Nei nuovi episodi di "The Last Dance" - in Italia su Netflix e disponibile a un prezzo vantaggioso per gli abbonati Sky che sottoscrivono l’offerta Intrattenimento Plus su Sky Q - si torna sul secco 4-0 con cui i Bulls eliminano Detroit nel 1991 causando la stizzita reazione di Isiah Thomas e compagni. Che Michael Jordan evidentemente non ha ancora digerito
I precedenti risalgono al 1988, al 1989 e al 1990: per tre anni in fila i Chicago Bulls di Michael Jordan vengono eliminati dai playoff dai “Bad Boys” di Detroit, capitanati da Isiah Thomas. Così, quando finalmente le due squadre si sfidano di nuovo in finale di conference a Est nel 1991 — stavolta i Bulls con la miglior testa di serie a Est, in virtù di un record di 61 vinte e 21 perse — per Jordan è compagni è tempo di rivincita. E rivincita sarà, con una serie assolutamente dominata fin dalla prima palla a due: le prime due vittorie a Chicago, poi il successo a “The Palace” in gara-3 (113-107) e quindi il colpo finale, un secco 115-94 che completa il “cappotto” dei Bulls ai Pistons reduci da due titoli NBA consecutivi, vinti nel 1989 e nel 1990. Una sconfitta che sa di vendetta lato Chicago e di umiliazione lato Detroit, con Thomas e compagni costretti a uscire sconfitti dal campo davanti ai propri tifosi con un -21 e un imbarazzante 0-4. Umiliazione tale che i titolari dei Pistons scelgono di abbandonare il parquet prima che il tempo scada per rifiutare di stringere la mano ai Bulls vittoriosi, un comportamento che Michael Jordan — come evidente in “The Last Dance” — non ha ancora digerito. “So che [qualsiasi cosa dica] sono tutte str**zate”, il primo commento indispettito quando gli viene avvicinato un iPad per vedere il video in cui Isiah Thomas spiega davanti alle telecamere di Jason Hehir il cosiddetto “walkoff”. “Qualsiasi cosa dica oggi sappiamo bene che il suo modo di comportarsi allora è stato ben diverso. Ha avuto tempo per pensarci, o forse la reazione del pubblico negli anni ora ha cambiato la sua prospettiva”. Ma Jordan non se la beve: “Potete farmi vedere quello che volete, ma non riuscirete a convincermi che sia stato uno str**zo”.
Le parole di Isiah Thomas
Nella testimonianza video che Thomas affida a “The Last Dance”, la point guard di quei Pistons prima dice che il suggerimento di uscire dal campo senza stringere la mano ai Bulls fu di Bill Laimbeer, ma poi cerca di dare un contesto al proprio comportamento: “Quando battemmo i Celtics in finale a Est nel 1988 la gran parte dei Celtics fece lo stesso con noi: Kevin McHale mi strinse la mano solo perché lo fermai io in mezzo al campo. Per noi era ok, ma col senno di poi, conoscendo le conseguenze e tutto quello che si è detto di quel nostro gesto nei confronti dei Bulls, avremmo dovuto fermarci e far loro le congratulazioni. Certo che avremmo dovuto farlo — afferma oggi Thomas — ma al tempo non si usava così: se si perdeva, si lasciava il campo”.
La contro-risposta di MJ
Come detto, le parole in qualche modo concilianti 30 anni dopo non convincono Jordan: “Basta andare a vedere come ci siamo comportati noi dopo la gara-7 dell’anno prima. Ho stretto le mani di tutti quando ci hanno battuti. C’è un certo rispetto da dimostrare verso il gioco, nel riconoscere la loro vittoria; c’è una certa sportività da esibire, anche quando fa male. E posso assicurarvi che faceva male”, le parole di Jordan. Che poi però chiude tornando su un ricordo a lui lieto, quei secondi finali di gara-4 delle finali di conference 1991: “Non c’era bisogno che venissero a stringerci la mano: sapevano già che li avevamo presi a calci nel sedere. Per me eliminarli è stato quasi meglio di vincere il titolo NBA”.