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Olimpiadi, coach Kerr e i quintetti variabili di Team USA: “L’importante è che funzionino”

NBA

Gli Stati Uniti si preparano oggi a giocare l’ultima sfida dei gironi di qualificazione contro Porto Rico già certi di andare ai quarti da primi nel loro gruppo. Le nette vittorie ottenute Serbia e Sud Sudan hanno garantito a Team USA un torneo fin qui quasi perfetto, frutto anche dei tanti quintetti, spesso abbastanza sperimentali, schierati in campo da coach Kerr. I Giochi Olimpici di Parigi 2024 sono in diretta su Eurosport, con 10 canali a disposizione degli abbonati Sky

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Che nel roster a sua disposizione non mancasse il talento era fuori discussione, ma la missione che attendeva Steve Kerr alla vigilia delle Olimpiadi girava prima di tutto sulla capacità di individuare gli incastri tattici migliori tra le tante stelle presenti nel roster di Team USA. Quella di trovare la combinazione vincente di talento e caratteristiche tecniche, d’altronde, è sempre stata la priorità per ogni allenatore che nel corso degli ultimi trent’anni si è trovato di volta in volta a sedere sulla panchina degli Stati Uniti. Una priorità a cui coach Kerr sembra finora aver risposto in maniera egregia, anche a costo di sperimentare un po’. “Per noi è ovvio, nello studiare le partite, che permettere ai ragazzi di giocare nel ruolo che conoscono aiuti” ha dichiarato l’allenatore di Golden State. “Mettere semplicemente in campo i cinque migliori marcatori della stagione NBA non avrebbe senso” ha aggiunto poi Kerr, “perché non si completerebbero a vicenda. Sto provando semplicemente ad allenare, al di là di tutto”.

Come il Dream Team, più del Dream Team

Anche quando si parla dei quintetti diversi mandati in campo, per LeBron James e compagni il termine di paragone rimane il Dream Team del 1992. Allora coach Chuck Daly aveva usato sei quintetti iniziali diversi nelle sei partite disputate a Barcellona, con un unico intoccabileMichael Jordan. E ai protagonisti della caccia all’oro a Parigi non sembra davvero importare poi molto del posto in quintetto. “Non importa davvero chi inizia alla palla a due” ha confermato Kevin Durant, forse il migliore dei suoi e fin qui sempre partito dalla panchina, “l’importante è avere un impatto sulla partita e io ci provo in ogni modo possibile”. Chi viceversa si è ritrovato catapultato nello starting five dopo una fase di preparazione in cui aveva sempre cominciato seduto in panchina è Devin Booker: “Occorre capire che bisogna adattarsi al ruolo” ha spiegato la stella di Phoenix, “non sai mai quando potrebbe arrivare il tuo momento e a questi livelli occorre essere capaci di fare un po’ di tutto su entrambi i lati del campo”. È quindi probabile che anche oggi, nell’ultima sfida del girone C contro Porto RicoKerr, forte anche della qualificazione già in tasca, possa riservare ancora qualche sorpresa a spettatori e addetti ai lavori. 

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