
NBA, le più grandi delusioni della stagione finora, squadra per squadra
La pausa per il Giorno del Ringraziamento dà l’opportunità di fare un mini-bilancio di cosa non ha funzionato nelle prime 20 partite di regular season. Ogni squadra fino a questo momento ha avuto almeno un elemento che non ha funzionato: scopriamo quali sono andando in ordine inverso del record di squadra (tutti i dati sono presi da NBA.com/Stats o CleaningTheGlass.com)

LE PALLE PERSE DI SQUADRA | C’è modo e modo di perdere in NBA. I Rockets in questo inizio di stagione hanno mostrato una buona struttura difensiva (19esimi per rendimento su 100 possessi), ma anche la peggior fase offensiva della lega. Una mancanza testimoniata soprattutto dal numero assurdo di palle perse: quasi 19 a partita, con i secondi — i Minnesota Timberwolves — che si fermano appena sopra le 16

LA GESTIONE DI ZION WILLIAMSON E I RISULTATI | La delusione non sta nell’aver perso Zion Williamson in estate (su quello i Pelicans non avevano controllo), quanto piuttosto la gestione comica della comunicazione del suo infortunio a livello di stampa, con tempistiche ancora nebulose per il suo ritorno. A questo si aggiungono i risultati di squadra che stanno cominciando a risollevarsi solo con il rientro di Brandon Ingram

LA PARTENZA A RILENTO DI JALEN SUGGS | Le difficoltà incontrate anche da Cade Cunningham e da Jalen Green testimoniano che è difficile avere impatto da subito in NBA quando si ha tanto il pallone tra le mani, ma fino a questo momento Suggs sta andando sotto le aspettative. I suoi 12.1 punti a partita sono inferiori anche a quelli del compagno Franz Wagner, ma sono le percentuali a essere deludenti: 33% dal campo e 23.7% da tre, il peggiore tra i rookie con almeno 10 minuti a partita a disposizione

DI CHE PASTA È FATTO KILLIAN HAYES? | La scorsa stagione aveva la giustificazione degli infortuni e dell’ambientamento necessario per una point guard rookie in NBA, ma nel suo secondo anno Hayes non ha ancora dimostrato niente: 5.6 punti di media con il 31.5% al tiro in quasi 25 minuti di media spalmati su 14 partite. Urge un cambio di passo per capire se Detroit potrà contare su di lui in futuro al fianco di Cunningham

LA MANCANZA DI UNA PRIMA PUNTA | L’idea di una squadra che distrubuisce responsabilità e oneri offensivi è affascinante, ma a questi Spurs sembra proprio mancare un leader tecnico ed emotivo — un ruolo che pur con tutti i suoi difetti DeMar DeRozan ricopriva lo scorso anno, mentre ora Dejounte Murray (per quanto positivo nella sua stagione) non sembra in grado di ricoprire, specialmente per le mancanze realizzative

MANCANZA DI FISICITÀ E DI PERCENTUALI | Sei vittorie a questo punto della stagione sono quasi fin troppe, visto che la squadra è costruita per perdere. In particolare la mancanza di fisicità (l’unico lungo di peso è di fatto Derrick Favors) si sposa male con le loro mancanze al tiro: solo Milwaukee ha più tiri completamente aperti in NBA, ma i Thunder li convertono solo col 34.4%. Piccola nota di demerito per le percentuali di Shai Gilgeous-Alexander, in picchiata rispetto allo scorso anno

CHI PRENDE LE DECISIONI A SACRAMENTO? | Il fatto che Luke Walton sia già stato cacciato è un demerito suo ma anche della dirigenza, che gli ha fatto cominciare la stagione nonostante una fiducia evidentemente traballante. I giocatori in campo ci stanno mettendo del loro — a partire da De’Aaron Fox, calato drasticamente sia per produzione che per percentuali —, ma serve un repulisti generale

