i primi sintomi. Nel tempo che è passato però nessuno nella sua squadra — e neanche lui — ha mostrato alcun segno della possibile presenza di coronavirus: per questo e per evitare di entrare in contatto con un possibile infetto non è stato sottoposto a tampone. In compenso Nance — che si considera nativo di Cleveland, dove ha vissuto mentre suo padre giocava per la squadra di casa — ha donato 100.000 dollari alla Akron-Canton Regional Foodbank e alla Greater Cleveland Food Bank per aiutare le comunità locali, seguendo la donazione di Kevin Love per lo staff dell’arena dei Cavs. Nel frattempo, cerca di tenersi impegnato come tanti altri in giro per il mondo: gioca online con i compagni Cedi Osman e Ante Zizic, si tiene in contatto con Tristan Thompson e Kevin Love e prova a far passare il tempo. “Stiamo tutti bene, siamo solo annoiati. Ma se questa è il nostro unico problema, significa che sta andando tutto bene”.