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NBA, Haslem contro LeBron e Beverley contro Roberts: i retroscena della riunione

RETROSCENA
©Getty

Nella serata di mercoledì i giocatori si sono ritrovati in una riunione dai toni molto accesi, che ha visto contrapporsi due ex compagni come Udonis Haslem e LeBron James e Patrick Beverley rispondere a muso duro alla direttrice esecutiva dell’associazione giocatori Michele Roberts

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La riunione tra i giocatori rimasti nella bolla che si è svolta nella serata americana di mercoledì, a poche ore dalla decisione dei Milwaukee Bucks di non scendere in campo per gara-5 contro gli Orlando Magic, è stata descritta da molti come “tesa” e “piena di emozioni”, per alcuni addirittura “caotica”. Piano piano stanno cominciando a emergere i dettagli di quanto successo, con diversi retroscena raccontati dal giornalista Chris Haynes di Yahoo Sports. Secondo quanto scritto, in molti erano frustrati dal fatto che i Bucks avessero deciso di muoversi per conto loro senza consultarsi prima con i loro colleghi, e senza avvisare neanche gli avversari degli Orlando Magic. Nessuno ha criticato la loro scelta di boicottare la partita — anzi, è stato proprio il fatto che anche gli altri non abbiano potuto unirsi alla loro decisione per sostenerli a creare tensione, con i giocatori delle altre squadre (Rockets, Thunder, Lakers e Blazers) che hanno dovuto improvvisare e unirsi al boicottaggio senza avere bene un piano in mente. Secondo l’opinione di LeBron James in particolare, la scelta dei Bucks li aveva lasciati in una situazione senza via di uscita (una “no-win situation”), senza un piano chiaro su dove volesse portare la protesta e quali richieste dovessero essere fatte.

Haslem contro LeBron: "Che cosa intendi fare?"

Secondo quanto riportato, uno dei giocatori più vocali della riunione è stato Udonis Haslem, rispettatissimo veterano dei Miami Heat. Haslem ha criticato le parole di qualche giorno fa di George Hill (“Non saremmo dovuti neanche venire in questo dannato posto”) definendo irresponsabile ed egoista l’idea che tutti dovessero andare a casa, visto che per molti giocatori — specialmente i più giovani o quelli con contratti al minimo salariale — essere a Orlando è la principale entrata economica per loro e le loro famiglie. In un altro momento molto teso, Haslem ha chiesto direttamente a LeBron James (che ha avuto come compagno a Miami e con il quale finora ha sempre avuto un ottimo rapporto) cosa volesse fare, visto che lui è il volto della lega e quello che decide lui ha conseguenze enormi. A quel punto James avrebbe risposto “Siamo fuori” e se ne sarebbe andato seguito da tutti i suoi compagni tranne Dwight Howard, che è rimasto al suo posto. Secondo quanto riportato da The Athletic il confronto è stato ancora più acceso, e la decisione di James di lasciare l’assemblea è arrivata quando Haslem ha suggerito di proseguire la stagione senza i Lakers e i Clippers, visto che avevano deciso di votare contro. Tutte le parti sono poi tornate a più miti consigli nella giornata di giovedì.

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Beverley attacca Michele Roberts: "Io pago il tuo stipendio"

Un’altra scena decisamente tesa descritta da Haynes riguarda la guardia dei Clippers Patrick Beverley e la direttrice esecutiva dell’associazione giocatori, Michele Roberts. Il capo della NBPA ha chiesto di prendere la parola per spiegare dettagliatamente le conseguenze economiche di una possibile cancellazione della stagione, che avrebbe portato come minimo alla decurtazione del 25/30% di ciascuno stipendio e con ogni probabilità a un lockout per la prossima stagione. Mentre stava descrivendo i numeri, Patrick Beverley l’ha interrotta bruscamente dicendo che non era d’accordo con la sua logica: quando Roberts gentilmente ha sottolineato che quelle erano le potenziali perdite dei giocatori, Beverley ha interrotto di nuovo il suo discorso. A quel punto Roberts ha chiesto se poteva continuare a parlare e la guardia dei Clippers ha risposto “No perché io pago il tuo stipendio”, portando alla reazione rabbiosa di Chris Paul (rappresentante dei giocatori), Haslem e altri presenti, dicendo che quel tipo di mancanza di rispetto non sarebbe stato tollerato. Beverley, secondo quanto scritto da ESPN, ha anche chiesto (e ottenuto) di poter votare sulla ripartenza senza la presenza degli allenatori presenti, visto che secondo lui “Alcuni di voi non vogliono giocare, ma non volete dirlo davanti ai coach”.

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La riunione del mattino: Lakers in ritardo di 45 minuti

La riunione è andata avanti per tre ore in un clima emotivamente molto pesante e alle 23 i giocatori hanno deciso di dormirci sopra, anche per far sbollire la tensione. Secondo quanto riportato le discussioni tra i giocatori più importanti, specialmente James e Paul, sono andate avanti fino a notte fonda, ma alla riunione del mattino c’era una squadra mancante — i Los Angeles Lakers. I gialloviola, secondo quanto riportato, si sono presentati con 45 minuti di ritardo, anche se i rappresentanti della NBPA avevano già chiesto a James e a Lou Williams quale fosse la posizione delle due squadre, dopo il no della sera prima. Entrambi hanno risposto che le squadre erano d’accordo con la ripartenza e per questo Paul e Andre Iguodala (primo vicepresidente dell’associazione giocatori) hanno annunciato al resto dell’assemblea che si sarebbe tornati a giocare, nonostante le proteste di qualche giocatore che chiedeva di poter votare singolarmente. 

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L’incontro con i proprietari: le richieste di LeBron James

Nella conference call su Zoom con i proprietari hanno partecipato solo due rappresentanti per ogni squadra, e LeBron James è stato decisamente incisivo nel richiedere un impegno maggiore da parte degli owner. Secondo quanto riportato, James ha chiesto espressamente un aiuto maggiore per le comunità nere e nell’utilizzo delle loro risorse (economiche e politiche) per combattere il razzismo sistemico negli Stati Uniti d’America. LeBron aveva detto che la sua posizione sulla ripartenza sarebbe potuta cambiare se il meeting con i proprietari non fosse andato bene, ma ne è uscito confortato dalle promesse fatte (anche per il ruolo cruciale di Michael Jordan) e ha dato il definitivo assenso al ritorno in campo, dopo 48 ore decisamente indimenticabili per la NBA e per lo sport americano in generale.

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