IL PESSIMO RENDIMENTO NEI FINALI DI GARA | Delle dodici sconfitte accumulate finora, ben dieci sono arrivate nei finali punto a punto — di cui l’ultima, quella contro i Lakers di LeBron James, è stata l’epitome. In NBA solo Boston ha giocato tanti minuti “in the clutch” come loro (58 in tutto), ma il loro rendimento su 100 possessi è di -28, portando a malapena tre vittorie alla causa

SIAKAM NON È UNA SUPERSTAR OGNI SERA | Al netto dello sperimentalismo difensivo con giocatori tutti della stessa taglia, i canadesi sono crollati difensivamente per la mancanza di un protettore del ferro (68% concesso agli avversari nell’ultimo metro di campo, solo Denver fa peggio). In più Siakam, pur essendo pagato come tale, non è una stella a cui potersi affidare ogni sera, viaggiando sotto i 18 punti a partita

UNA SQUADRA CHE NON RIESCE A RIMANERE SANA | In questa carrellata generale cerchiamo di evitare di parlare degli infortuni, ma Cleveland ne ha avuti talmente tanti e pesanti che è impossibile non indicarli come la delusione più grande di una stagione altrimenti positiva. Quello che rischia di tenere fuori Evan Mobley fuori per un mese, in particolare, è pesantissimo: con lui in campo i Cavs erano 9-5, senza di lui non hanno più vinto (0-5)

PERCHÉ TOWNS TIRA COSÌ POCO? | Il centro domenicano sfiora il 50-40-90 pur essendo un lungo (gli mancherebbero solo i liberi, che tira “solo” con l’84%), eppure per qualche motivo non è mai il giocatore che tira di più della sua squadra pur essendo quello con più talento. Anzi, non è neanche il secondo: sia Anthony Edwards (26.6 punti su 100 possessi) che D’Angelo Russell (25.5) tentano di gran lunga più conclusioni di KAT (22.6), che dal canto suo potrebbe fare di più per “imporsi” sui compagni

LA STAGIONE DI MICHAEL PORTER JR. | Austin Rivers ha rivelato che MPJ ha convissuto con un infortunio alla schiena per tutta la stagione, alzando poi bandiera bianca dopo un maldestro tentativo di schiacciata contro Houston e rischiando di operarsi, chiudendo di fatto la sua stagione. Anche prima di quel momento, però, il suo rendimento (sotto i 10 punti a partita col 36% dal campo, il 21% da tre e il 55% ai liberi) è stato troppo scarso per essere giustificabile

LA DISFUNZIONALITÀ DEL ROSTER | Da che parte cominciamo? In questo inizio di stagione i Lakers hanno mostrato lampi di disfunzionalità difficilmente comprensibili, specialmente nella metà campo difensiva che due anni fa (al netto dei loro problemi offensivi mascherati dalla grandezza di LeBron e AD) era il loro vero segreto del successo. Il tempo non manca e il ritorno di James (6-3 il record con lui, 4-7 senza) aiuta, ma la strada verso il titolo sembra lunghissima

IL RENDIMENTO DIFENSIVO | Com’è possibile che la settima difesa dello scorso anno sia improvvisamente la peggiore di tutta la NBA, al netto di uno straordinario Ja Morant in attacco? L’addio di Valanciunas è stato forse più pesante di quello che ci si potesse immaginare, anche se non ha niente a che fare con le percentuali al tiro tenute dagli avversari. In una lega che tira in media sotto il 35%, gli avversari dei Grizzlies tirano col 41.6% da tre — di gran lunga il dato più alto della NBA

LE PERCENTUALI DI JAYSON TATUM | A proposito di percentuali: quelle di Jayson Tatum — al netto di un miglioramento nelle ultime partite — sono ai minimi storici della sua carriera, superando a malapena il 40% dal campo (non era mai andato sotto il 45% nei suoi primi quattro anni in NBA) e il 32.1% da tre punti (mai sotto il 37.3%). Il suo apporto in termini di punti (25.2 a sera) e a rimbalzi (8.4, massimo in carriera) non è mancato, ma l’efficienza almeno finora sì

