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NBA, Kevin Durant e il suo impero: 15 milioni guadagnati investendone soltanto uno

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©Getty

Il n°7 dei Nets, indisponibile da un anno a causa della rottura del tendine d’Achille, ha festeggiato l’acquisizione della startup Postmates da parte di Uber - una società che in meno di quattro anni gli ha permesso di incassare una bella cifra e allargare ancora di più il suo impero finanziario

Essere in gamba e finanziariamente preparato fuori dal campo sta diventando sempre più un requisito fondamentale per chi, come Kevin Durant, si guadagna da vivere giocando a pallacanestro. I primi a fargli i conti in tasca sono stati i giornalisti di Forbes che lo scorso dicembre hanno pubblicato un lungo approfondimento su di lui, concentrandosi per una volta sugli aspetti non strettamente tecnici che riguardano il parquet e il basket giocato. Il coronavirus e la crisi globale degli ultimi mesi avranno certamente cambiato in parte le cose, ma la solidità degli investimenti finanziari fatti da KD resta invidiabile: forte degli accordi da 164 milioni di dollari con i Nets e il decennale da 275 milioni di dollari con Nike, l’ex giocatore degli Warriors soltanto in questa stagione ha incassato circa 70 milioni di dollari senza mettere piede in campo. A guidare i suoi interessi è una società, la Thirty Five Ventures (ogni riferimento al suo vecchio numero di maglia non è puramente casuale), di cui è cofondatore assieme al suo storico manager Rich Kleiman - prodotto della Roc Nation di Jay-Z, a cui ha garantito negli anni scorsi un contributo di enorme importanza. La società mesa in piedi da Durant conta 15 dipendenti a tempo pieno che hanno il compito di ampliare e rendere profittevoli il pacchetto di startup su cui via via decidono di investire il capitale accumulato dal giocatore dei Nets. Esborsi considerevoli che lo scorso dicembre superavano i 15 milioni di dollari, suddivisi in 40 progetti diversi e che nel 70% dei casi hanno poi garantito nel tempo una valutazione superiore rispetto a quella di acquisizione. In nessun caso però era successo quanto visto la scorsa settimana, quando Uber ha deciso di acquisire Postmates; una società che si occupa della consegna del cibo a domicilio, attività cresciuta in maniera esponenziale in questi ultimi mesi di quarantena e limitazioni. Grazie alla valutazione di circa 2.6 miliardi di dollari fatta da Uber, anche piccole quote di capitale hanno garantito enorme profitto: Durant infatti nel 2016 aveva investito 1 milione di dollari, ritrovandosi oggi a incassarne circa 15. Sì, le cose funzionano bene il due volte campione NBA anche fuori dal campo.

Il sogno di diventare miliardario e gli amici di San Francisco

L’obiettivo malcelato di Durant è chiaro a tutti: accumulare un patrimonio a dieci cifre (o a nove zeri), superando quindi il miliardo di dollari. Con la sola carriera da giocatore di pallacanestro e guardando in proiezione ai suoi guadagni, KD potrebbe incassare circa 500 milioni di dollari complessivi tra contratti NBA e sponsorizzazioni. Un conto in banca impressionante per un ragazzo cresciuto da una madre sola e in difficoltà economica nella periferia di Washington, che ha saputo massimizzare al meglio la decisione più importante della sua carriera: unirsi a Golden State durante la free agency del 2016. Far parte degli Warriors infatti garantisce discreti vantaggi anche per chi vuole fare affari, grazie a un accesso VIP illimitato legato al mondo delle startup e dei migliori progetti in fase di costruzione al mondo: “Tutti i fondatori e gli investitori della Silicon Valley venivano a vedere Golden State e tu in qualche modo ti senti obbligato a interagire con loro. A prima vista sembrano persone normali, ma in realtà stanno cambiando il mondo in maniera rapidissima e sono uomini molto potenti”. Così è nata la sua amicizia con il CEO di Airbnb, con dirigenti di Apple e Google e più in generale con persone che hanno facilitato la gestione dei suoi affari. Da loro ha appreso quale fosse la strategia migliore per lanciare la sua società: persone interessate al suo patrimonio (e alla possibilità di investimenti) che gli hanno permesso di mettere in piedi un business consolidato. New York adesso sarà un ulteriore passo in avanti per la sua attività, un interesse che coinvolge anche il mondo dei media - con cui Durant ha sempre avuto frizioni a livello personale, mai del tutto celate: l’idea è quella di costruire attorno a giocatori d’élite un prodotto personalizzato per il pubblico che punti sull’autenticità dei contenuti. Rendere vero (concetto filosofico e molto labile) un racconto che a quel punto non necessiterebbe di filtro e del carrozzone informativo che i media si portano dietro. “Le giovani generazioni guardano al contatto diretto con i propri idoli, vogliono autenticità”. L’ennesimo progetto che sta già avendo un discreto successo: quando si parla di Durant, bisogna tenere conto del suo fiuto non solo se si tratta di trovare il fondo della retina.