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NBA, viaggio a San Francisco: a questi Warriors manca il ruggito della Oracle Arena

NBA

Sergio Cerbone

Chi ha vissuto di persona gli anni d'oro dei Golden State Warriors e della città californiana - capitale del mondo Big Tech, espressione massima del dominio della Silicon Valley - oggi entra al Chase Center per la sfida contro i Lakers e si ritrova a rimpiangere l'ambiente sporco e rumoroso della vecchia Oracle Arena E nel viaggio da Oakland a San Francisco, Curry e compagni sembrano proprio aver perso un po' di quella identità che li aveva resi famosi e vincenti. Un racconto dalla città degli Warriors

Sono tornato a San Francisco dopo sette anni. Tra il 2013 e il 2018 l'ho chiamata casa, ed è stato un periodo che ricordo con affetto, soprattutto per l’energia che si respirava in città. San Francisco era sinonimo di innovazione, di fermento culturale e di una Bay Area che sembrava non fermarsi mai. Oggi, però, la città è cambiata. Non si tratta solo di un’impressione: è la realtà che è mutata sotto l’impatto del Covid-19. Downtown sembra deserta. I negozi sono chiusi, gli uffici vuoti e la vita cittadina è rallentata. Molte persone, a causa delle nuove dinamiche lavorative, si sono trasferite in altre città con tasse più basse, come Texas e Florida. Seppur rimanga una citta’ affascinante e attraente dal punto di vista climatico e geofrafico, il cuore pulsante che ricordavo non c’è più. Questa trasformazione ha avuto un riflesso anche sull’atmosfera che circonda il Chase Center e sulla connessione tra i Warriors e la città che lo ospita. A onor del vero, quando ho lasciato la Bay Area, i Warriors stavano vivendo l’apice della loro dinastia, con un picco che sembrava inarrestabile. Quegli anni irripetibili degli Splash Brothers con l’aggiunta di Kevin Durant e dei titoli NBA del 2015, 2017 e 2018 sono oggi solo un ricordo. 

Il Chase Center: un gioiello tecnologico, ma senza anima

Il Chase Center è una meraviglia architettonica, un colosso tecnologico che sorge a Mission Bay a San Francisco. Con 18.000 posti a sedere e una vista mozzafiato sul mare, è un impianto che ti impressiona fin da subito. La presenza di negozi, ristoranti e una piazza vivace lo rende uno delle arene più moderne e interessanti della NBA. Uno degli elementi più sorprendenti del Chase Center è, senza dubbio, il suo jumbotron da 9.699 pollici. Le foto e i video non rendono giustizia a questa meraviglia elettronica. Sedersi paralleli ai lati più lunghi del Jumbotron evoca il ricordo di un drive-in, ma in versione ultra-tecnologica. È, senza ombra di dubbio, indiscutibilmente mozzafiato – una struttura che deve essere vista per essere creduta.

Ma alla fine, l’esperienza di una partita non si riduce solo a luci e suoni. Le emozioni sono ciò che davvero rende speciale un'arena, e questo è il punto in cui il Chase Center sembra mancare di qualcosa. San Francisco è una città moderna, cosmopolita, con una visione internazionale, ma questo non è sempre in sintonia con il cuore caldo e appassionato che esisteva a Oakland, dove i Warriors erano davvero di casa prima del trasferimento. Se l’Oracle Arena era un tempio della passione, dove la connessione tra la squadra e i tifosi era palpabile, il Chase Center è più “lussuoso” e impacchettato come un’esperienza turistica, adatta a una metropoli che guarda al turismo e agli ospiti VIP. Eppure, è proprio quella passione che manca, quella forza che si sentiva nel "ruggito" della vecchia arena. Nonostante il fascino tecnologico del Chase Center, c’è un elemento fondamentale che non riesce a replicare: l’anima che caratterizzava l'Oracle.

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Il leggendario "Ruggito" di Oakland

Quello che manca al Chase Center è l'energia che c’era a Oakland. L’Oracle Arena era un impianto più piccolo, ma la sua intimità amplificava la passione dei tifosi. Sulla cittadina della East Bay è nata la leggenda della Dub Nation e dello Strenght in Numbers ovvero un tutt’uno tra tifosi e squadra. La comunità che sosteneva i Warriors, prevalentemente di colore, dava una carica unica, una forza travolgente che trascinava la squadra nei momenti più difficili. La Oracle Arena era diventata il luogo più temuto della NBA. La sua energia incuteva timore negli avversari e dava ai Warriors la spinta per vincere anche nelle serate più complicate. Purtroppo, quel "ruggito" non si è mai replicato a San Francisco nonostante il titolo conquistato nel 2020. Anche se il pubblico del Chase Center è caloroso, la sua intensità non raggiunge mai le vette di quella che un tempo era l’Oracle.

I Warriors di oggi: lontani dagli anni d'oro

E bisogna anche dire che questi Warriors sono davvero lontani anni luce dalla versione che avevo visto durante i loro anni d'oro. La squadra che dominava la NBA, capace di annientare ogni avversario con il gioco più dinamico e spettacolare della lega, non c’è più. Quest’anno, i Warriors (con Klay Thompson lontano, a Dallas) sono partiti alla grande con un record di 12-3, ma poi qualcosa si è inceppato. Attualmente si trovano undicesimi a Ovest, con 22 vittorie e 23 sconfitte. La squadra non è più la macchina perfetta che aveva dominato per anni e lo si vede anche sul campo. Questa perdita di coesione e continuità si riflette anche sull'atmosfera della partita. La sfida contro i Lakers, vista in prima persona, è terminata con una vittoria LeBron James e compagni, e l'assenza di quel fuoco che trascinava la squadra nelle difficoltà è stata evidente. La folla, pur numerosa, non ha mai raggiunto quelle vette di intensità che facevano tremare l'Oracle Arena e che avevano il potere di spingere i Warriors alla vittoria, anche quando le cose non andavano per il verso giusto. È un cambiamento che non riguarda solo il trasferimento in una nuova casa, ma anche il legame profondo con i tifosi e quella forza emotiva che li univa. A questi Warriors e a questo Chase Center manca, e si sente, il ruggito che rendeva unica l'Oracle Arena.

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