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NBA, i Dallas Mavericks tornano sui loro passi: inno USA prima delle gare in casa

la decisione
©Getty

Dopo la scelta di Mark Cuban di non suonare l’inno degli Stati Uniti prima della gare dei Mavericks all’American Airlines Arena, la NBA è corsa ai ripari, sottolineando come con il ritorno dei tifosi sugli spalti le squadre saranno tenute all’esecuzione di “The Star-Sprangled Banner” prima della palla a due “seguendo la policy indicata dalla lega”

È arrivato nel giro di poche ore l’annuncio ufficiale da parte della NBA, risposta indiretta alla decisione presa da Mark Cuban di non far suonare l’inno USA prima della palla a due nelle gare casalinghe dei Mavericks. “Con le squadre pronte a far tornare i tifosi nelle arene, tutte le franchigie suoneranno l’inno nazionale prima della palla a due, seguendo quella che è la policy NBA”, si legge nel comunicato. Discorso chiuso quindi, almeno per il momento, visto che le parole di Cuban hanno scatenato un dibattito che potrebbe non placarsi nel giro di poche ore. Davvero bisogna suonare per forza l’inno? “Allora perché non farlo anche al cinema, a teatro, prima dei concerti o negli attimi iniziali di ogni tipologia di lavoro”, sottolinea Stan Van Gundy via Twitter. Nel frattempo il proprietario dei Mavericks ha spiegato che seguirà le indicazioni della lega (con l'inno suonato anche prima della sfida vinta contro Atlanta la scorsa notte), aggiungendo però il suo disappunto: “Rispetto e rispettiamo da sempre la passione del nostro pubblico nei confronti degli Stati Uniti. Come tutti ho sempre ascoltato l’inno in piedi con la mano sul cuore - a prescindere dal luogo in cui venga suonato. Ma al tempo stesso abbiamo ascoltato in questi mesi la voce di chi non si sente rappresentato da quelle note. Crediamo che queste persone vadano rispettate allo stesso modo degli altri, anche perché nessuno lo ha mai fatto prima. La speranza è che la passione che accompagna l’ascolto dell’inno nazionale sia la stessa che verrà posta nel dare credito alle parole di chi non si riconosce in quel canto”. La questione insomma continuerà a far discutere.