LA DIFFERENZA TRA CASA E TRASFERTA | Nessuna squadra è altalenante quanto i Blazers, che in casa sono pressoché imbattibili (9 vittorie e una sconfitta) mentre in trasferta sono a livello Pelicans (1-8). Un’altalena che si nota anche dai loro rendimenti su 100 possessi: secondi in attacco e quart’ultimi in difesa, alla ricerca di un’equilibrio che fino a questo momento è apparso una chimera

NON AVER RISOLTO L’AFFAIRE BEN SIMMONS | Nessuno poteva prevedere i problemi di Covid-19 avuti dai Sixers, mentre quelli legati a Simmons erano facilmente preventivabili. La scelta della dirigenza è tutt’ora quella di tenere duro e aspettare che gli scenari di mercati cambino, ma è inevitabile che l’assenza di un giocatore da massimo salariale sia stata pesante per un gruppo ridotto ai minimi termini dalle assenze

LA PARTENZA A RILENTO DELLE PRIME SETTIMANE | Un po’ come i Blazers, anche gli Hawks sembrano la versione cestistica di Dr. Jekyll e Mr. Hyde: 8-1 il record in casa, 2-8 quello in trasferta fino a questo momento. L’infortunio di De’Andre Hunter, paradossalmente, ha risolto un po’ di problemi di rotazione dando maggiore minutaggio a tutti, e il rendimento di squadra — complice anche il calendario — è tornato a far ben sperare dopo le prime settimane preoccupanti

LA DIPENDENZA DALLE LUNE DI REGGIE JACKSON | L’assenza di Kawhi Leonard e in un certo senso anche quella di Marcus Morris ha lasciato un vuoto nel ruolo di “secondo violino” che i Clippers sono stati quasi costretti ad affidare a Reggie Jackson. Il nativo di Pordenone sta facendo bene (come testimonia anche il record dei Clippers), ma la squadra ne è dipendente: nelle vittorie segna 21.1 punti a partita con il 44% al tiro, nelle sconfitte sta sotto i 15 con il 34%. Come la scatola di cioccolatini di Forrest Gump, non sai mai quello che ti capita

IL PESSIMO RENDIMENTO DEI TITOLARI | Tom Thibodeau ha già puntato il dito, con le parole e con i fatti, contro lo scarso rendimento del quintetto base, il più utilizzato di tutta la NBA (540 possessi) ma con un differenziale su 100 possessi di -16.1, specialmente per le mancanze difensive (119.9 punti concessi su 100 possessi). Decisamente troppo per una squadra allenata da Thibs: la loro mediocrità difensiva è il campanello d’allarme più preoccupante

LA DIPENDENZA ASSOLUTA DA GIANNIS | I tanti infortuni hanno sicuramente avuto un grosso peso, ma le seconde linee si sono dimostrate inadeguate a sopperire alle varie assenze dei titolari. Per questo si è acuita ancora di più la dipendenza da Antetokounmpo, che ha dovuto fare gli straordinari nel primo mese di regular season. Il differenziale tra quando è in campo e quando è fuori è di 33 punti su 100 possessi: nessuno in NBA sta più in alto di lui

DONCIC E PORZINGIS ASSIEME | Il loro differenziale su 100 possessi è da squadra sotto il 50% di vittorie (anche ampiamente), invece i texani sono in corsa anche per il fattore campo ai playoff. In questo inizio di stagione però la convivenza tra Doncic e Porzingis ancora non ha ingranato: -7.6 di differenziale su 100 possessi con entrambi in campo, dato che migliora (seppur di poco) quando solo uno è sul parquet e che decolla quando nessuno dei due gioca (+14.8). Sostenibile? No, ma senza un’inversione di marcia prima o poi quel differenziale mostrerà il conto

LA TERRIBILE TRASFERTA IN CALIFORNIA | Non è semplice trovare una delusione tra gli Hornets, per quanto la mancanza di un lungo di riferimento migliore di Mason Plumlee farebbe certamente le fortune di coach Borrego. A pesare sul loro record è una trasferta in California decisamente dimenticabile: quattro sconfitte su quattro contro Warriors, Kings, Lakers e Clippers, pari alla metà dei loro ko stagionali. Per fortuna non dovranno più rimettere piede laggiù

