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NBA, Gallinari dona kit anti-coronavirus agli ospedali di OKC: "Posso e devo far qualcosa"

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Bel gesto dell'azzurro dei Thunder, uno dei primi a lanciare l'allarme nel mondo NBA sulla gravità del virus Covid-19 e sulle possibili conseguenze: "Per fortuna il commissioner Silver è stato eccezionale nell'intervenire subito e fermare tutto: è stata la decisione giusta"

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“C’è bisogno, e se le persone nelle mia posizione possono far qualcosa per aiutare — e io posso aiutare — sento di volerlo fare e di doverlo fare”. Con queste bellissime parole Danilo Gallinari ha commentato la donazione effettuata al dipartimento medico della contea di Oklahoma City, che a partire da settimana prossima grazie all’impegno del giocatore dei Thunder riceverà 400 test per il coronavirus insieme a tanto altro materiale utile in questa emergenza, dalle mascherine ai guanti. “Sono qui, vivo qui, mi sento meglio sapendo di poter fare qualcosa per migliorare la situazione di questa comunità”, ha dichiarato l’azzurro, che ovviamente ha fatto tesoro prima e con maggior consapevolezza di altri dell’esperienza vissuta da parenti, amici e conoscenti in Italia: “Posso raccontarvi un sacco di storie non certo belle, di persone che non ce l’hanno fatta, persone che conoscevo — amici, familiari — che hanno contratto il virus. Ci sono nuove storie ogni giorno, a ogni ora”. Per questo Gallinari è stato tra i primi nel mondo NBA a far sentire forte la sua voce sulla necessità di non sottovalutare il problema e di intervenire in maniera decisa per evitare un contagio peggiore: “Non sono un mago, non stato facendo l’indovino: ho semplicemente fatto notare che quello che stava succedendo in Italia sarebbe potuto succedere anche qui. Siamo stati fortunati che il commissioner Silver è stato eccezionale nell’intervenire immediatamente, scegliendo di non passare neppure attraverso la fase n°2 — quella della disputa di alcune partite a porte chiuse — ma scegliendo di sospendere subito tutto. È stata la decisione giusta e sono felice che l’abbia presa immediatamente”. Per lui la quarantena è iniziata l’11 marzo, e da allora “sono chiuso in casa, mi alleno due volte al giorno, cucino, guardo un po’ di tv: sono fortunato che la mia fidanzata è qui con me, fossi stato da solo sarebbe stato molto peggio”. Nonostante conosca benissimo la gravità della situazione, l’azzurro è convinto che ci sia ancora modo di contenere il contagio, almeno negli Stati Uniti: “Tutti devono capire che è fondamentale comportarsi in una certa maniera, perché questo virus non passerà domani, né tra qualche giorno, né in una settimana o due: ci vorranno mesi, ma con l’aiuto di tutti possiamo ancora contenere i numeri del contagio”.