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NBA, buona la prima per Jabari Parker: 11 punti al debutto coi Boston Celtics

BOSTON

Appena arrivato dal mercato, l’ex seconda scelta assoluta al Draft 2014 ha fatto il suo debutto contro l’eterno rivale Andrew Wiggins. Per Parker 11 punti in poco meno di 16 minuti uscendo dalla panchina, mostrando un po’ di ruggine ma anche qualche lampo interessante. “Per essere la prima volta, è andata piuttosto bene” il giudizio di coach Stevens

C’è stato un tempo in cui un qualsiasi incontro tra Andrew Wiggins e Jabari Parker valeva la diretta nazionale per il duello tra la scelta numero 1 e numero 2 del Draft 2014. La sfida tra Golden State Warriors e Boston Celtics è effettivamente stata trasmessa su ESPN, ma per seguire il super duello tra Steph Curry e Jayson Tatum — entrambi sopra quota 40 punti per una partita decisa solamente nel finale. Wiggins e Parker sono stati due note a margine, anche se il secondo in particolare ha avuto comunque il suo senso: dopo essere stato firmato giusto ieri dai Celtics, infatti, Parker ha fatto subito il suo debutto uscendo dalla panchina per coach Brad Stevens, entrando a 4:50 dalla fine del primo quarto al posto di Tatum. Non che abbia cominciato bene, anzi: nei primi due possessi ha subito perso due palloni, mostrando tutta la ruggine accumulata sulla panchina dei Sacramento Kings (solo 3 partite disputate in questa stagione). Soprattutto, ha commesso una serie di errori difensivi che sono costati quattro canestri facili alla difesa dei Celtics, mostrando poca energia e intensità nel rientrare in transizione come troppo spesso successo (anzi, quasi sempre) nella sua carriera fino a questo momento.

Le note positive del debutto di Parker

Un paio di canestri a rimbalzo d’attacco e un buon passaggio in angolo per Grant Williams hanno però cambiato qualcosa: Parker ha cominciato a ritrovare un po’ di confidenza con il campo, riuscendo anche a difendere sui cambi difensivi contro Steph Curry per forzare un paio di errori e poco a poco si è guadagnato anche la possibilità di un possesso in post basso chiamato per lui in uscita da un timeout, segnando un bel canestro dopo aver fatto saltare Kevon Looney e meritandosi la possibilità di giocare anche qualche minuto nel finale di gara — eventualità decisamente imprevedibile fino a pochi giorni fa. Tutto considerato si tratta di un debutto confortante per un giocatore che non è praticamente sceso in campo nell’ultimo anno e mezzo: per Parker alla fine ci sono 11 punti in poco meno di 16 minuti con 4 rimbalzi (tutti in attacco), 5/6 al tiro (unico errore da tre punti) e 1/2 ai liberi con +6 di plus-minus, oltre alle due palle perse di inizio gara.

 

All’inizio del quarto periodo avevamo bisogno di segnare” ha spiegato coach Stevens, “e lui ci ha dato delle opportunità per farlo sia nel primo che nel secondo tempo giocando sulla linea di fondo. Capirà di più la nostra difesa con l’andare del tempo e dobbiamo trovare il modo di sfruttarlo al meglio in entrambe le metà campo, ma per essere la sua prima partita è andata piuttosto bene”. Di sicuro è stato un debutto fortunato, visto che i Celtics hanno trovato la sesta vittoria consecutiva (striscia aperta più lunga in NBA) risalendo al quarto posto della Eastern Conference. I Bucks sono probabilmente irraggiungibili, ma chiudere questa regular season con il fattore campo a favore al primo turno sarebbe un grande risultato per i Celtics, spesso in difficoltà per larghi tratti della stagione.

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I dettagli del contratto biennale di Parker

I Celtics hanno deciso di investire su Parker non solo per questa stagione ma anche per la prossima, per quanto il suo secondo anno in biancoverde non sia garantito. Secondo quanto scritto da The Athletic il suo accordo vale 2.28 milioni di dollari di cui la metà ha delle date specifiche per diventare garantito: 100.000 dollari se non verrà tagliato prima del 31 luglio (quindi appena prima del mercato dei free agent) e poco più di un milione se sarà ancora a roster al primo giorno della regular season. Una scommessa a bassissimo costo per un giocatore sicuramente di talento, ma che deve ritrovare confidenza con il campo e — allargando la prospettiva — il suo senso nella NBA di oggi.

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