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NBA, Green: "Il trash talk è un'arte: dalle mie parti se non parli ti danno del soft"

NBA

Mauro Bevacqua

L'atteggiamento di Draymond Green in gara-2 è stata una delle chiavi della vittoria degli Warriors. I tuffi sulle palle perse, l'aggressività su ogni possesso, gli scontri fisici - e poi tante, tante parole. Green spiega come e quando ha imparato la sottile arte del trash talk

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BOSTON - Per Draymond Green è normale: parla (tanto, sia in campo che fuori) e fa parlare. Niente di nuovo. Alla sua gara-1 sottotono ha fatto seguito una seconda gara indirizzata e dominata dalla sua intensità: tuffi in campo, contatti duri e tante, tante parole - verso gli avversari, con gli arbitri, anche con il suo allenatore. "Fare trash talk è un'arte - sostiene Green - e se cresci a Saginaw, Michigan, ti viene naturale", ha raccontato. "Da dove vengo io, non puoi sopravvivere in campo se non ti fai sentire. Certo, se vuoi puoi giocare e startene tranquillo, ma se lo fai - non importa quanto sei forte - dalle mie parti penseranno che sei soft. E allora proveranno a bullizzarti. Questo è il modo in cui sono cresciuto io". Attorno a questa (all'apparenza  brutale) legge del più forte - o del più loquace - Green riconsce una serie diversa di sfumature, e lo fa tirando in ballo un suo avversario di oggi (Grant Williams) e uno di ieri (LeBron James). Il primo, l'ala dei Celtics, non ha fatto mistero di essersi ispirato proprio a Green e di ammirarlo tantissimo come giocatore. "Mi onora, non lo do per scontato. Se faccio trash talk verso di lui?No, non è nel mio stile. Ma se lui prima dice di ammirarmi e poi mi parla in faccia, rispondo - certo che rispondo". 

L'aneddto sulle sfide dei primi anni contro LeBron James

Come a dire: anche un "chiacchierone" come Green ha un suo stile. Che forse ha imparato da LeBron James. "Quando lo affrontavo i primi anni, e per la prima, la seconda, forse anche la terza stagione, indossavo ai piedi le sue scarpe, non è che lui me lo facesse notare", racconta. Un codice non scritto, ma comunque un codice, con delle regole, che Green dimostra di conoscere bene: "Un'altra cosa importante, per me, è che tutto finisce in campo. "Non mi pento mai di quello che dico in campo: siamo sotto pressione, ci stiamo dando battaglia, l'intensità è fortissima. Quello che succede in campo, finisce lì - poi vado a casa e ho una vita normale". Magari anche silenziosa.

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