LA SCOMPARSA (COSTOSA) DI DAVIS BERTANS | Anche Washington sta andando alla grande e ogni membro della squadra (in attesa che Rui Hachimura risolva i suoi problemi personali e torni presto in campo) sta portando il suo mattoncini. All’appello manca solo Davis Bertans, che ha giocato appena 8 partite peraltro molto male con il 28% da tre punti e meno di 6 punti a partita. La squadra ha poi trovato un suo equilibrio senza di lui: peccato che sia il terzo giocatore più pagato e il suo contratto scada solo nel 2025…

IL PESSIMO RENDIMENTO IN THE CLUTCH | Anche per Miami il bilancio è assolutamente positivo, seppur macchiato da un piccolo campanello d’allarme. Nei finali punto a punto disputati (non tantissimi a dire il vero: 25 minuti in tutto spalmati su 7 partite) hanno avuto un differenziale su 100 possessi di -39.5, meglio solamente dei derelitti Pelicans (-71.9). Quattro delle loro sette sconfitte sono proprio arrivati in situazioni tirate nel punteggio: bisognerà migliorare in vista dei playoff

LE PERCENTUALI AL TIRO DI VUCEVIC | Tra le tante note positive dei Bulls non c’è Nikola Vucevic. Anche prima di essere fermato dal Covid-19, il centro montenegrino stava tirando malissimo dal campo (sotto il 40% complessivo e col 28% da tre su un volume non indifferente) per un 43.4% di percentuale effettiva ingiustificabile per un centro del suo talento. Vucevic non segnava così poco (13.7 punti) dal suo secondo anno in NBA: se è questo il suo rendimento, per i Bulls già privi di Patrick Williams potrebbe essere un problema

LE PERCENTUALI DA TRE PUNTI | Per essere il primo attacco di tutta la NBA per rating offensivo e la squadra che tenta più triple di più in assoluto (quasi un tiro su due della loro “dieta” in attacco), i Jazz sono stranamente mediocri. Segnano appena il 35.1% delle loro conclusioni dall’arco e scendono al 19° posto in quelle frontali, cioè quelle che si prendono i vari Mitchell, Conley e Clarkson. La buona notizia per loro (e la pessima per il resto della NBA)? Possono solo migliorare.

L’INIZIO STENTATO DI HARDEN (E GLI SCONTRI DIRETTI) | Le ultime settimane di risultati positivi hanno risistemato il loro record (sono primi a Est quasi senza accorgersene) e anche i loro differenziali su 100 possessi, anche se le sconfitte subite negli scontri diretti con le altre contender come Bucks, Heat, Bulls e soprattutto Warriors gettano un’ombra sul loro reale valore. James Harden è in netta ripresa, ma fare peggio di come ha cominciato la stagione era diffiicle

L’IMPATTO DIFENSIVO DI DEANDRE AYTON | Bisogna scavare in profondità per trovare una delusione in una squadra che ha inanellato 14 vittorie consecutive nelle prime 18 gare stagionali. L’unica potrebbe essere Deandre Ayton, non tanto per le cifre personali (per quanto in lieve calo) quanto soprattutto per il rendimento difensivo: con lui sul parquet i Suns subiscono 12.5 punti su 100 possessi in più rispetto a quando non c’è, complice anche un ottimo impatto di JaVale McGee

IL POCO SPAZIO PER I ROOKIE | Dura trovare il pelo nell’uovo anche negli strepitosi Warriors visti quest’anno. Forse il loro segreto rispetto alla passata stagione è il poco spazio dato alle matricole: con Wiseman fuori da inizio anno, coach Kerr non ha dato spazio alle due scelte in Lottery dell’ultimo Draft, cioè Jonathan Kuminga (98 minuti in stagione) e Moses Moody (85). Una scelta che è stata ampiamente ripagata dai risultati, ma che può essere l’unica vera (piccola) delusione del loro inizio scintillante