Il campione degli Heat si è concesso in esclusiva ai microfoni di Sky e ha accettato di svelarci soprattutto cosa vuol dire, per lui, essere leader in una squadra che è riuscito a guidare per due volte in quattro anni alle finali NBA. Ma c'è spazio anche per la sua passione per il calcio, e per i calciatori suoi grandi amici
MIAMI - Non pensate che sia diverso: questi Miami Heat sono la squadra di Jimmy Butler così come i Denver Nuggets sono la squadra di Nikola Jokic. Un giro nello store della squadra all'interno del Kaseya Center lo conferma: le t-shirt con il n°22 e il nome "Butler" sono tutte esaurite, è rimasto qualcosa con la scritta "Buckets" (il suo soprannome) o con una strana foto di lui sdraiato a terra sul parquet. Ma nient'altro (mentre le maglie di Adebayo, di Herro, di Lowry e di tutti gli altri abbondano sugli scaffali). È Butler la superstar. È Butler il leader. Però a modo suo, sia nel primo caso che nel secondo. E l'esterno degli Heat ne ha parlato nell'intervista esclusiva che ha rilasciato ai microfoni di Sky Sport durante queste Finals: "Credo che il mio tipo di leadership dipenda da tanti fattori", dice. "Innanzitutto l'esperienza, tutto quello che affronti ti rende un certo tipo di persona, e io nella mia vita ne ho passate davvero tante, come molti ragazzi di questa squadra", racconta. "Poi il mio modo di essere leader cambia anche a seconda dei compagni che ho attorno, e alle loro diverse necessità. Io resto me stesso, io sono - se volete metterlo tra virgolette - il leader di questo gruppo. Amo i miei compagni, farei di tutto per loro, tanto in campo quanto fuori. Per me essere leader vuol dire fare la cosa giusta la maggior parte delle volte, il più spesso possibile, perché tutti prestano attenzione a quello che faccio - ma fare la cosa giusta anche quando nessuno è lì a osservarmi, se è possibile. Vuol dire dare tutto quello che ho, e guidare innanzitutto col mio esempio. C'è chi afferma la sua leadership attraverso le emozioni, chi con le parole, io sento di dover scendere in campo e farti vedere come si fa".
L'amicizia con Neymar: come e quando è nata
Nelle due gare di Miami, la prima fila del Kesaya Center ha ospitato grossi nomi del calcio mondiale, da Neymar a Pogba fino a Vinicius. Dei tre, il rapporto di Butler con il brasiliano del PSG è quello più stretto: "È nato nel 2016, a Rio de Janeiro, quando lui ha vinto l'oro olimpico con la nazionale brasiliana e io quello con Team USA. Da allora ho iniziato a prestare tanta attenzione alla sua carriera e a seguire maggiormente uno sport stupendo come il calcio. Oggi tutti i miei amici sono giocatori di calcio, c'era anche Paul [Pogba] qui l'altro giorno, per cui forza Juve", esclama sorridendo Butler, anche se confessa di essere più un tifoso del PSG - o dell'Inter Miami, la nuova squadra di Messi - e comunque più dei giocatori in generale che di una singola squadra.