NBA, Draymond Green rientra, ma la crisi di Golden State sembra senza fine

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Green-Curry_Golden-State_Warriors

A più di un mese di distanza dall'espulsione maturata contro Phoenix che gli è costata una lunga squalifica, Draymond Green è tornaTo in campo nella sfida di Memphis. Il suo impatto, però, non è stato sufficiente a rianimare Golden State, uscita sconfitta contro una versione molto rimaneggiata dei Grizzlies. La crisi dei ragazzi allenati da Steve Kerr continua e la loro posizione nella classifica della Western Conference si fa sempre più preoccupante 

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L'idea con cui Golden State si presentava nella notte a Memphis era piuttosto chiara: approfittare delle tante assenze di casa Grizzlies, in cui Jaren Jackson Jr. è rimasto di fatto l'unico titolare sano e arruolabile, e, sulla scia del tanto anticipato rientro di Draymond Green, provare a invertire la rotta di una stagione fin qui molto deludente. Green in campo ci è tornato, partendo dalla panchina e chiudendo con cifre discrete (7 punti, 7 rimbalzi e 4 assist in 23 minuti giocati) ma l'inversione di rotta non è arrivata. Dopo aver disputato una prima parte di gara poco più che discreta, infatti, nel 4° quarto gli Warriors sono crollati sotto i colpi di GG Jackson e David Roddy, giocatori che fino a pochi giorni prima erano ai margini delle rotazioni di Memphis. "Occorre un po' di orgoglio personale per difendere come si deve" ha dichiarato Green dopo la sconfitta, "i nostri closeout sono stati troppo morbidi e le nostre rotazioni troppo lente, finché non recupereremo tutti quell'orgoglio nel difendere faremo schifo".

Una crisi di identità e di risultati

"Sono i singoli a plasmare l'identità di una squadra" ha quindi rincarato al dose Green, "al momento dal punto di vista individuale difensivamente facciamo schifo, per cui di conseguenza la nostra difesa di squadra fa schifo". Quella arrivata sul campo di Memphis è la 7° sconfitta nelle ultime 10 partite per Golden State, che ora si trova addirittura fuori dalla zona play-in. La crisi di casa Warriors è sia di risultati che di identità, perché se è vero che, come sottolineato da Green, l'intensità difensiva mostrata contro i Grizzlies non è stata delle migliori, non è che in attacco le cose vadano molto meglio. "Abbiamo giocato una brutta partita difensiva" ha dichiarato coach Steve Kerr in conferenza stampa, "ma molto ha a che fare con il nostro attacco: le 19 palle perse hanno concesso 30 punti facili a Memphis". I problemi che affliggono Golden State, quindi, appaiono così profondi che difficilmente il solo rientro di Green riuscirà a risolverli o quantomeno a mitigarli. Ora come ora, Steph Curry e compagni hanno il 13° attacco e la 25° difesa della lega, una posizione di totale mediocrità a cui sulla Baia non era abituati da un decennio abbondante. E, in vista del traguardo di metà stagione, uscire da questa mediocrità diventa sempre più urgente. Un'urgenza che nelle prossime settimane, forse già nei prossimi giorni, potrebbe portare a cambiamenti significativi anche ricorrendo al mercato.